venerdì 27 febbraio 2015

Lo SlowCooking Tour passa da Bergamo


L'uomo  è ciò che mangia... non è tutta la verità. L'altra parte della verità è: uomo è chi sa cosa mangia.

La formula suggestiva mette subito in chiaro quali siano le intenzioni di SlowCooking, l'associazione di ristoratori che dal 2004, partendo dalla Valtellina, ha contagiato sei provincie lombarde, costituendo un fronte unico per valorizzare ciò che c'è di buono in questa terra.

Prodotti locali, bio-diversità, stagionalità e filiera corta sono i quattro pilastri che guidano lo spirito di SlowCooking e dei suoi associati, con lo scopo di aumentare la consapevolezza e quindi la qualità dei consumatori e degli avventori della ristorazione in Lombardia.

Da Lecco a Sondrio, da Brescia a Bergamo, fino a lambire Monza Brianza, sono tredici i ristoranti pronti a garantire il rispetto delle idee fondanti di SlowCooking, e che dal 1 marzo al 3 novembre 2015 saranno tappe dello SlowCooking Tour.

Gourmet Festival: arriva Norbert Niederkofler

Si potrebbe dire abbiamo fatto sessanta, facciamo sessantuno.

Così, se per il suo sessantesimo anno, Relais & Châteaux si era regalata una sfilza di collaborazioni a quattro mani tra i grandi chefs delle residenze, dimore e ristoranti che la costituiscono, celebrate in tutta la penisola, in un tripudio di sapori ed eleganza, anche nel suo sessantunesimo anno l'iniziativa si ripete con nuovi incredibili appuntamenti.

Martedì 10 marzo tocca alla bergamasca, con i fratelli Cerea ad ospitare direttamente dall'Alta Badia nientemeno che Norbert Niederkofler.

Executive chef della ristorazione della Rosa Alpina, Norbert Niederkofler ha fatto della valorizzazione del territorio un vero e proprio vessillo, e ha portato all'eccellenza gli ingredienti e i prodotti tipici che ha imparato a conoscere sin da ragazzo nell'hotel di famiglia.

domenica 22 febbraio 2015

Gourmet in trasferta: l'informatico che divenne pizzaiolo


Faceva l'informatico e oggi fa il pizzaiolo.

Insegnava a fare la pizza e oggi si propone in prima persona per far assaggiare le sue, di pizze.

Voleva portare conoscenze e tecniche di altre scuole e tradizioni nel solco della pizza tradizionale napoletana e oggi continua a rompere barriere cimentandosi con chef di caratura ed esperimenti di lievitazione impensabili.

Basterebbero queste tre considerazioni per comprendere che con Michele Leo ci troviamo di fronte a un pizzaiolo napoletano sui generis, dalle vicende personali tortuose, che ha in ogni tessuto quella meravigliosa instabilità che porta a cambiarsi e rinnovarsi, al quale è stato affidato da quasi un anno l'arduo compito di gestire una pizzeria nel pieno centro antico di Napoli - il che vuol dire avere a che fare con la tradizione popolare, nella fattura della pizza e nel prezzo - con la consapevolezza di non essere una pizzeria napoletana fra le tante ma l'emanazione dell'adiacente ristorante stellato di Palazzo Petrucci.

A posteriori, la scelta è quanto mai oculata, Michele Leo si è confrontato - nella sua formazione - con il mondo intero della pizza, ben oltre il solo pianeta-Napoli, assorbendo e incamerando tessere di un puzzle teorico-pratico variegato, con il preciso intento di incastrarlo fino a comporre nel risultato finale una pizza napoletana che fosse tale nella sua riconoscibilità e che anzi ne sublimasse le virtù.

La pizzeria di Palazzo Petrucci può sembrare in apparenza solo il bel locale con annesse piazza San Domenico Maggiore e terrazza che affaccia sulla stessa, per un'esperienza di degustazione suggestiva, che coniuga le bellezze della città con le sue bontà, in un'atmosfera più raffinata e maggior cura dei dettagli.

Ma dietro quel bancone, sul quale Michele Leo stende e concia le sue pizze, si cela un piccolo laboratorio di esperimenti che proiettano questo pizzaiolo in avanti di almeno dieci o vent'anni, raggiungendo risultati che sarebbe difficile divulgare oggi senza essere presi per pazzi o eretici.

Non facile la sua convivenza con la tradizione, col disciplinare della pizza STG e quindi con le associazioni di categoria, con le altre pizzerie della zona che d'altro canto si propongono innanzitutto per la loro storicità, conservando anche nei prezzi un approccio con la clientela affatto differente nella concezione.

Ma non è per l'euro, l'euro e mezzo in più a pizza, sul quale si può ragionare e attorno al quale ci possono essere ridde di opinioni.

La pizzeria guidata da Michele Leo mette al centro della sua proposta la ricerca, la quantità di pensiero a monte della pizza, la concezione sempre ben meditata di ogni singola voce in carta, oltre a una procedura realizzativa che si arricchisce di passaggi tecnici propri di altre scuole e filoni.

Folgorante e fruttuoso per Michele Leo, dopo aver lasciato computer e linguaggi di programmazione, l'incontro con Gabriele Bonci, cui va il merito di aver da una parte accolto e incoraggiato il suo ardire e ardore, e dall'altro di non aver messo paletti affinché Michele Leo trovasse il suo modo di conciliare quanto appreso con il maestro-amico-collega romano con l'intoccabile pizza ai piedi del Vesuvio.

Gourmet in trasferta: lettera alla figlia di un pizzaiolo


'e pizze ca veng' io nun songo 'e stesse ca vuje truvate dint' 'e pizzerie
songo cchiù prufumate d' 'a 'nanassa e adinto ce sta tutto 'o bbene 'e Ddio

Cara Maria,
una settimana fa sono arrivato a via del Grande Archivio e ho varcato quella porta sotto la scritta La figlia del Presidente col pensiero di entrare in una pizzeria - la tua - per poi raccontarne le caratteristiche, il gusto della pizza, la bontà, accennare agli ingredienti, descrivere il locale e chi lo gestisce e così via.

Kanton, da Capriate con sapore


C'erano una volta Lu, Chuan, Yue, Min, Su, Zhe, Xiang e Hui, poi arrivò Weiku Zhu e nacque il Kanton.

Non è una barzelletta esotica, ma un condensato tremendamente serio di ciò che accade nel rivoluzionario Kanton Restaurant a Capriate San Gervasio, dove la famiglia Zhu dalla seconda metà degli anni Novanta ha costruito la sua grande muraglia del gusto, e che da alcuni mesi si è rinnovato in una formula attuale e affascinante.

Fuori da qualsiasi consuetudine e preconcetto sui ristoranti cinesi, qui ci troviamo di fronte a una famiglia che conosce i millenari stili di cucina del proprio sterminato paese e sa come farli reagire con elementi di modernità capaci di lanciare un ponte tra Oriente e Occidente.

Materie prime eccellenti, tecnica solida, cucina vera fatta all'istante - molti piatti richiedono tempo se non addirittura prenotazione - in una perla di locale che l'attenta progettazione dell'architetto Davide Vizzini  ha ideato affinché l'esperienza di sedersi e mangiare al Kanton riuscisse a trasmettere l'essenza del paese del dragone filtrata attraverso una sobria ed efficace essenzialità.

Aggiungiamo che il Kanton è uno dei pochi ristoranti di cucina e tradizione cinese a proporre un'articolatissima carta del tè, strutturata in base alle caratteristiche organolettiche della bevanda, per costruire gli abbinamenti migliori, e per conoscere da vicino quello che è considerato il simbolo del mondo perché contiene in sé gli elementi fondanti acqua, legno, fuoco, terra e metallo.

Mentre il tè bianco Pai Mu Tan si perfeziona nell'infusione, seguiamo le spire del dragone che dalla Cina è arrivato a Capriate con sapore.

sabato 21 febbraio 2015

Il ritorno di Ingruppo nell'anno dell'Expo

Squadra che vince non si cambia, semmai si migliora.

All'insegna della saggezza proverbiale, Ingruppo ritorna proiettando la sua luce sull'imminente Expo e con un fuoriclasse straniero per stravincere la partita delle iniziative enogastronomiche bergamasche e - a questo punto - lombarde.

Dal 10 marzo al 31 ottobre - quindi fino all'ultimo giorno dell'esposizione universale di Milano - i 15 ristoranti più prestigiosi della provincia di Bergamo e l'outsider di prim'ordine Devero di Cavenago di Brianza apriranno le loro porte con menù eccezionali, corredati da calici importanti, a un prezzo impossibile altrimenti.

110 € a coppia per assaggiare le creazioni dei migliori chef lombardi e farsi una panoramica completa del livello della ristorazione che tira nel nostro paese.

venerdì 20 febbraio 2015

Gourmet in trasferta: la Masardona, nel nome del padre e del figlio


El gurú de la pizza frita
Senza esitazione, gli organizzatori di San Sebastian Gastronomika 2014 a ottobre scorso hanno invitato La Masardona di Enzo Piccirillo a rappresentare l'Italia, e suo figlio Cristiano - prossimo dottore in lingue - ha personalmente tenuto la conferenza per illustrare la loro miracolosa pizza fritta al pubblico del convegno che fa da punto di riferimento per la gastronomia mondiale, alla sua sedicesima edizione.

Non che mancassero precedenti segnalazioni prestigiose, ma quando una delle espressioni più popolari del mangiare - e del mangiare napoletano fatto in un quartiere difficile - assurge a esempio di eccellenza rappresentativa c'è solo da inchinarsi.

Da trentacinque anni, il padre si è fatto pieno carico di questo spaccio di bontà che è l'Antica Friggitoria Masardona, a due passi dai binari di Napoli Centrale.

giovedì 19 febbraio 2015

I piatti di Bassano, tra Barbera e Pinot Nero


La miniatura della sala non risparmia alcun dettaglio, e forse certi particolari finisci per notarli meglio nella scatola dietro il vetro che nello spazio reale intorno a te.

Qui a Madignano, Bassano Vailati conserva come in una miniatura preziosa la sua trattoria come un baluardo di tradizione enogastronomica coniugato a una competenza e a una franchezza di modernissima efficacia.

Gli fa eco Gian Luca Colombo che con la sua Segni di Langa sposa la caparbietà e il coraggio giovanile con una sapienza enologica che si rifà direttamente alla verità del vino, quella che si ottiene quando un enologo come lui si limita a non rovinare ciò che la natura ha creato.

L'incontro, organizzato da Alfredo Leoni, ha dato vita all'evento Tra Barbera e Pinot Nero, più che una cena con degustazione una vera e propria chiacchierata, profonda e aperta, con Gian Luca Colombo a raccontare l'esperienza del fare vino con l'emozione di chi dà alla luce una nuova creatura (e difatti la sua barbera prende il nome dalla figlia, coetanea delle sue creazioni), e con Bassano Vailati a sferzare gli eccessi di sofisticazione spacciati per modernità ed eleganza, dimostrando che i buoni prodotti e le buone ricette non conoscono tramonto e hanno la stessa longevità di un grande vino.

mercoledì 18 febbraio 2015

Gourmet in trasferta: i Lombardi alla quinta generazione


Una pizza in famiglia
Il valore della pizza a Napoli si può comprendere solo rendendosi conto che la pizza non è solo un piatto, ma è un testimone di una trasmissione di valori che quasi sempre avviene in famiglia.

Alle spalle di suo padre, saldamente al comando dietro la cassa, Enrico Maria Lombardi accompagna il mio sguardo sulle fotografie che raccontano quattro generazioni di pizzaioli e che portano alla quinta, la sua e quella di suo cugino Carlo Alberto.

In alto a sinistra, il trisavolo Enrico - anzi, Errico, come riportano i documenti ufficiali - che nell'ultimo decennio del XIX secolo già friggeva pizze, e che si rese protagonista di una fruttuosa emigrazione negli Stati Uniti: forse se oggi a New York esiste Lombardi's Pizza è grazie al seme che vi gettò.

Il testimone passa a Luigi, bisnonno di Enrico Maria, esempio di dedizione alla fatica per le generazioni a venire della famiglia, e che godette della stima del più grande pensatore del primo XX secolo, Benedetto Croce in persona, nel periodo in cui era possibile ai due incrociarsi nei pressi di Santa Chiara.

E arriviamo così a ridosso degli anni Cinquanta, con l'apertura di quella che ancora oggi è l'unica sede della pizzeria Lombardi, a via Foria, nella quale hanno ammaccato e infornato pizze bisnonno, nonno e papà di Enrico Maria, in una saga caratterizzata da grande spirito di sacrifico, voglia di conservare una dignità ottenuta con il lavoro e con i propri sforzi, e che gli esponenti di questa quinta generazione vogliono conservare e non sprecare.

Perché quella ricevuta a partire dall'avo Errico non è solo un'eredità, ma è già una lezione sul futuro.

mercoledì 11 febbraio 2015

A tutto Champagne tra le tapas del b3


Si possono avere opinioni differenti sulle temperature di servizio di quasi tutti i vini, visto che i gradi in più o in meno influiscono direttamente sulle percezioni olfattive e gustative, producendo risultati che ognuno poi giudica a modo suo.

Se però chiediamo a quale temperatura è meglio bere lo champagne, la risposta è netta e generalizzata: freddo, molto freddo, freddissimo.

6-8° centigradi, questo il parametro fissato da Alfredo Leoni per le bottiglie protagoniste della serata A tutto Champagne, e una volta fuori dal frigorifero trovano la corretta e fredda accoglienza del ghiaccio per tenerle al punto giusto.

Siamo al b3 di Daniele Cumini, nello spazio che ogni venerdì si apre all'Aperitivo Champagne dalle 18 a seguire, e che ieri sera invece ha ospitato questa degustazione per scoprire champagne dalla performance inimmaginabile.

Quattro Champagne, ognuno con la sua spiccata personalità, preziosi senza eccedere nel lusso, incredibilmente preziosi per ciò che regalano al palato, in un rapporto tra qualità e prezzo che fa sgranare gli occhi, perché lo champagne non è solo bottiglie inarrivabili e a molti zeri.

Se a questo aggiungiamo lo stato di grazia, la perizia e soprattutto il divertimento che Daniele Cumini ha saputo infondere alle tapas proposte, ne viene fuori una serata di quelle che sorprendono per come sanno andare oltre le aspettative, e ti fanno dire che prodotti seri, buona mano, esperienza e convivialità sono i veri ingredienti per un evento di successo.

martedì 10 febbraio 2015

Gourmet in trasferta: sogno di una pizza in mezzo a Milano


La pizza mi sta diventando una specie di ossessione.

Non mi faccio capace - per dirla col mio idioma - di come sia così difficile per me trovare una pizzeria dove soddisfare la mia naturale, originaria propensione per questo piatto.

Tentativi riusciti ce ne sono stati, pure qua al Nord, soprattutto a Milano, dove stamattina cammino in un silenzio da eco, qua nei pressi di San Babila, dietro Largo Corsia dei Servi.

Ma questi tentativi sono ancora scandalosamente troppo pochi: mancanza di coraggio, di spirito imprenditoriale, prevalenza del chi m' 'o fa fa'?

Perché, mi chiedo, uno qualsiasi dei grandi pizzaioli ai piedi del Vesuvio, non se ne viene qua, sotto la Madonnina, e apre una bella pizzeria di quelle serie che davvero fanno sentire i napoletani di nuovo a casa?

Perché, mi rispondo, ci vorrebbe uno proprio grande, uno che non solo sia in grado di farla buona, 'sta pizza, ma che abbia la credibilità giusta per chi deve investire, e la notorietà appropriata per attirare non solo i partenopei emigrati, ma soprattutto i cittadini, i milanesi, se mai esistono ancora.

Pensa che bello - sì, ormai parlo con me stesso da solo, fendendo il vento tra i portici del corso Vittorio Emanuele II - se uno come Gino Sorbillo si decidesse a fare un simile passo.

Uh anema - intervengo nel mio soliloquio, neanche tanto mentale, ma sussurrato a fior di labbra, sicuro che la poca gente in giro non mi veda parlare tra me e me - chillo sì ca scassasse!

venerdì 6 febbraio 2015

Da Bergamo a Bordeaux, passando per il M1.lle


Davanti a un simile plotone, a rappresentare uno dei pezzi più importanti della storia del vino mondiale, si prova la stessa, silenziosa commozione che sa suscitare in noi la bellezza.

Perché se è vero che il vino è antico quanto l'uomo, come testimonia la civiltà greco-romana, è altrettanto vero che il vino è diventato veramente buono a Bordeaux e dintorni, dove sin dal Medioevo sono state gettate le fondamenta della vinificazione moderna.

Per questo, ma anche per l'intrinseca bontà di questi vini e dei piatti che li hanno affiancati, l'evento Da Bergamo a Bordeaux, svoltosi l'altra sera nel capoluogo orobico, ha il carattere di uno spartiacque nell'esperienza di qualsiasi gourmet.

Per arrivare lì, al M1.lle Storie & Saporile bottiglie sono partite dalla cantina di Top-Wine, grazie allo spirito e all'iniziativa di Alfredo Leoni e Paolo Stefanetti.

Sulla scia del successo de I favolosi anni Ottanta, il team di organizzatori ha deciso di lanciare un calendario di serate di pari livello, che assicura all'enogastronomia bergamasca in questo 2015 un'importanza di primo piano.

Bordeaux, oltre a essere il la della storia della vinificazione moderna e contemporanea, è tappa obbligata per comprendere il come e il perché di una tipologia di uve e di maniere di assemblarle, esportata in tantissimi altri paesi, ovviamente con risultati che, pur apprezzabili, mai riescono a eguagliare quelli originali e originari ottenuti attorno all'estuario della Gironda.

Proprio qui a Bergamo, ironia della sorte, esiste uno dei tentativi italiani più famosi di trapianto del metodo bordolese, con i vari Valcalepio, ma se gettiamo un'occhiata rapida ai vigneti del nostro stivale troveremo una cospicua presenza di uve Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, e che raggiungono il punto più alto proprio nei Super Tuscan.

Qui però, o meglio a Bordeaux, si formò già più di cinquecento anni fa una concezione della produzione vitivinicola assolutamente inedita, che investe tutto il processo realizzativo, dalla coltivazione alla lavorazione della materia prima in strutture organizzate, i celeberrimi Château, e soprattutto all'esportazione, che nella città francese si sviluppò anche grazie alle forti richieste provenienti dal mercato inglese già secoli e secoli fa, e che non si interruppe mai, anche quando Francia e Inghilterra se le suonarono di santa ragione.

Questo non vuol dire automaticamente che qualsiasi vino di Bordeaux, al di qua o al di là della Gironda, sia sempre il top, anzi, è forse più vero dire che la produzione è vastissima, con pochi Château a dettare legge e parametri della qualità e del valore, e moltissime altre aziende, di ogni dimensione, a produrre vini di qualità disomogenea, spesso sbilanciati, tremendamente somiglianti tra loro e col pedale tutto schiacciato su tannini e legnosità.

Se però dalla gran massa di produttori estraiamo nomi del calibro di Château Margaux, Leoville de Las Cases, Haut-Brion o Lafleur Pomerol stiamo pescando bottiglie non solo al vertice della produzione bordolese, ma in cima all'intero mondo del vino.

Le accomuna innanzitutto l'inarrivabile qualità dei territori, capaci di regalare uve dalle incredibili performance, che una tecnica attenta soprattutto alla materia tramuta in vini ad altissimo potenziale di invecchiamento, soprattutto nelle annate eccezionali, e persino le bottiglie degli anni Ottanta aperte ieri sera hanno dimostrato che se la serata si fosse svolta nel 2025 invece che adesso non avrebbero palesato alcun segno negativo.

Il grande impegno di Alfredo Leoni e Paolo Stefanetti, nell'immaginare e poi realizzare questo entusiasmante viaggio Da Bergamo a Bordeaux, si configura dunque come un atto di ossequio verso quell'angolo di Francia che ha insegnato agli altri paesi a sognare, prima ancora che a realizzare, un grande vino.

martedì 3 febbraio 2015

Elogio della cassoeûla alla Braseria

La voglia di cassoeûla in questi giorni è pienamente giustificata, e a La Braseria la cosa non è sfuggita.

Qui in provincia di Bergamo abbiamo fatto un po' tutti gli sbruffoni, cantando di un inverno che proprio non ce la faceva a mostrare la sua faccia vera, più fredda.

Invece, anche se il detto popolare ci vorrebbe fuori dall'inverno con la candelora, è di questi giorni uno di quei sensibili abbassamenti di temperatura che ti fanno desiderare e comprendere le origini dei piatti lombardi.

Il vino che conviene: Capitelles des Mourgues 2010

Capitelles des Mourgues 2010 Château Mourgues du Grès
Uva: Syrah, Grenache, Carignan
Invecchiamento: barrique
Alcool: 14,5
Prezzo: 17 € su Top-Wine

Si può definire il vino fondamentale di Mourgues du Grés.

Il capitelle infatti è una piccola struttura in pietra che i primi viticoltori dell'azienda utilizzavano per spogliarsi e vestirsi con gli abiti da lavoro, oltre a ripararvisi in caso di acquazzoni improvvisi.

Con lo stesso tipo di pietra sono costruite le cantine dello Château, per questo il Capitelles ha un ruolo fondante nel panorama di proposte di Mourgues du Grés.

La prevalenza del Syrah garantisce a questo vino un grande equilibrio, mediando tra sensazioni fruttate e vinose (ma ne fanno anche una versione rosé).

Ma gli apporti ben dosati di Grenache e Carignan gli conferiscono le note più erbacee ed animalesche, rendendolo capace di performance diverse a seconda delle occasioni.

lunedì 2 febbraio 2015

Cerea-D'amato: four mani are meglio che two

Metti insieme Da Vittorio di Brusaporto e Il Rigoletto di Riggiolo, accosta Chicco Cerea e Giovanni D'Amato, fai una macroregione enogastronomica accorpando Lombardia ed Emilia, e otterrai uno degli eventi di punta del 2015 bergamasco.

Si chiama proprio Cena a 4 mani con Giovanni D'Amato la serata esclusiva che l'8 febbraio prenderà vita nelle sale del Da Vittorio della famiglia Cerea, ospitando lo chef del Rigoletto, Giovanni D'Amato, le cui mani si affiancheranno non solo a quelle di Enrico ma anche a quelle di Bobo, per cui in tutto fanno sei mani, moltiplicando così anche il gusto.

L'iniziativa si lega ad altre simili, nelle quali Giovanni D'Amato ha potuto continuare a esprimere la sua arte, anche grazie alla solidarietà dei colleghi, dopo le terribili conseguenze del sisma del 2012 che ha costretto il ristorante a una chiusura obbligata per restauro.

Attualmente, D'Amato è impegnato nelle nuove avventure del Caffè Arti e Mestieri e del Rigolettino, mentre il destino del ristorante principale appare ancora incerto, ferma restando la volontà dello chef di continuare a regalare emozioni con i suoi piatti.

L'idea e l'organizzazione è firmata da Le Soste, l'associazione di ristoratori impegnata sin dal 1982, sulla spinta iniziale di Gualtiero Marchesi, nella valorizzazione e diffusione della cultura gastronomica italiana nel mondo.

domenica 1 febbraio 2015

Da Bassano, a scoprire i Segni di Langa

Luoghi fuori dal tempo, fatti per preservare memorie preziose, abitati da uomini che diventano loro stessi storia, tradizione, e ai quali è affidato un futuro, se mai è possibile realizzarlo.

Questo, e non solo, accomuna Bassano Vailati, con la sua omonima trattoria di Madignano, e Gian Luca Colombo, promessa più che mantenuta dell'enologia italiana, anzi, piemontese, e fondatore di Segni di Langa, che si incontreranno il 18 febbraio, con l'attenta regia di Alfredo Leoni, per un evento di rara bellezza, Tra Barbera e Pinot Nero.