giovedì 19 febbraio 2015
I piatti di Bassano, tra Barbera e Pinot Nero
La miniatura della sala non risparmia alcun dettaglio, e forse certi particolari finisci per notarli meglio nella scatola dietro il vetro che nello spazio reale intorno a te.
Qui a Madignano, Bassano Vailati conserva come in una miniatura preziosa la sua trattoria come un baluardo di tradizione enogastronomica coniugato a una competenza e a una franchezza di modernissima efficacia.
Gli fa eco Gian Luca Colombo che con la sua Segni di Langa sposa la caparbietà e il coraggio giovanile con una sapienza enologica che si rifà direttamente alla verità del vino, quella che si ottiene quando un enologo come lui si limita a non rovinare ciò che la natura ha creato.
L'incontro, organizzato da Alfredo Leoni, ha dato vita all'evento Tra Barbera e Pinot Nero, più che una cena con degustazione una vera e propria chiacchierata, profonda e aperta, con Gian Luca Colombo a raccontare l'esperienza del fare vino con l'emozione di chi dà alla luce una nuova creatura (e difatti la sua barbera prende il nome dalla figlia, coetanea delle sue creazioni), e con Bassano Vailati a sferzare gli eccessi di sofisticazione spacciati per modernità ed eleganza, dimostrando che i buoni prodotti e le buone ricette non conoscono tramonto e hanno la stessa longevità di un grande vino.
Nel migliore dei formati, il Pinot Nero e la Barbera "Greta" di Segni di Langa sono già pronti a dominare la serata.
Piccola produzione - che però registra una crescita costante - per vini coccolati in ogni fase della loro preparazione.
Se potesse, Gian Luca uscirebbe personalmente dalla bottiglia una volta aperta, e far capire al cliente, come si fa con un amico, l'attenzione genitoriale che lo ha portato a farsi promotore della sua idea personale di vino, dopo diverse e significative esperienze come enologo per altre aziende.
Per questo, le bottiglie si fregiano della sua impronta digitale, come segno di un uomo che dalla Langa vuole far arrivare nei bicchieri la prova concreta di come il 95 % della qualità di un vino è già impresso nella vigna, a patto di saperne rispettare il frutto intervenendo per il restante 5 % in cantina.
E in questa serata lo spirito si fa prontamente festoso, e spinge ad augurare lunga vita ai vini veri di Gian Luca, ai prodotti sinceri del cremasco, ai piatti solidi di Bassano.
Si brinda con il Billiot Brut Réserve, che involontariamente fa da trait d'union con i successivi vini, grazie al suo 75 % di Pinot Noir, mitigato dal 25 % di Chardonnay, con percentuali quasi da blanc de noirs.
Bolle fini, grande ricchezza vinosa apportata dal Pinot, amplificata dalla freschezza dello Chardonnay.
Champagne da bevute-fiume, soprattutto se freddo al punto giusto, sotto la soglia degli 8°.
Dopo gli auguri ci si arma di forchetta e coltello, e i bicchieri sono più pronti che mai.
Bassano si invola in cucina, sorvola la tavolata, ci prende ai fianchi e a tappeto distribuisce bontà.
Il rispetto del territorio è talmente prioritario che l'oste si fa solo suo veicolo, a partire da un meraviglioso Grana Padano del mantovano, affettati di personalità, un bellissimo contrasto tra polpetta e pomodoro verde, prima di arrivare a una battuta di manzo che, oltre all'eccellenza della materia, canta tutta la bravura dell'uomo col coltello.
Fagioli e nervetti da una parte e pipetto di verze e Salva cremasco dall'altra chiosano questa passeggiata nei dintorni di Crema.
L'impegno di Gian Luca Colombo nel presentare il suo lavoro arriva diretto quando si scopre che la bottiglia di Pinot Nero fa parte della sua prima produzione, del 2011.
Mi sono tolto una costola dice arguto, ma solo a guardarne il colore si capisce che la battuta verrebbe facile a chiunque, vista la preziosità di questo vino.
In una degustazione cieca non sarebbe affatto assurdo ipotizzare che si possa trattare di un Bourgogne e anche di alto livello, e l'osservazione - di Alfredo Leoni - non è marginale.
Di clonazioni del Pinot Nero nel mondo ce ne sono a bizzeffe, e qui in Italia ce ne sono di illustri nel Nord Est, ma questo che arriva dalla parte opposta si presenta addirittura capace di non sfigurare con i Pinot Noir transalpini.
Uva capricciosa, che dà parecchio da lavorare all'enologo, ma che nello stesso tempo gli ha permesso di affinare le sue tecniche, nella consapevolezza che è la vigna a guidare l'uomo, insegnandogli ogni anno come affrontare e risolvere i problemi della vinificazione.
Riso e radicchio prima, tortelli cremaschi poi, anche Bassano lascia fare al territorio, e fa arrivare in tavola l'alfa e l'omega dei sapori, con l'amaro del radicchio da un lato e la stravagante dolcezza del tortello dall'altro.
Il turno passa a "Greta", la Barbera figlia di Gian Luca, in versione zero solfiti, con intervento umano ridotto davvero al minimo indispensabile.
Gian Luca avverte i commensali circa l'impatto inusuale al naso, segno anche questo di un modo di essere vino fuori da ogni abitudine.
In realtà, anche nella versione con un minimo di solfiti aggiunti i profumi non mancano di intensità, a carattere terragno e animale.
Per questo, sorprende sia il bellissimo viola che il dispiegamento di frutta rossa che "Greta" regala aprendosi.
L'universo-Barbera ne esce arricchito in altezza, e in Gian Luca si concretizza davvero la possibilità di realizzare prodotti di grande raffinatezza ma intimamente legati alla concretezza e alla semplicità del lavoro in vigna.
La cucchiaiata di cotechino con purè, su cui si proietta una mostarda di frutta notevolmente equilibrata, è anch'essa il segno della conoscenza di Bassano di ciò che lo circonda.
Un cotechino meno ricco di collagene rispetto al solito, visto che siamo ormai alla fine dell'inverno, ma che ha comunque una tessitura vellutata fuori dal comune.
Con la Malvasia di Salina Poggio Grimodi si resta nel solco dei vini veri, con questo tesoro di un piccolo produttore che lascia fare tutto al sole della Sicilia, affinché maturi fino all'eccesso gli acini, ottenendo concentrazioni uniche e soprattutto naturali.
Nel passito l'intensità e la dolcezza te le aspetti, ma il caleidoscopio di sensazioni floreali, di miele, contrastate da una mineralità da grande vino lo trasformano in un finale sorprendente.
Non è da meno il gelato fatto in casa da Bassano, cremoso senza essere stucchevole, un esempio di che cosa vuol dire usare uova, latte, zucchero, vaniglia veri, senza preparati, cloni chimici e liofilizzazioni di vario genere, che non avrebbero neanche senso per una ventina di clienti.
E anche la serata, come la trattoria "da Bassano", resta gelosamente custodita in una miniatura della memoria, e sul vetro continua a spiccare quell'impronta di Segni di Langa che per chiunque ama la buona cucina e il buon vino rimarrà incancellabile.
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