domenica 25 agosto 2013

Se n'è andato Luigi Iorio Esposito, maestro della pizza

Apprendo adesso per puro caso della morte di Luigi Iorio Esposito e il cordoglio è immediato.

Pochi mesi fa, esattamente nel marzo 2013, mi aveva concesso amichevolmente una piacevole mattinata in sua compagnia, per raccontarmi l'immenso amore e impegno profuso per tutta la vita verso la pizza.

Questo stesso blog è nato dopo l'entusiasmo per una visita alla sua pizzeria di Martinengo e da allora l'ho voluta intendere come una benedizione, e proprio per questo ho cercato di incontrarlo per festeggiare con lui un anno della mia avventura nel food blogging.

Non mi fa affatto piacere che quell'incontro e il post che ne seguì valgano adesso come riassunto della sua professione e della sua persona.

Quella pizza magistrale, dall'impasto a lunga lievitazione, col cornicione alto, napoletana come neanche il disciplinare STG riesce a descrivere, lui la sapeva fare come pochi al mondo.

E il mondo se n'era accorto da diverso tempo, sommergendolo di premi e riconoscimenti che mai nessun pizzaiolo è riuscito a mettere insieme tutti tra le sue mani (ecco il resoconto dell'Eco di Bergamo).

Qui nella bergamasca, gli amanti della pizza sanno che cosa può significare questa perdita, anche se devono essergli grati ancora una volta, per aver insegnato a chi lavorava con lui - al genero Pierpaolo in primis - come continuare a fare una delle migliori pizze del pianeta.

Ai bambini si racconta che chi muore va in cielo, e questo racconto a Luigi sarebbe piaciuto senz'altro, vista la sua passione immensa per il cosmo e le stelle, che a volte si divertiva a raffigurare come costellato di pizze luminescenti e che più spesso osservava di notte.

Grazie, don Luigi, e in bocca al lupo al Galletto d'Oro al quale lasci la tua magistrale eredità...

Peccati carnali: una picanha in Anteprima

Da una cena di lavoro della mia metà mi giunge voce di un'eccezionale grigliata di carne nel neonato Anteprima di Ghisalba.

Ignaro sugli orari, ho anche provato ad andarci in una domenica di luglio trovandolo inesorabilmente chiuso, ma lasciando aperto il desiderio di provare.

Poiché di peccati carnali veri è un po' che non ne commetto, mi è sembrata una buona occasione per macchiare di nuovo la mia anima carnivora.

In realtà, Anteprima si propone come pizza-brace-restaurant-aperitif-afterdinner e ognuna delle sue facce sta avendo un certo successo.

Però non è di pranzi di lavoro dal prezzo sorprendente o di formule neologistiche come l'apericena che voglio parlare.

Mi interessa la ciccia e non le offerte allettanti, soprattutto per l'entusiasmo con cui mi è stata descritta.

sabato 24 agosto 2013

Groupon Adventures: che Oktoberfest sia!


La prima pioggia seria che annuncia il declino dell'estate ci coglie tra Scanzo Rosciate e Villa di Serio, proprio davanti a un pub con la P maiuscola che difende la sua immagine cristallizzata e resiste ai cambiamenti epocali.

L'Oktoberfest, i tavoli di legno, persone vere che preparano al momento tutto, avventori al bancone con l'atteggiamento di chi si sente come in una seconda casa, tutto fa capire che questo pub conserva un valore affettivo prima ancora di dar da bere e mangiare, per chi ci va.

Con Groupon l'offerta è ultravantaggiosa, tra flute di benvenuto, mega antipasto, galletto con patate e pretzel - o bratzel, come vi pare - e un litro di birra alla spina per due persone, e il galletto in realtà è in formula all you can eat, per cui si potrebbe anche continuare a mangiarne fino a lasciarci le penne.

venerdì 23 agosto 2013

Storie sul cibo, tra verità e leggenda

Prendo spunto dalla notizia del giorno in campo gastronomico: il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, si è attivato per chiedere il riconoscimento di Specialità Tradizionale Garantita al Tiramisù come prodotto tipico di Treviso.

La notizia naturalmente ha generato reazioni diverse, nel mondo degli appassionati e degli addetti ai lavori, compresa la mia nel commentare su alcuni blog il fatto.

Ma non è dell'iniziativa di Zaia in sé che voglio parlare, bensì dell'affascinante fenomeno delle storie e leggende sul cibo, la cui complessità merita grande attenzione e spesso richiede strumenti filologici e storici di grande spessore.

Come espressione diretta del vivere umano, la storia del cibo, come quella delle persone, va soggetta agli stessi rischi di falsificazione e alla necessità di revisioni attente.

Tuttavia, ritenendo il cibo qualcosa di meno serioso di altre faccende, nella storia dei piatti c'è molto più spazio per il leggendario.

A volte, questo leggendario non risale affatto a secoli addietro, bensì viene costruito ad arte per motivi propagandistici.

domenica 4 agosto 2013

Dessert mania: lemon curd, ricchezza dei poveri


Tutti a dire che fa tanto british questa storica cremina che esalta gli scones o i muffins e persino il pane accanto al del pomeriggio.

Sarà per i limoni di Sorrento eccezionali che mi sono trovato tra le mani ma a me, più che a un salotto in broccato con teiera d'argento, viene da associarla a casette bianche stagliate sull'azzurro mare sotto l'ombra ramificata delle propaggini di una limonaia.

Ce l'ha insegnato Montale che i limoni e il loro odore sono a noi poveri la nostra parte di ricchezza, e il nostro paese per fortuna di questa pianta ne è pieno e può esserne orgoglioso.

Altro che Atlantico, per me il o la lemon curd - che dir si voglia - sa solo di Mediterraneo, e non a caso la crema che i salentini usano per i pasticciotti somiglia moltissimo a questo dessert inglese, quando addirittura non vi coincide.

Non è una crema pasticcera anche se è facile confonderle, ma la mancanza del latte, la bassissima percentuale di amido - e c'è chi non lo mette nemmeno - e la presenza decisa del succo e della buccia del limone marcano una differenza che una volta misurata non si dimentica più.

Si sposa alla grande con basi di pasta frolla o sfoglia - io avevo dei cestini già pronti, infatti - ed esiste una famosa torta anglo-americana, farcita con lemon curd e coperta di meringa - lemon meringue pie - che solo a pensarci mi fa sollevare da terra dal piacere.

Va da sé che senza limoni degni di questo nome è meglio farsi una normale crema e rimandare a quando potrai procurarti gli agrumi giusti.

venerdì 2 agosto 2013

Pizza Tour: oh, che bel Castello...

Da settimane penso a questo Pizza Tour dedicato alla nuova pizza italiana contemporanea, detta anche pizza-gourmet, e cerco di incastrare i vari impegni per visitare al più presto la pizzeria Al Castello di Cividate al Piano.

Chi è di queste parti lo sa: nel fine settimana non accettano prenotazioni e in genere c'è una fila mostruosa.

E questo non è frutto del successo ulteriore che la pizzeria sta avendo dopo le sue esperienze con le iniziative del Molino Quaglia, come PizzaUp e l'Università della pizza.

Tutti sanno che Al Castello la pizza è tra le migliori della bergamasca.

Una pizza di fattura non napoletana, molto stesa e ampia, che la cottura rende croccante nel bordo ma che ha gusto e fragranza uniche, perché evidentemente si curano dell'impasto come pochi da queste parti.

Almeno questo era il mio ricordo, perché ci mancavo da una decina d'anni.

Sapere che questa pizzeria si era messa in gioco con le farine Petra e tutto il resto mi incuriosiva terribilmente.

Faranno come Luca Mariani che punta tutto sulla pizza gourmet e ne ha fatto proprio il modello pizza-alta-in-teglia-con-ingredienti-pregiati (modello attribuibile a Padoan de I Tigli di San Bonifacio, che insegna anche nella suddetta università), o cercheranno una sintesi tra la loro tradizione e l'innovazione proposta dagli autori del Manifesto della pizza italiana contemporanea, come cerca di fare in modo coraggioso e anche rischioso Nasti a Bergamo?

Al Castello non ha sito internet, per cui devo affidarmi a quanto leggo da recensioni sparse.

Sembra abbiano semplicemente affiancato alla lista di pizze tradizionali una lista di pizze secondo il modello Petra, e questa cosa mi lascia ancor più curioso, perché non capisco se sia una tattica attendista prima di proporre una lista unica o se loro credano fermamente che è il caso di tenere distinte le due cose, sia per ragioni romantiche - conservare comunque la tradizione del locale - sia per ragioni economiche, cioè per non sconvolgere le abitudini della clientela abituale.

Facendo queste riflessioni con la mia metà, mentre da Calcinate andiamo a Cividate tagliando per Mornico, decidiamo salomonicamente che se davvero troveremo due liste distinte ordineremo una pizza della tradizione e una dell'innovazione, per poi suonare il gong del match all'ultimo spicchio.

Una volta nel locale, ovviamente pieno, stabiliamo di bere una Dominus triple e poi ci tuffiamo nella scelta delle pizze.

Infatti, i due elenchi sono separati, le pizze tradizionali nel menù generale del ristorante, quelle gourmet in una lista che cerca di occultare il marchio Petra ma che ne reca lo slogan in copertina - dove la farina diventa arte - e ovviamente ha prezzi più alti in nome della qualità dell'impasto e degli ingredienti di farcitura.