martedì 30 aprile 2013

Udon, cibo dell'anima



Anche se noi italiani ci vantiamo di essere i dominatori della pasta, la testimonianza più antica su questo alimento risale a circa quattromila anni fa in Cina, e tutto l'Oriente ha contribuito al suo sviluppo, utilizzando tutti i cereali e i legumi disponibili per prepararlo.

In Giappone ci sono tre varietà di paste, la ramen, con le uova, la soba, con grano saraceno, e la più normale di tutte, udon, che potremmo definire grossi spaghettoni.

ma l'udon, attestata fin dal seicento, è considerata in alcune zone come il prodotto-simbolo, tanto che gli organi governativi la promuovono con pubblicazioni e fondazioni pubbliche per la tutela e lo sviluppo.

Addirittura, hanno istituito il giorno dell'udon, che cade il 2 luglio.

Lo spezzone di cui sopra è tratto dall'omonimo film del 2006, di Katsuyuki Motohiro, e narra la storia di un giovane che torna dagli Stati Uniti con la coda tra le gambe per non aver sfondato e che invece trova sé stesso e la sua fortuna dedicandosi alla diffusione dell'udon, prodotta proprio dalla sua famiglia dalla quale si era allontanato.

Quanto sia buona non si finisce mai di dirlo, ora col brodo e ora con intingoli saltati.

La sua consistenza e il suo spessore ne fanno un vero e proprio comfort food che si esalta con i sapori forti.

Io mi ci sono confortato così.

domenica 28 aprile 2013

Anche gli angeli mangiano le torte



Nonostante il biancore e la sofficità che indussero gli statunitensi a definirla cibo degli angeli - da qui il nome - la angel food cake sarebbe nata - sempre a loro dire - per mano degli schiavi afroamericani.

Solo le loro forti ed allenatissime braccia di lavoranti, infatti, avrebbero potuto incamerare aria sufficiente negli albumi per ottenere quella meravigliosa spugna, così morbida ed elastica che a ficcarci il dito poi torna su e riacquista la sua forma originaria.

L'abduzione deriva però dal fatto che negli anni a venire del ventesimo secolo, questa torta era abituale tra gli ormai ex schiavi dei campi di cotone in occasione di funerali, occasione nella quale sicuramente il tasso di spiritualità avrà favorito l'ideazione del nome del dolce.

Pur comparendo ufficialmente nei ricettari in forma ancora incerta solo nel 1871, pare che fosse diffusa già cinque o sei anni prima, in concomitanza con l'uscita sul mercato della frusta a manovella, senza la quale forse le gentili signore transatlantiche di fine ottocento mai si sarebbero prestate a una fatica che rischiava di far spuntare loro antiestetici bicipiti.

Oggi, con le planetarie, ma anche con un semplice sbattitore elettrico, fare una angel food cake non comporta più alcun rischio né all'immagine né alla riuscita della torta.

Come dolce è estremamente attuale, e non per la sua vocazione angelica, bensì per la leggerezza in termini nutrizionali, che tanto conta per chi vuole mettersi a dieta senza rinunciare al piacere.

Non ha grassi perché si usa soltanto l'albume d'uovo, e la quantità di zucchero e farina è talmente irrisoria da potersi permettere anche due fette al giorno, nel più stretto regime dietetico.

Ovviamente gli americani che l'hanno inventata sono poi i primi a colarci sopra ogni possibile crema o sciroppo, ma questione di gusti è.

Al di là del formato classico - per il quale si presta benissimo anche uno stampo da babà - si può fare con la angel food cake tutto ciò che si fa con il pan di Spagna come materia base.

Costa meno di zero in termini di denaro, richiede attenzione minima, più in cottura che in preparazione, e tutte le mamme dovrebbero emulare le signore americane del XIX secolo per darla ai propri figli in sostituzione di qualsivoglia merendina.

Magari con una bella spalmata di qualche leccornia, ovvio...

Groupon Adventures: la Sardegna al Gana dé


Molti sanno che lo spagnolo è tra le lingue più diffuse al mondo, soprattutto verso occidente e le Americhe.

Ma anche venendo verso lo stivale italiano, l'isola linguistica ispanica in Sardegna si conserva senza alterazioni.

Così, proprio come in spagnolo, anche in sardo la gana è l'appetito, la voglia, il desiderio.

Direttamente a questo impulso vuol fare appello il ristorante sardo-siculo Gana dé che a Seriate, senza troppi fronzoli, offre una cucina mediterranea alla mano ma che all'occasione può preparare alcuni pezzi tipici delle isole italiane, soprattutto il porceddù, ovviamente su prenotazione.

L'offerta di Groupon, ai canonici 39 € invece di... va dal benvenuto al dessert, bottiglia di vino compresa, con la chicca dei culurgiones tra i primi che molto m'incuriosiscono.

sabato 6 aprile 2013

Voglia di stuzzicare? Croste di Parmigiano


Che il Parmigiano Reggiano sia tra i formaggi più buoni della storia dell'umanità è indiscutibile.

Ma non viene mai sottolineata abbastanza un'altra sua caratteristica: del Parmigiano non si butta via niente.

In realtà, questo vale anche per i suoi simili, Grana Padano in primis, e la crosta di formaggio è da sempre un'arma in più per chi va a caccia di sapore.

L'uso più ovvio e tradizionale delle croste è finalizzato a insaporire, e nella tradizione italiana non si contano le ricette di zuppe e minestroni nelle quali è consigliato quando non prescritto di far bollire con gli altri ingredienti anche questo prezioso avanzo.

La stessa crosta bollita e ammorbidita è ovviamente gustosissima, proprio perché è lungo il bordo esterno che tende a concentrarsi tutto il sapore.

Altro uso storico delle croste è la versione grigliata, che la gonfia e la rende croccante, anche se man mano che raffredda acquista un'elasticità eccessiva, tendente al gommoso, perciò bisogna farle fuori finché sono calde.

per un risultato a prova di croccantezza e friabilità, oggi ci viene in soccorso il microonde e un pezzo di crosta passato per un minuto alla massima potenza si trasforma in una cialda rigonfia che crocchia da paura: sublime.

Il riconoscimento del Parmigiano e dei suoi fratelli come quintessenza del sapore caseario è arrivato da tempo dall'alta cucina.

Non sono pochi i cuochi che dopo la bollitura della crosta in acqua o brodo ne ricavano gel o arie: lo fa Igles Corelli, lo fa Carlo Cracco e soprattutto lo fa Massimo Bottura che al Parmigiano della sua terra ha dedicato un volume intero.

A proposito di volumi, il suo grande fratello Grana Padano è invece protagonista del progetto Taglio Sartoriale, un cimento dei grandi chef con questa meravigliosa materia prima a differenti gradi di stagionatura, che ha dato vita anche a un bel librone.

Mi incuriosì molto trovare in questa raccolta un piccolo appetizer di Cracco, ottenuto proprio creando un biscotto di formaggio previa cottura al microonde.

Per un napoletano come me, il nome Parmigiano richiama quello della sorella, la parmigiana, della quale avevo già parlato qui.

Il mio biscotto fa da base a una crema morbida di melanzana, impreziosita da pomodorini freschissimi e insaporiti.

A'nteprima: gli ultrasuoni del gusto

Daniel Facen mi accoglie nella sua cucina-laboratorio  nel più semplice dei modi, con una stretta di mano, sorriso, occhi attenti dietro gli occhiali a metà tra artigiano e scienziato, e non smette di assemblare piatti, sotto l'occhio della telecamera, mentre inizia a raccontarsi.

Siamo da A'nteprima, a Chiuduno, tra i templi della ristorazione bergamasca, una stella Michelin e sedici punti per l'Espresso, ma soprattutto in uno di quei pochi laboratori della gastronomia in grado di portare avanti in modo serio il connubio tra cucina e sperimentazione.

Chi lo conosce solo per sentito dire, etichetta Daniel come uno dei proseliti di Ferran Adrià, ma la verità è un'altra, anzi doppia: non solo Daniel ha sviluppato la sua ricerca in autonomia e in parallelo a quella del boom della cosiddetta cucina molecolare, ma è anche andato oltre nell'unico modo sensato possibile, ossia sfruttare tecnologia e sapere scientifico per costruire piatti comunque riconoscibili e riconducibili alla tradizione, qualunque cosa questa parola voglia dire.

La carbonara, il filetto, il merluzzo, le olive, tanto per citare alcuni pezzi, sono ciò che i nomi annunciano, ma la tecnica di preparazione si avvale di strumenti e procedure di altissima levatura.

Che poi, durante il percorso di degustazione, Daniel si diverta a sferificare il melone proprio per citare il suo percorso formativo, non guasta, anzi, ravviva l'esperienza.

Grazie al sostegno della famiglia Tallarini, lo chef ha trovato la fiducia e i mezzi necessari per dar vita alla sua cucina e alla sua ricerca.

Una ricerca che spesso lo porta a inventare ben oltre ciò che riesce a offrire in carta, al punto che - mi racconta - si vede costretto a frenare per non sperimentare a dismisura.

Nelle sue parole si scorge una visione lucida del cucinare, fatta di passione e rigore, di estro e competenza chimica, mai fine a sé stessa ma sempre orientata al risultato per il palato.

La cucina è tutta buona, afferma, se c'è professionalità, capacità e tecnica, ma dev'esserci spazio per tutto, per l'amatriciana, che è buonissima, così come per la ricerca.

Per l'iniziativa InGruppo, A'nteprima propone due menù, carne o pesce, ed è doveroso assaggiarli entrambi.