giovedì 29 dicembre 2016

Noter de Berghem: codeghì co' i verz


Il cotechino, la verza, e la farina di mais.

Con questi soli tre ingredienti, la schiettezza della cucina bergamasca riluce in pieno, soprattutto all'inizio dell'inverno.

Il cotechino è un protagonista eroico della cucina orobica, perché con la sua finta povertà condensa l'inventiva e la necessità che nei secoli passati hanno portato alla sua creazione.

Carne, pochissima, tutta andata ovviamente nei tagli più importanti, e il resto a costituire macinato e pasta per salami.

Grasso, anch'esso meno di quanto si creda, perché oltre ai salami, sono soprattutto lardo e pancetta a richiederne.

Che cos'altro metterci dentro, se non le cotenne, che sale e spezie trasformeranno in una sorta di magia, se solo si avrà la pazienza di compiere l'incantesimo della lunga cottura?

L'importanza del maiale, la ritualità con la quale l'allevamento e la macellazione di questo animale avvenivano e tuttora avvengono, sebbene sempre più di rado e di nascosto, sono un marchio importante di questa terra.

Basti pensare che nel medioevo chi sapeva macellare e cucinare il porco poteva addirittura essere insignito di titoli, e che uno dei maggiori segni di sfregio che un conquistatore poteva infliggere al suo rivale era dar fuoco al suo allevamento di suini, cosa che impressionava molto i sudditi che passavano da un vassallo all'altro.

Oggi, dopo un cinquantennio di cotechini precotti c'è proprio bisogno di venire quassù in Pianura Padana per capire che cos'è realmente un codeghì e quanto può essere buono, e in ogni paesino troverete il giusto maceler che li insacca uno a uno, e la giusta sciura che vi consiglierà di buttare via la prima acqua di lessatura, perché l'è trop grasa.

Il suo sposarsi con le verze e la polenta ha ovviamente una stretta parentela con la storia della cassoeula, piatto storico del milanese, che erroneamente i bergamaschi credono di fare più povera dei meneghini, pur utilizzando cotechini e costine, quando invece all'ombra della Madunina si ricorre a piedi, muso e orecchie.

Nei gelidi inverni, l'unico ortaggio capace di resistere si accoppia al caldo conforto della polenta, mentre i grassi delle carni di maiale vanno a corroborare l'organismo di chi abitualmente si spacca la schiena tra campi e cascine.

Allora, questa versione con il solo cudeghì addirittura rimestato con la polenta e le verze, così tanto per non far capire le quantità, testimonia un'origine ancor più povera e un ingegno nello sfruttare il poco a disposizione, per ricavarne un piatto energico e saporito.

mercoledì 28 dicembre 2016

Anche a Bergamo è Bella Napoli


Dev'essere abbastanza curioso per il turista che in questi giorni passeggia per Bergamo addentrarsi nel centro storico, cominciando da piazza Pontida e risalendo via Sant'Alessandro per puntare alle strade verso Città Alta e imbattersi all'improvviso in un angolo di Napoli, al civico 28a, dove da pochissimo ha aperto Bella Napoli, pizzeria e ristorante.

Va infatti sottolineato che in questi giorni di festa le nostre città d'arte - e Bergamo col suo centro antico lo è a pieno titolo - sono zeppe di turisti, ed è ovvio che i ristoratori cerchino di accogliere con prontezza le frotte di gente a passeggio, allettandoli con le più disparate offerte.

La curiosità principale che mi riferiscono Mario Viscardi, Enzo Di Tavi ed Emilio Preda - che hanno dato vita al Bella Napoli - è il fatto che in questi primissimi giorni sono proprio i turisti stranieri a sedersi volentieri ai loro tavoli, e ben si capisce, perché se è vero che una delle principali "calamite" italiane è la cucina, è altrettanto vero che nel panorama nostrano quella napoletana ha qualche freccia in più al suo arco, vuoi perché basata su ingredienti che fanno centro, vuoi perché confortevole e tendente all'abbondanza, vuoi soprattutto perché ci si può giocare la carta della pizza che per un avventore a passeggio vuol dire un piatto veloce ma nello stesso tempo sostanzioso, facile da mangiare ma nello stesso tempo appagante nel sapore.

Bella Napoli non è un tentativo di clonazione bergamasca di un locale napoletano, ma un vero e proprio avamposto partenopeo in terra orobica, perché l'intero staff viene dal Vesuvio, dal quale ha portato il concept e la sapienza artigiana, l'inventiva e la capacità di adattamento.

Forti di altre esperienze e start up felici, i ragazzi del Bella Napoli sono pronti a rappresentare in piena Bergamo un rifugio ameno per i napoletani emigrati come il sottoscritto, ma soprattutto sapranno accogliere - nella sala graziosa e accogliente di cui si prende cura Mariano Messina - i tanti bergamaschi ormai infatuati dai sapori campani - orchestrati con sapienza da chef Ciro De Martino - dalla freschezza di mozzarelle e ortaggi, dalla succulenza di ragù e parmigiane di melanzane, dalla brezza marina dei frutti di mare che si sposano ai legumi, e soprattutto da una pizza egregiamente eseguita, grazie alla forte scuola di provenienza del pizzaiolo Foyzz, che dal Bangladesh è venuto a rimboccarsi le maniche, imparando a dar forma a un impasto magistrale.