Il cotechino, la verza, e la farina di mais.
Con questi soli tre ingredienti, la schiettezza della cucina bergamasca riluce in pieno, soprattutto all'inizio dell'inverno.
Il cotechino è un protagonista eroico della cucina orobica, perché con la sua finta povertà condensa l'inventiva e la necessità che nei secoli passati hanno portato alla sua creazione.
Carne, pochissima, tutta andata ovviamente nei tagli più importanti, e il resto a costituire macinato e pasta per salami.
Grasso, anch'esso meno di quanto si creda, perché oltre ai salami, sono soprattutto lardo e pancetta a richiederne.
Che cos'altro metterci dentro, se non le cotenne, che sale e spezie trasformeranno in una sorta di magia, se solo si avrà la pazienza di compiere l'incantesimo della lunga cottura?
L'importanza del maiale, la ritualità con la quale l'allevamento e la macellazione di questo animale avvenivano e tuttora avvengono, sebbene sempre più di rado e di nascosto, sono un marchio importante di questa terra.
Basti pensare che nel medioevo chi sapeva macellare e cucinare il porco poteva addirittura essere insignito di titoli, e che uno dei maggiori segni di sfregio che un conquistatore poteva infliggere al suo rivale era dar fuoco al suo allevamento di suini, cosa che impressionava molto i sudditi che passavano da un vassallo all'altro.
Oggi, dopo un cinquantennio di cotechini precotti c'è proprio bisogno di venire quassù in Pianura Padana per capire che cos'è realmente un codeghì e quanto può essere buono, e in ogni paesino troverete il giusto maceler che li insacca uno a uno, e la giusta sciura che vi consiglierà di buttare via la prima acqua di lessatura, perché l'è trop grasa.
Il suo sposarsi con le verze e la polenta ha ovviamente una stretta parentela con la storia della cassoeula, piatto storico del milanese, che erroneamente i bergamaschi credono di fare più povera dei meneghini, pur utilizzando cotechini e costine, quando invece all'ombra della Madunina si ricorre a piedi, muso e orecchie.
Nei gelidi inverni, l'unico ortaggio capace di resistere si accoppia al caldo conforto della polenta, mentre i grassi delle carni di maiale vanno a corroborare l'organismo di chi abitualmente si spacca la schiena tra campi e cascine.
Allora, questa versione con il solo cudeghì addirittura rimestato con la polenta e le verze, così tanto per non far capire le quantità, testimonia un'origine ancor più povera e un ingegno nello sfruttare il poco a disposizione, per ricavarne un piatto energico e saporito.
Codeghì co' i verz
Ingredienti:
500 g. di verza
4 cotechini
250 g. di farina di mais
sale
acqua q.b.
Il cotechino va lessato con estrema gentilezza, per questo si partirà dall'acqua fredda per fargli raggiungere gradatamente la giusta temperatura.
Bucare il cotechino, come alcuni consigliano, dovrebbe servire a ottenere una cottura sicuramente completa.
Tuttavia, poiché bucandolo rilascerà gran parte del grasso nell'acqua e dato che questo potrebbe risultare sgradevole, l'operazione a mio parere è del tutto inutile, se si tiene conto del fatto che la cottura si protrarrà per un paio d'ore, a garanzia di una cottura totale dell'insaccato.
Anzi, come giustamente raccomandano le sciure che la sanno lunga su queste preparazioni, la miglior cosa è portare a bollore il cotechino per poi cambiare l'acqua, eliminando la prima, stracarica di grasso.
Solo a quel punto, si ripartirà dal freddo, unendo subito verza e cotechino coprendo d'acqua e, appena accenna a bollire, si aggiungerà una manciata di sale.
Coperta la pentola, le si darà appuntamento dopo almeno un'ora e mezza, tempo nel quale potrete dedicarvi ad altre faccende domestiche, perché viene da pensare che queste lunghe preparazioni tornassero utili alle massaie che, nel mentre si cuoceva il tutto, avevano il tempo di sbrigare altre mansioni.
A cottura ultimata, il cotechino va estratto dal budello e affettato o fatto a pezzi, per completare il magheggio.
Con la farina di mais si preparerà la polenta, in un rapporto di uno a cinque tra farina e acqua e con un pizzico di sale, e dopo circa venti-trenta minuti di cottura, si uniranno verze - scolate - e cotechino alla polenta, protraendo la cottura fino al termine, ossia per altri venti minuti circa, rimestando il tutto.
Con un simile piatto, non avrete nulla da temere dal più gelido degli inverni, e soprattutto avrete contribuito ad allungare la vita a un pezzo di storia della cucina e della cultura bergamasca.
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