mercoledì 25 dicembre 2013
Se no che Natale è? Gli struffoli
Da bambino consideravo gli struffoli un dolce da adulti.
Era da adulti nel senso che io non riuscivo ad apprezzarli, per cui li lasciavo ai miei genitori e alle persone grandi che nei giorni delle festività natalizie passavano per casa.
I bambini, si sa, hanno gusti grossolani e, sebbene gli struffoli non manchino di dolcezza - cioè del primo sapore che l'essere umano è in grado di riconoscere - tuttavia al mio piccolo palato ingenuo non risultavano golosi come il pandoro o le creme.
Crescendo ho imparato a riappropriarmi delle mie tradizioni, che in occasione delle due grandi feste religiose cristiane - Natale e Pasqua - danno veramente il meglio di sé.
Tant'è vero che ieri - il 24 dicembre - a pranzo ho ovviamente pasteggiato a pizza di scarole, mentre per il pranzo del 25 regalo ai miei acquisiti bergamaschi il dolce tradizionale napoletano del Natale: gli struffoli.
I miei viaggi mi hanno fatto già da tempo riconoscere la strettissima parentela con le miriadi di preparazioni a base di paste fritte e passate nel miele, che in tutta la circonferenza del Mediterraneo non fanno mancare la loro presenza.
La stessa combinazione, per esempio, la si ritrova nelle cartellate pugliesi - anch'esse tipiche del Natale - o in diverse preparazioni elleniche, ma anche sulla sponda maghrebina la tradizione di dolcetti di pasta mielata abbinati a frutta secca domina la festa dell'interruzione del ramadan, e nei giorni immediatamente precedenti i mercati si affollano di rivenditori di dolcetti e le folle si sbrigano a farne incetta perché arrivare alla festa senza sarebbe quasi un sacrilegio.
Non difficili da realizzare, gli struffoli però richiedono tempi e organizzazione efficace.
Sono grato alla mia compagna, non solo per come rende migliore la mia vita, ma anche perché senza di lei al reparto frittura e decorazione - mentre io impastavo, struffolavo e tagliavo le palline - sarebbe stata dura prepararli.
E buon Natale...
domenica 15 dicembre 2013
Groupon Adventures: a Calvenzano c'è un Giardino...
Una serata nebbiosa - resa ancor più intricata dalle gimkane alle quali costringono i lavori della Bre.Be.Mi. - ma alla fine la sostanziosa offerta Groupon per Il giardino dei sapori di Calvenzano è andata in porto.
E se da una parte l'adventure ha corrisposto alle aspettative, ci sono stati dei di più che non hanno guastato affatto e che rendono il ritorno in questo locale più che motivato.
Intanto, è molto raro che un ristorante con offerta Groupon porti il menù a tavola: certo, voi avete l'offerta già organizzata, dirai tu secondo buon senso; in realtà, a volte sembra vogliano nascondertelo, altre volte ancora appare evidente che non ce l'hanno nemmeno.
Invece, portare il menù al tavolo è un'azione con molte valenze: intanto, permette ai clienti di vedere l'intera offerta e magari farsi un'idea su cos'altro ordinare o su cos'altro potrebbe assaggiare se tornasse a mangiare lì; in secondo luogo, consente al cliente di capire se quello che sta mangiando in offerta è un unicum e constatare la differenza di prezzo.
Il bello poi è che la titolare, con grandissimo garbo, giustamente ce lo dice, ci invita a leggere la loro proposta e valutare la possibilità di un ritorno.
Perché questo dovrebbe essere il senso di proporre un'offerta con Groupon o con tutti gli altri sistemi in circolazione: l'autopromozione.
Ma ora torniamo a esplorare il giardino.
Locale a vocazione popolare, ma seguito con grande cura e attenzione; un menù ampio di piatti riconoscibili ma con qualche guizzo di creatività o di maggior ricerca di prodotti; pizza e birra, oltre a primi e secondi, ma su prenotazione anche alcune chicche come il pesce in crosta di sale che a un certo punto ha incantato la sala quando è stato portato al tavolo accanto.
E tra le pizze, la possibilità di assaggiare gli impasti fatti con le Farine Varvello della linea Pizza Giovane, a base di kamut, germe di grano, lino, polpa d'oliva o uva rossa, tutte sostanze ricche di antiossidanti naturali.
sabato 14 dicembre 2013
Cucinare secondo le stagioni: sotto una coltre di cavolfiore...
Hai presente la vichyssoise?
Quella splendida crema di patate e porri, creata dal francese Louis Diat per il suo ristorante a New York intorno agli anni Venti.
Della vichyssoise mi piace soprattutto la versione con uovo - in camicia o barzotto - cosparsa poi di crostini.
Da questa suggestione ero partito per inventare qualcosa con uno degli ortaggi autunnali-invernali che amo di più: il cavolfiore.
Il cavolfiore, in questa stagione, per me è rigorosamente cotto al vapore: quando lo assaggi, dopo la cottura, scopri che non ha bisogno di alcun condimento.
Quando l'ho frullato, per ridurlo in crema, ho dovuto aggiungere acqua affinché si creasse la giusta densità.
Ho temuto poi che l'acqua avesse indebolito troppo il suo sapore, ma non mi sono preoccupato, perché sapevo che avrei aggiunto della panna, proprio come per una vera vichyssoise di patate.
Poi l'ho assaggiato: nonostante il bicchiere abbondante d'acqua, la crema di cavolfiore non aveva perso neanche una sfumatura del suo sapore.
Così ho rinunciato alla panna - il che non guasta, in vista dei bagordi delle imminenti festività - e ho usato la morbidezza della crema per ricoprire un uovo in camicia adagiato su una cucchiaiata di porcini in olio, e completato tutto con briciole di biscotto di Grana Padano.
Bianca come neve, calda come una baita, gustosa come un pranzo di festa.
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domenica 8 dicembre 2013
Groupon Adventures: a Treviglio, alta e bassa marea nel Parco
Al centro di Treviglio, dove un tempo sorgeva il borgo originario, circondato da un fossato sul quale oggi c'è l'anello stradale principale, si distende un'area verde che impreziosisce le passeggiate dei cittadini e dei visitatori.
Treviglio, del resto, è il centro più importante della provincia bergamasca, orientato verso Milano, e in certe sue sfumature ne assume le modalità, le usanze, persino le fattezze.
Proprio in questo polmone verde ci avventuriamo nell'appuntamento proposto da Groupon con quest'offerta per il Ristorante del Parco.
Il locale non è sterminato, nella bella stagione sicuramente sfrutterà moltissimo il gazebo esterno, ma col freddo di questi giorni si sta dentro, e dentro non si sta proprio larghi, così è inevitabile fare un po' di slalom per spostarsi o doversi concentrare per non rispondere ai clienti accanto che parlano tra loro ma di fatto è come se parlassero con noi, cosa che immagino anche loro potranno dire all'inverso.
Treviglio, del resto, è il centro più importante della provincia bergamasca, orientato verso Milano, e in certe sue sfumature ne assume le modalità, le usanze, persino le fattezze.
Proprio in questo polmone verde ci avventuriamo nell'appuntamento proposto da Groupon con quest'offerta per il Ristorante del Parco.
Il locale non è sterminato, nella bella stagione sicuramente sfrutterà moltissimo il gazebo esterno, ma col freddo di questi giorni si sta dentro, e dentro non si sta proprio larghi, così è inevitabile fare un po' di slalom per spostarsi o doversi concentrare per non rispondere ai clienti accanto che parlano tra loro ma di fatto è come se parlassero con noi, cosa che immagino anche loro potranno dire all'inverso.
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Pianeta GourMarte: il paradiso dei gastronauti
I migliori produttori delle eccellenze e delle tipicità bergamasche e lombarde.
I preziosi guardiani di ingredienti, prodotti e ricette che grondano cultura e tradizione.
Gli incursori che, da altre regioni o nazioni, regalano all'Italia e al mondo le più strabilianti leccornie.
Gli chef che con sapienza e inventiva sanno dare la loro impronta personale a piatti che li fanno entrare nell'olimpo della cucina.
Basterebbe solo questo per dire quant'è prezioso e imperdibile l'evento che, alla Fiera di Bergamo, dal 7 al 9 dicembre, trasporta la Città dei Mille nella galassia del buon gusto e dell'alta cucina.
Poco dopo le dieci, infatti, si sono aperte le porte di Pianeta GourMarte, e in questi tre giorni tutti i gastronauti dovrebbero farvi rotta con la loro voglia di conoscere, apprezzare e serbare in memoria quanto di buono la Lombardia e l'Italia sono in grado di mettere in tavola.
Pianeta GourMarte è senza dubbio l'evento enogastronomico di maggior peso nella provincia bergamasca, ed è iniziativa di sicuro successo, in un momento di così grande attenzione e discussione attorno al mondo dei fornelli e delle eccellenze culinarie.
Un po' mostra, un po' fiera, dal laboratorio al ristorante, senza dimenticare la presenza di produttori ed esperti di ciò che sta intorno e dietro le cucine, dalle attrezzature professionali, al pentolame e finanche a quanto può rendere una tavola ben apparecchiata, non manca davvero nulla per chi abbia interesse verso il cibo, il vino, la cucina, gli ingredienti e i prodotti di qualità, nonché l'organizzazione di eventi a carattere enogastronomico.
Il padiglione è organizzato in sezioni, secondo un progetto che aiuta a classificare le presenze, tutte significative, di espositori e creatori di bontà.
I preziosi guardiani di ingredienti, prodotti e ricette che grondano cultura e tradizione.
Gli incursori che, da altre regioni o nazioni, regalano all'Italia e al mondo le più strabilianti leccornie.
Gli chef che con sapienza e inventiva sanno dare la loro impronta personale a piatti che li fanno entrare nell'olimpo della cucina.
Basterebbe solo questo per dire quant'è prezioso e imperdibile l'evento che, alla Fiera di Bergamo, dal 7 al 9 dicembre, trasporta la Città dei Mille nella galassia del buon gusto e dell'alta cucina.
Poco dopo le dieci, infatti, si sono aperte le porte di Pianeta GourMarte, e in questi tre giorni tutti i gastronauti dovrebbero farvi rotta con la loro voglia di conoscere, apprezzare e serbare in memoria quanto di buono la Lombardia e l'Italia sono in grado di mettere in tavola.
Pianeta GourMarte è senza dubbio l'evento enogastronomico di maggior peso nella provincia bergamasca, ed è iniziativa di sicuro successo, in un momento di così grande attenzione e discussione attorno al mondo dei fornelli e delle eccellenze culinarie.
Un po' mostra, un po' fiera, dal laboratorio al ristorante, senza dimenticare la presenza di produttori ed esperti di ciò che sta intorno e dietro le cucine, dalle attrezzature professionali, al pentolame e finanche a quanto può rendere una tavola ben apparecchiata, non manca davvero nulla per chi abbia interesse verso il cibo, il vino, la cucina, gli ingredienti e i prodotti di qualità, nonché l'organizzazione di eventi a carattere enogastronomico.
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martedì 3 dicembre 2013
Con INGRUPPO, alta cucina a scopo benefico
I quindici chef più prestigiosi di tutta la provincia di Bergamo.
L'iniziativa più significativa nell'ambito della valorizzazione e della diffusione dell'enogastronomia.
L'associazione più attiva nel campo dell'informazione e del supporto a favore di chi soffre dei disagi recati da ansia e depressione.
Con questi tre ingredienti, ieri sera - 2 dicembre 2013 - nella funzionale location di Bergamo Fiera, si è svolta la grande festa di beneficenza all'insegna dell'alta cucina, chiamando a raccolta tutti i gourmet che sotto l'egida di Ingruppo hanno dimostrato come sia facile e proficuo far incontrare il buon gusto della gente e l'arte dei migliori cuochi.
I quindici chef non si sono risparmiati e dalle loro postazioni hanno estratto delle vere e proprie magie gastronomiche, permettendo così il miracolo: l'intero incasso, infatti, è stato devoluto all'associazione Un porto per noi che dal 1997 a Bergamo si occupa di ascoltare e sostenere chi combatte ogni giorno con quei terribili nemici costituiti da ansia e depressione.
Un porto per noi è una ONLUS impegnata quotidianamente nell'informare chi avverte i sintomi di tali disagi, affinché - sentendosi sostenuti - trovino il coraggio di affrontare un percorso che possa portarli di nuovo a standard di vita accettabili.
Per raggiungere questo scopo, l'associazione organizza eventi divulgativi, gestisce gruppi di auto aiuto, è in grado di fornire recapiti di professionisti affermati e capaci, e offre anche l'opportunità di un ascolto immediato, con un servizio di risposta telefonica allo 035 400308, utilissimo a ridurre il senso di solitudine che troppo spesso sommerge le vittime di queste sindromi.
La partecipazione alla serata ha avuto un doppio successo: da una parte permettere di raggiungere una somma ragguardevole da destinare a tale finalità benefica; dall'altra confermare la piena riuscita del progetto Ingruppo, dopo il trionfo della scorsa edizione, di cui trovi notizie qui.
Un trionfo così eclatante da indurre senza alcun dubbio a replicare l'esperienza: infatti, già da gennaio con Ingruppo sarà possibile fare le migliori esperienze gourmet presso i quindici grandi ristoranti del firmamento gastronomico bergamasco.
La serata è stata animata - oltre che dalla musica - anche da una lotteria con in palio ovviamente delle meravigliose cene presso i quindici ristoranti, nel mentre i partecipanti andavano di postazione in postazione per assaggiare tutte le meravigliose creazioni degli chef.
Il padiglione era idealmente diviso in due corridoi dalle postazioni di distribuzione del vino: etichette del calibro di Tallarini, Berlucchi, Magri, Petrognano, Castello Banfi, Biava, e altre ancora, per rendere la degustazione ancor più preziosa e sfaccettata.
Ecco, in un percorso ideale, e in un crescendo di intensità e forza dei sapori, i quindici piccoli capolavori.
L'iniziativa più significativa nell'ambito della valorizzazione e della diffusione dell'enogastronomia.
L'associazione più attiva nel campo dell'informazione e del supporto a favore di chi soffre dei disagi recati da ansia e depressione.
Con questi tre ingredienti, ieri sera - 2 dicembre 2013 - nella funzionale location di Bergamo Fiera, si è svolta la grande festa di beneficenza all'insegna dell'alta cucina, chiamando a raccolta tutti i gourmet che sotto l'egida di Ingruppo hanno dimostrato come sia facile e proficuo far incontrare il buon gusto della gente e l'arte dei migliori cuochi.
I quindici chef non si sono risparmiati e dalle loro postazioni hanno estratto delle vere e proprie magie gastronomiche, permettendo così il miracolo: l'intero incasso, infatti, è stato devoluto all'associazione Un porto per noi che dal 1997 a Bergamo si occupa di ascoltare e sostenere chi combatte ogni giorno con quei terribili nemici costituiti da ansia e depressione.
Un porto per noi è una ONLUS impegnata quotidianamente nell'informare chi avverte i sintomi di tali disagi, affinché - sentendosi sostenuti - trovino il coraggio di affrontare un percorso che possa portarli di nuovo a standard di vita accettabili.
Per raggiungere questo scopo, l'associazione organizza eventi divulgativi, gestisce gruppi di auto aiuto, è in grado di fornire recapiti di professionisti affermati e capaci, e offre anche l'opportunità di un ascolto immediato, con un servizio di risposta telefonica allo 035 400308, utilissimo a ridurre il senso di solitudine che troppo spesso sommerge le vittime di queste sindromi.
La partecipazione alla serata ha avuto un doppio successo: da una parte permettere di raggiungere una somma ragguardevole da destinare a tale finalità benefica; dall'altra confermare la piena riuscita del progetto Ingruppo, dopo il trionfo della scorsa edizione, di cui trovi notizie qui.
Un trionfo così eclatante da indurre senza alcun dubbio a replicare l'esperienza: infatti, già da gennaio con Ingruppo sarà possibile fare le migliori esperienze gourmet presso i quindici grandi ristoranti del firmamento gastronomico bergamasco.
La serata è stata animata - oltre che dalla musica - anche da una lotteria con in palio ovviamente delle meravigliose cene presso i quindici ristoranti, nel mentre i partecipanti andavano di postazione in postazione per assaggiare tutte le meravigliose creazioni degli chef.
Il padiglione era idealmente diviso in due corridoi dalle postazioni di distribuzione del vino: etichette del calibro di Tallarini, Berlucchi, Magri, Petrognano, Castello Banfi, Biava, e altre ancora, per rendere la degustazione ancor più preziosa e sfaccettata.
Ecco, in un percorso ideale, e in un crescendo di intensità e forza dei sapori, i quindici piccoli capolavori.
domenica 1 dicembre 2013
Shiva Bergamo: l'India arriva da Milano
Tra i milioni di divinità che affollano il mondo soprannaturale degli indiani, Shiva - nella sua forma Naṭarāja, di Re della danza - esercita un fascino particolare sugli occidentali.
In questa celebre scultura conservata a Parigi, ha appena sconfitto i veggenti della foresta che volevano ucciderlo, usando la loro stessa energia, schiacciando l'ignoranza sotto il piede - rappresentata dal nano - e generando il mondo col suono del damaru, il tamburello a clessidra nella mano destra (ehm, quella superiore).
La ricchezza e la profondità del mito legato a questa divinità è vertiginosa, perciò scegliere di intitolare a Shiva un ristorante indiano è un impegno non da poco, sia nei confronti di altri indiani che vivono in Italia, sia degli italiani che ne conoscono lo spessore.
Eppure, dato che a Milano lo Shiva Restaurant esiste con successo da quasi vent'anni, i fondatori hanno pensato bene di creare un altro angolo di India nella vicina Bergamo, proprio dove fino a qualche mese fa c'era il Maharaja di cui parlai in questo post.
Così, da poco più di un mese, l'onda sonora del damaru che mai ha smesso di generare ha creato il ristorante indiano Shiva Bergamo, che si propone come autentico avamposto di una cucina frutto di mille influenze.
Il panorama religioso indiano, infatti, è notoriamente caleidoscopico, con parecchie e differenti restrizioni circa gli alimenti.
Con l'influenza musulmana, le spezie e i sapori dolci portano una nuova risorsa alle possibili combinazioni gastronomiche.
Infine, il gusto degli inglesi dominatori - che mal sopportavano l'eccesso di sapori originario - spinse gli indiani a sperimentare e inventare i curry che oggi li contraddistinguono.
Da un punto di vista alimentare, gli indiani stessi sono molto diversi gli uni dagli altri, così anche nei menù proposti dallo Shiva - dai 18 ai 25 € senza bevande - si spazia dal vegetariano puro, a quello di carne o pesce, fino allo speciale Shiva.
domenica 17 novembre 2013
Osteria Il Teatro: a Lallio in scena il gusto
In questa tela di Gérôme ci sono Luigi XIV e Molière seduti a cena, e forse nutrire il corpo del grande commediografo era il solo modo che Le Roi Soleil aveva per ricambiare il nutrimento dell'anima che riceveva dalle tante rappresentazioni teatrali del suo commensale.
Tutti i ristoranti che prendono il nome di Teatro dovrebbero riflettere sul carattere di messa in scena del loro stesso servizio e non considerarlo solo un nome per il locale, dovuto magari alla vicinanza di una sala teatrale.
A Lallio, inglobato nell'hotel Donizetti, c'è Il Teatro, ristorante osteria che oltre a servire i clienti dell'albergo è aperto a chiunque voglia incuriosirsi a tal punto da scoprirlo, com'è capitato a me.
Se c'è una cosa che tutti in qualche modo si aspettano quando vanno a teatro è la sorpresa: il sipario si apre e qualcosa di inaspettato accade.
Ebbene, è andata esattamente così.
E non parlo della cortesia del personale, la cui recitazione forse andrebbe messa ulteriormente a punto per non apparire accademica, ma del cibo che non faccio fatica a definire spettacolare, cioè ammirevole.
L'osteria ha una carta giustamente limitata, che punta su un prodotto principale - la carne di manzo - e non offre più di cinque piatti per portata, ha una cantinetta discreta ma con qualche colpo di biologico sorprendente e prezzi perfettamente calibrati su ciò che sanno e possono fare.
Antipasti e primi sui 9 € e secondi - carni alla griglia e poche cose di minima elaborazione - dei quali si paga la materia.
Si può anche optare per un menù incentrato sulla fiorentina, con annessi antipasto, contorno, acqua e vino, dal costo assolutamente irrisorio per due persone.
Accompagnati da un dolcetto d'Alba DOC Corino che non la manda a dire in fatto di corpo e armonia, apriamo il sipario.
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domenica 10 novembre 2013
Groupon Adventures: da Franz si fa sul serio
L'offerta Groupon di qualche mese fa mi stupì: non credevo che un posto simile avesse bisogno di un'operazione-lancio.
Il menù, imperniato attorno a una fiorentina di scottona pura, poi, era evidentemente lontano dalle corde consuete del locale.
Risultato?
Una delle migliori cene Groupon, in termini di rapporto qualità-prezzo, e la felice sorpresa di una nuova gestione d'impronta sicula, ma con occhio aperto a ogni possibilità.
Andiamo con ordine.
L'offerta Groupon, insieme al chilo e duecento di fiorentina di scottona, comprende anche un tagliere di salumi e un finale dolcemente siciliano, accompagnati da Barbera Vinchio Vaglio Serre e Marsala.
Il locale è curiosamente realizzato proprio in un cortile di Via Previtali, in piena Bergamo, impreziosito da una vetrata che ovviamente nelle belle stagioni dà il meglio di sé.
Il successo dell'offerta è stato finora notevole, come si può constatare leggendo i pareri e i commenti online, e anche ieri sera c'era un tripudio di fiorentine e di allegria di commensali.
sabato 9 novembre 2013
La patata di Martinengo: gnocchi a Km 0
Una patata NON è solo una patata.
Le distorsioni del commercio ci spingono a pensare alle patate come qualcosa di poco conto, e invece chiunque viva nella provincia di Bergamo dovrebbe sentirsi il più fortunato consumatore di tuberi al mondo.
Perché a Martinengo, l'azienda agricola Gatti produce quelle che sono riconosciute come le migliori patate di tutto lo stivale italico, e scusate se è poco.
La patata: quando facciamo la spesa, siamo portati a considerarla come il prodotto di minor valore, sebbene estremamente duttile e nutriente, per questo non ci facciamo neanche più caso.
E qui sta la fregatura: perché pagare pochissimo un prodotto senza curarsi della sua qualità, visto che lo stesso prodotto, anche a livelli di qualità stellari, come le patate Gatti di Martinengo, costa comunque poco?
Il mio primo impatto con le patate di quest'azienda è avvenuto all'insegna del famolo strano, con la patata Viola del benessere, che ha sentori di bosco, castagne, nocciole, e il cui colore è provocato dalle antocianine che hanno altissimi poteri antiossidanti.
La patata di Martinengo per antonomasia, quella che ha ricevuto la sigla di prodotto a Denominazione Comunale e che è protagonista dell'omonima sagra, è quella a pasta bianca.
Io però da quando ho fatto questo felice incontro, ho il chiodo fisso dello gnocco.
E lo gnocco, con le patate rosse - quelle di Gatti sono le Rosse Delizie - viene in modo spettacolare.
Lo gnocco di patata è croce e delizia di chi ama cucinare, ma con questa patata la riuscita è praticamente garantita.
E non sto parlando della ricetta più diffusa - persino sul sito dell'azienda Gatti - e che prevede l'uso di uova, no.
Per me lo gnocco ancestrale, l'Ur-gnocco - oserei dire - è quello senza uova, con solo patate e farina.
Farina?
Poca, molto poca, non più di un quinto del peso delle patate.
Per molte massaie - ma ce ne sono ancora? - non è un'impresa, per tanti altri neofiti invece la disperazione per lo gnocco che si sfalda nell'acqua è come una spada di Damocle.
Inoltre, le dosi sono sempre difficili da calcolare, e così o se ne fanno troppo pochi-pochissimi, o addirittura avanzano a dismisura, e si è costretti a farne scorpacciate per giorni.
Se seguirai queste semplici istruzioni, ti garantisco la piena riuscita dei tuoi gnocchi, persino con patate normali trovate in un qualunque rivenditore.
Ma se vuoi davvero andare oltre, e scoprire quanta virtù si cela nell'ortaggio più umile del mondo, allora non avere dubbi: falli con le patate di Martinengo.
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domenica 3 novembre 2013
Gourmet in trasferta: da Cianci, la vera piola torinese
In quel triangolino incantevole di largo IV Marzo a Torino c'è un'osteria, anzi, una piola la cui fama è inversamente proporzionale alle sue ridottissime dimensioni.
Siamo da Cianci, là dove Torino si fa più antica e le grandi scenografie risorgimentali lasciano il posto ai mattoni del medioevo, nel bel mezzo del tracciato romano.
Siamo nella definizione vivente della parola piemontese piola, l'osteria dove si esce più pesanti di quando ci si entra, visto che si mette su tanto cibo e si lasciano giù pochissimi soldin.
Dire che sia affollato non rende l'idea, e ad alcuni tavoli, sia all'interno che nell'improvvisato dehors stradale, ci si sgomita non di rado.
In compenso, ti servono con solerzia, senza mai valicare il confine tra la rapidità e il metterti fretta.
Le lavagne sul muro annunciano i piatti del giorno, che ruotano sempre attorno a pochi ma garantiti capisaldi di cucina popolare e tradizionale, e soprattutto non sforano nel prezzo, dai 4 ai 6 € a piatto, secondo la portata.
Siamo da Cianci, là dove Torino si fa più antica e le grandi scenografie risorgimentali lasciano il posto ai mattoni del medioevo, nel bel mezzo del tracciato romano.
Siamo nella definizione vivente della parola piemontese piola, l'osteria dove si esce più pesanti di quando ci si entra, visto che si mette su tanto cibo e si lasciano giù pochissimi soldin.
Dire che sia affollato non rende l'idea, e ad alcuni tavoli, sia all'interno che nell'improvvisato dehors stradale, ci si sgomita non di rado.
In compenso, ti servono con solerzia, senza mai valicare il confine tra la rapidità e il metterti fretta.
Le lavagne sul muro annunciano i piatti del giorno, che ruotano sempre attorno a pochi ma garantiti capisaldi di cucina popolare e tradizionale, e soprattutto non sforano nel prezzo, dai 4 ai 6 € a piatto, secondo la portata.
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lunedì 28 ottobre 2013
Pizza e fichi, mica ostriche!
In genere si dice il contrario, ostriche - cioè roba prelibata - mica pizza e fichi - intendendo un cibo di scarso valore.
Ma il gusto, quando è buono, non conosce il portafoglio, così anche pizza e fichi può ascendere al trono di prelibatezza.
Si tratta di una preparazione con molti pregi, tra i quali:
- semplicità: solo due elementi, la pasta di pane o di pizza e i fichi
- versatilità: il fico si sposa sia col dolce che col salato
- gamma: sia che si scelga la strada zuccherina che quella salina, le possibilità sono infinite, con formaggi e salumi da una parte, e cioccolato e creme dall'altro
Va bene con qualsiasi impasto, anche se per il carattere rustico ho preferito una pasta con una certa dose di integrale, più profumata e grossolana sotto i denti.
Ma ci si può sbizzarrire...
domenica 27 ottobre 2013
Groupon Adventures: al Titty Twister pizza e brividi
Anche se non c'è Salma Hayek nelle s-vesti di Santanico Pandemonium, e nemmeno il banditore di passere all'ingresso - sostituito da una fanciulla con un abito lungo solo un terzo della sua altezza - l'idea di rifare il Titty Twister resta comunque molto divertente.
Così, a Carobbio degli Angeli, chiunque abbia amato From dusk till dawn - Dal tramonto all'alba, scritto e interpretato da Tarantino e girato dal suo amico Rodriguez, può rivivere il brivido di mettere piede nel locale messicano che, al calar del sole, si trasforma nel più schifoso covo di vampiri assetati di sangue umano.
Tra l'altro il film, a dispetto del suo taglio volutamente tendente al trash, ha un cast da paura, da Clooney ad Harvey Keitel, da Juliette Lewis alla magica apparizione appunto della Hayek.
Con Groupon ci si va per una pizza all you can eat, anticipata da focaccia e tagliere e seguita da finale dolce.
Bottiglia di vino o birra?
Con la pizza è quasi obbligatorio scegliere la seconda, mentre ammiriamo le varie sezioni del locale, che riproducono i diversi ambienti mostrati nel film.
A proposito di film, sullo schermo che penzola dal soffitto, il film viene mandato a ripetizione, e quando cominciano ad arrivare le portate, Santanico/Salma-Pandemonium/Hayek è appena saltata sulle spalle di Richard/Quentin-Gecko/Tarantino per staccargliene un pezzo.
Locale giovanile, si direbbe, ma in realtà c'è gente di ogni età, e poi il film è arrivato in Italia più di quindici anni fa, per cui quei giovani - tra i quali io - oggi col giovanile hanno qualche misura da prendere.
sabato 26 ottobre 2013
Cucinare secondo le stagioni: fino all'ultimo fico
Proprio questa settimana si è celebrata la giornata mondiale della pasta, che per noi italiani rappresenta un simbolo del nutrimento, la quintessenza dell'alimentazione.
Aggiungiamoci che in Italia si produce la tipologia di pasta più buona dell'universo, quella di Gragnano, che ha ottenuto ufficialmente la IGP da una settimana, e che si può trovare presso questi pastifici.
Ma questi sono anche i giorni di un autunno altalenante che ancora regala parecchie giornate di sole caldo.
Un caldo che ha reso gli ultimi fichi capaci di regalare dolcezze inusitate, che non ci si può lasciar scappare.
Il fico è un frutto benedetto, perché basta avvolgerlo in un salume profumato, o accarezzarlo con un buon formaggio, o ancora appoggiarlo su una fetta di pane casereccio, e non ce n'è per nessuno.
Per chi vuole fare ulteriori passi sulla strada del gusto dei fichi, ci si può lanciare nell'universo degli abbinamenti con la pasta.
Col fico si può lavorare per assonanza - dolce con dolce, per esempio con peperoni - o per contrasto - dolce e salato, accoppiandolo con le creature e i prodotti del mare - o ricorrere ad abbinamenti più sicuri e testati, quindi salumi e formaggi.
In questo piatto il fico è sostenuto da ricotta e noci, secondo concordanza, e contrastato da pomodoro secco e bottarga di muggine, per esaltarne le peculiarità.
Ma la pasta dev'essere ottima...
domenica 20 ottobre 2013
Groupon Adventures: pizza-evento a La Muratella
Sulla strada statale Francesca, alle porte di Cologno al Serio, nel XVI secolo i conti Medolago fecero erigere una delle tante perle che ebbero cura di disseminare nella provincia bergamasca: l'antico borgo la Muratella.
Dopo mezzo millennio circa, La Muratella oggi si staglia imponente con la sua vocazione verso il turismo, il banqueting, le attività congressuali e la ristorazione.
Insieme a molte altre ville e dimore storiche di questa fetta lombarda, costituisce la flotta armata di San Lucio Events, che la famiglia Tallarini da più di mezzo secolo dirige con piglio sicuro.
Tallarini vuol dire vino, vuol dire alta cucina da stelle e forchette, e vuol dire ristorazione in cornici da sogno, e io che ho visitato più volte le loro sedi e preso parte alle loro iniziative, non volevo farmi mancare l'ultima.
L'offerta arriva via Groupon, annunciando pizza gourmet con ingredienti DOP, preceduta da benvenuto e antipasto, chiusa da dessert e caffè, con l'accompagnamento di birra o vino dell'azienda.
Pizza gourmet è oggi quasi una denominazione di origine, coniata per la nuova ondata della pizza italiana contemporanea, partita dal Veneto e diffusasi in tutto lo stivale grazie alle attività di formazione del Molino Quaglia (a proposito: chi volesse assaggiare pizze gourmet nel circondario bergamasco, che io ho già sperimentato, può andare a Bergamo, a Cividate al Piano o scendere fino a Campagnola Cremasca).
Qui invece il carattere gourmet s'intende frutto di ingredienti che si annunciano selezionati.
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sabato 12 ottobre 2013
Il mare nel bosco
Mare e monti o terra e mare, comunque lo si voglia dire, è un abbinamento che nella cucina italiana dà vita soprattutto a condimenti per la pasta.
Volgarmente, funghi e frutti di mare sono spesso considerati, nei rispettivi regni, degli equivalenti, come se questo fosse il motivo della loro concordanza in termini di abbinamento.
La ragione invece sta nella mineralità e a volte persino nella dolcezza che alcuni prodotti della terra e del mare possono far sposare.
Credo però che l'apprezzamento migliore per questo incontro tra i due mondi richieda la rinuncia alla pasta, per far emergere al meglio le qualità degli ingredienti, facendoli ascendere a protagonisti.
Così, in questo gioco molto gustoso tra gamberi e salicornia da una parte, e lenticchie e castagne dall'altra, si crea un intrigante chiasmo, laddove lenticchie e salicornia costituiscono il polo salino-minerale, mentre gamberi e castagne declinano ciascuno a suo modo il dolce.
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martedì 8 ottobre 2013
Groupon Adventures: a Tokio, via Corte Franca
Arrivando al lago d'Iseo dal versante bresciano, subito dopo Erbusco, si approda a Corte Franca con le sue torbiere, dalle quali prende nome un grosso centro commerciale nel quale si cela il ristorante giapponese Tokio.
Groupon ce lo fa conoscere con quest'offerta, snidando in piena Franciacorta un piccolo locale dove gustare sushi, sashimi e tutto l'armamentario della cucina giapponese sdoganata qui da noi.
La suddetta cucina ha dovuto aspettare il terzo millennio per diffondersi lungo lo stivale, a differenza di quella cinese che noi consideriamo sua sorella ma che in realtà non le è neanche lontana parente.
Un po' come se un cinese o un nipponico considerassero la cucina italiana e quella francese due varianti di una stessa roba, cosa che farebbe rabbrividire sia noi che gli amati-odiati cugini d'oltr'alpe.
Certo, chi commistiona i cinesi e i giapponesi non ha sempre tutti i torti, visto che molti ristoranti cinesi propongono anche piatti di tradizione giapponese, o che al posto di parecchi ex cinesi sono sorti neo-giapponesi, o ancora che certi piatti se li rimpiattano a vicenda per incontrare il gusto di noi occidentali.
Il ristorante Tokio, senza troppi fronzoli e ben conscio del tipo di pubblico che circola nel centro commerciale, propone il molto efficace kaiten sushi, ovvero il nastro trasportatore con i piattini di sushi e quant'altro, e alcuni menù a prezzi che mettono in difficoltà anche il più resistente alle tentazioni.
Groupon ce lo fa conoscere con quest'offerta, snidando in piena Franciacorta un piccolo locale dove gustare sushi, sashimi e tutto l'armamentario della cucina giapponese sdoganata qui da noi.
La suddetta cucina ha dovuto aspettare il terzo millennio per diffondersi lungo lo stivale, a differenza di quella cinese che noi consideriamo sua sorella ma che in realtà non le è neanche lontana parente.
Un po' come se un cinese o un nipponico considerassero la cucina italiana e quella francese due varianti di una stessa roba, cosa che farebbe rabbrividire sia noi che gli amati-odiati cugini d'oltr'alpe.
Certo, chi commistiona i cinesi e i giapponesi non ha sempre tutti i torti, visto che molti ristoranti cinesi propongono anche piatti di tradizione giapponese, o che al posto di parecchi ex cinesi sono sorti neo-giapponesi, o ancora che certi piatti se li rimpiattano a vicenda per incontrare il gusto di noi occidentali.
Il ristorante Tokio, senza troppi fronzoli e ben conscio del tipo di pubblico che circola nel centro commerciale, propone il molto efficace kaiten sushi, ovvero il nastro trasportatore con i piattini di sushi e quant'altro, e alcuni menù a prezzi che mettono in difficoltà anche il più resistente alle tentazioni.
lunedì 7 ottobre 2013
Un dolce per Romano: vince la semplicità
Chissà che cosa si prova a essere l'inventore del dolce ufficiale della propria città, a superare una trafila di mesi per emergere su altri ottanta concittadini agguerriti, tutti in gara per aggiudicarsi l'onore di regalare a Romano di Lombardia l'invenzione che ne porterà il nome e l'immagine sulle tavole di tutta la provincia di Bergamo.
sabato 5 ottobre 2013
Cucinare secondo le stagioni: sinfonia (di gnocchi) d'autunno
Dopo la prima settimana d'autunno, nella quale l'estate ha continuato a fare l'ospite, qui nella bergamasca tutto s'è fatto plumbeo, come a volerti ricordare che ormai è tempo di melograno, cachi, castagne, cavoli d'ogni sorta, uva, funghi e soprattutto zucca.
Zucca che si presta a una miriade di preparazioni, tra le quali gli gnocchi che io amo fare con tecnica molecolare, sia perché sono più sicuri sia perché adoro il modo in cui si sciolgono sotto il palato.
Sebbene abbia già spiegato qui come farli, ripeterò la procedura, per questa versione molto calorosa, con fonduta di un Parmigiano di oltre trenta mesi e la coppa piacentina sapida e croccante.
domenica 22 settembre 2013
Tiriamoci sushi: Ichiban il migliore
Sul confine tra la città bassa e quella alta, là dove via Pignolo s'incammina verso la vetta, il ristorante giapponese Ichiban sta vivendo la sua stagione di successo.
Definirlo il migliore non è solo un gioco di parole, perché sebbene questo sia almeno uno dei significati della parola ichiban, di fatto è uno dei migliori locali di sushi qui a Bergamo e dintorni.
A prima vista, la sfilza di ristoranti di cucina giapponese - sushi, sashimi, tempura e piastra - sembrano uniformarsi, persino nelle tariffe, visto che tutti propongono formule all you can eat dai costi equivalenti.
Eppure, non si tratta di piatti sempre uguali, perché c'è in gioco un importantissimo fattore: la freschezza.
Freschezza della materia prima, certo, ma anche freschezza della preparazione.
Il nigiri sushi o i maki preparati al momento sono nettamente differenti da quelli che vengono nastrotrasportati nei kaiten, e qui da Ichiban il kaiten non c'è, perciò ogni piatto viene assemblato all'uopo.
Così, per un comodo all you can eat da 18 € senza distinzioni di sesso o fastidiosi virgola novantanove centesimi ecco che cosa può sfilare sul vostro tavolo.
Definirlo il migliore non è solo un gioco di parole, perché sebbene questo sia almeno uno dei significati della parola ichiban, di fatto è uno dei migliori locali di sushi qui a Bergamo e dintorni.
A prima vista, la sfilza di ristoranti di cucina giapponese - sushi, sashimi, tempura e piastra - sembrano uniformarsi, persino nelle tariffe, visto che tutti propongono formule all you can eat dai costi equivalenti.
Eppure, non si tratta di piatti sempre uguali, perché c'è in gioco un importantissimo fattore: la freschezza.
Freschezza della materia prima, certo, ma anche freschezza della preparazione.
Il nigiri sushi o i maki preparati al momento sono nettamente differenti da quelli che vengono nastrotrasportati nei kaiten, e qui da Ichiban il kaiten non c'è, perciò ogni piatto viene assemblato all'uopo.
Così, per un comodo all you can eat da 18 € senza distinzioni di sesso o fastidiosi virgola novantanove centesimi ecco che cosa può sfilare sul vostro tavolo.
domenica 15 settembre 2013
Groupon Adventures: a spasso nel XVI secolo
Siamo a Pudiano, vicino Gerolanuova, nell'ampia orbita del comune di Orzinuovi.
Nella struttura di un'antica cascina, il ristorante XVI Secolo già da qualche anno diceva la sua, con serate che strizzavano l'occhio al territorio in termini di vino e carne e la presenza in veste di ospiti di noti esponenti del settore.
Il cambio di gestione è recente, e il nuovo corso sembra puntare con grande insistenza sul mare e i suoi prodotti.
All'insegna di questa intenzione, arriva anche l'offerta Groupon per un menù di quattro portate con il mare a fare da dominante.
La location è suggestiva e forse di giorno regala emozioni ancora più intense, e il locale al nostro arrivo è quasi pieno di persone che - questa è l'impressione - sono venute qui con il preciso scopo di ordinare carni alla griglia o sontuose catalane di crostacei.
Il menù dell'offerta ricalca in parte alcune delle portate proposte in lista, e comunque è in linea con la tipologia di piatti alla carta.
Nella struttura di un'antica cascina, il ristorante XVI Secolo già da qualche anno diceva la sua, con serate che strizzavano l'occhio al territorio in termini di vino e carne e la presenza in veste di ospiti di noti esponenti del settore.
Il cambio di gestione è recente, e il nuovo corso sembra puntare con grande insistenza sul mare e i suoi prodotti.
All'insegna di questa intenzione, arriva anche l'offerta Groupon per un menù di quattro portate con il mare a fare da dominante.
La location è suggestiva e forse di giorno regala emozioni ancora più intense, e il locale al nostro arrivo è quasi pieno di persone che - questa è l'impressione - sono venute qui con il preciso scopo di ordinare carni alla griglia o sontuose catalane di crostacei.
Il menù dell'offerta ricalca in parte alcune delle portate proposte in lista, e comunque è in linea con la tipologia di piatti alla carta.
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lunedì 9 settembre 2013
Gourmet in trasferta: la pizza più buona d'Italia
Tra un mese Pepe in grani compie un anno, lasso di tempo che ha consacrato attualmente Franco Pepe - che una telecamera al piano superiore incornicia mentre lavora - come il re assoluto della pizza, napoletana e italiana.
Io sono solo l'ultimo a sottoscrivere questo giudizio, dopo tutta la sfilza di critici autorevoli e non, che per tutto il 2012-2013 hanno raccontato il trionfo di questo artigiano del gusto, insignito quest'anno del titolo di maestro dell'impasto e fregiato dai tre spicchi del Gambero Rosso.
Ovviamente, il carattere iperbolico dell'affermazione serve più che altro a fare da titolo ai post, perché per fortuna Franco Pepe in Campania il primo posto se lo gioca alla pari con qualche altro, segno di una tradizione mai superata nella storia della pizza.
Inoltre, la pizza napoletana - a differenza di quella gourmet che a volte appare uguale anche a centinaia di chilometri di distanza, pur essendo buona - risente ancora di tutte le oscillazioni di qualunque prodotto artigianale, per cui è più importante individuare i maestri, in grado di prepararti sempre e comunque una pizza di un certo standard, che stilare classifiche effimere sui prodotti, giusto per attirare attenzione.
Altrettanto vero che chiunque assaggi un morso dell'impasto di Franco Pepe vivrà la stessa esperienza di Neo in Matrix quando Morpheus gli rivela la verità sul mondo circostante, ovvero tutte (o quasi) le pizze mangiate fino a quel momento erano una pallida imitazione di ciò che può essere questa specialità preparata da chi sa farlo.
Come farà l'impasto a uscire così morbido, color del sole, da un forno di quattrocento gradi, e quale formula magica adotterà quest'uomo per far sì che gli spicchi di pizza si volatilizzino sotto il palato?
Stregoneria - del resto, pur se in provincia di Caserta, siamo al confine col beneventano - o passione smodata di un pizzaiolo che ama fare così bene il proprio lavoro da avere il coraggio di lasciare la premiata pizzeria di famiglia nello stesso paese, per aprire il suo locale, dove dar vita alla sua visione di ristorazione, di cura del cliente, di ricerca di materie e prodotti?
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domenica 1 settembre 2013
A Caravaggio si sta in Allegra Compagnia
La spassosissima tovaglietta che addobba la tavola dell'Allegra Compagnia di Caravaggio è un campionario di epiteti e sfottò in puro dialetto orobico, che persino per gli autoctoni è ormai come un relitto del passato.
Con l'aiuto di questo testo gli amanti dell'idioma bergamasco possono aiutarsi a tradurre tutti i termini tra i quali spiccano - per l'assonanza con la sfera del mangiare le voci macarù, cioè uomo dappoco, maia-méche, mangia michette, e maia ure, il tipico imboscato sul lavoro.
Location preziosa, eleganti tavoli di legno e nello stesso tempo un'atmosfera e un servizio ora familiare e ora alla mano che rendono confortevole la visita di questo locale.
Molti lo ricordano nella sua veste di pizzeria, io stesso l'ho conosciuto tempo fa tramite una fiorentina da sballo, ma Allegra Compagnia vuol essere trattoria e ristorante vocata all'ottimo rapporto qualità-prezzo e alla fidelizzazione del cliente, al quale si cerca di lasciare il miglior ricordo possibile.
Da una cantinetta approntata settimana dopo settimana sulla base dell'andamento delle vendite - senza tanti grilli enologici per la testa - estraiamo un Cab Franc Colli Berici che va molto oltre le aspettative e che acquista in termini di complessità col passare del tempo dopo l'apertura.
Pani, grissini e focaccia - sciocca - completano l'accoglienza, mentre leggiamo il menù del giorno che reca sempre una specialità locale, in questo caso la gallina ripiena.
domenica 25 agosto 2013
Se n'è andato Luigi Iorio Esposito, maestro della pizza
Apprendo adesso per puro caso della morte di Luigi Iorio Esposito e il cordoglio è immediato.
Pochi mesi fa, esattamente nel marzo 2013, mi aveva concesso amichevolmente una piacevole mattinata in sua compagnia, per raccontarmi l'immenso amore e impegno profuso per tutta la vita verso la pizza.
Questo stesso blog è nato dopo l'entusiasmo per una visita alla sua pizzeria di Martinengo e da allora l'ho voluta intendere come una benedizione, e proprio per questo ho cercato di incontrarlo per festeggiare con lui un anno della mia avventura nel food blogging.
Non mi fa affatto piacere che quell'incontro e il post che ne seguì valgano adesso come riassunto della sua professione e della sua persona.
Quella pizza magistrale, dall'impasto a lunga lievitazione, col cornicione alto, napoletana come neanche il disciplinare STG riesce a descrivere, lui la sapeva fare come pochi al mondo.
E il mondo se n'era accorto da diverso tempo, sommergendolo di premi e riconoscimenti che mai nessun pizzaiolo è riuscito a mettere insieme tutti tra le sue mani (ecco il resoconto dell'Eco di Bergamo).
Qui nella bergamasca, gli amanti della pizza sanno che cosa può significare questa perdita, anche se devono essergli grati ancora una volta, per aver insegnato a chi lavorava con lui - al genero Pierpaolo in primis - come continuare a fare una delle migliori pizze del pianeta.
Ai bambini si racconta che chi muore va in cielo, e questo racconto a Luigi sarebbe piaciuto senz'altro, vista la sua passione immensa per il cosmo e le stelle, che a volte si divertiva a raffigurare come costellato di pizze luminescenti e che più spesso osservava di notte.
Grazie, don Luigi, e in bocca al lupo al Galletto d'Oro al quale lasci la tua magistrale eredità...
Pochi mesi fa, esattamente nel marzo 2013, mi aveva concesso amichevolmente una piacevole mattinata in sua compagnia, per raccontarmi l'immenso amore e impegno profuso per tutta la vita verso la pizza.
Questo stesso blog è nato dopo l'entusiasmo per una visita alla sua pizzeria di Martinengo e da allora l'ho voluta intendere come una benedizione, e proprio per questo ho cercato di incontrarlo per festeggiare con lui un anno della mia avventura nel food blogging.
Non mi fa affatto piacere che quell'incontro e il post che ne seguì valgano adesso come riassunto della sua professione e della sua persona.
Quella pizza magistrale, dall'impasto a lunga lievitazione, col cornicione alto, napoletana come neanche il disciplinare STG riesce a descrivere, lui la sapeva fare come pochi al mondo.
E il mondo se n'era accorto da diverso tempo, sommergendolo di premi e riconoscimenti che mai nessun pizzaiolo è riuscito a mettere insieme tutti tra le sue mani (ecco il resoconto dell'Eco di Bergamo).
Qui nella bergamasca, gli amanti della pizza sanno che cosa può significare questa perdita, anche se devono essergli grati ancora una volta, per aver insegnato a chi lavorava con lui - al genero Pierpaolo in primis - come continuare a fare una delle migliori pizze del pianeta.
Ai bambini si racconta che chi muore va in cielo, e questo racconto a Luigi sarebbe piaciuto senz'altro, vista la sua passione immensa per il cosmo e le stelle, che a volte si divertiva a raffigurare come costellato di pizze luminescenti e che più spesso osservava di notte.
Grazie, don Luigi, e in bocca al lupo al Galletto d'Oro al quale lasci la tua magistrale eredità...
Peccati carnali: una picanha in Anteprima
Da una cena di lavoro della mia metà mi giunge voce di un'eccezionale grigliata di carne nel neonato Anteprima di Ghisalba.
Ignaro sugli orari, ho anche provato ad andarci in una domenica di luglio trovandolo inesorabilmente chiuso, ma lasciando aperto il desiderio di provare.
Poiché di peccati carnali veri è un po' che non ne commetto, mi è sembrata una buona occasione per macchiare di nuovo la mia anima carnivora.
In realtà, Anteprima si propone come pizza-brace-restaurant-aperitif-afterdinner e ognuna delle sue facce sta avendo un certo successo.
Però non è di pranzi di lavoro dal prezzo sorprendente o di formule neologistiche come l'apericena che voglio parlare.
Mi interessa la ciccia e non le offerte allettanti, soprattutto per l'entusiasmo con cui mi è stata descritta.
Ignaro sugli orari, ho anche provato ad andarci in una domenica di luglio trovandolo inesorabilmente chiuso, ma lasciando aperto il desiderio di provare.
Poiché di peccati carnali veri è un po' che non ne commetto, mi è sembrata una buona occasione per macchiare di nuovo la mia anima carnivora.
In realtà, Anteprima si propone come pizza-brace-restaurant-aperitif-afterdinner e ognuna delle sue facce sta avendo un certo successo.
Però non è di pranzi di lavoro dal prezzo sorprendente o di formule neologistiche come l'apericena che voglio parlare.
Mi interessa la ciccia e non le offerte allettanti, soprattutto per l'entusiasmo con cui mi è stata descritta.
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sabato 24 agosto 2013
Groupon Adventures: che Oktoberfest sia!
La prima pioggia seria che annuncia il declino dell'estate ci coglie tra Scanzo Rosciate e Villa di Serio, proprio davanti a un pub con la P maiuscola che difende la sua immagine cristallizzata e resiste ai cambiamenti epocali.
L'Oktoberfest, i tavoli di legno, persone vere che preparano al momento tutto, avventori al bancone con l'atteggiamento di chi si sente come in una seconda casa, tutto fa capire che questo pub conserva un valore affettivo prima ancora di dar da bere e mangiare, per chi ci va.
Con Groupon l'offerta è ultravantaggiosa, tra flute di benvenuto, mega antipasto, galletto con patate e pretzel - o bratzel, come vi pare - e un litro di birra alla spina per due persone, e il galletto in realtà è in formula all you can eat, per cui si potrebbe anche continuare a mangiarne fino a lasciarci le penne.
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venerdì 23 agosto 2013
Storie sul cibo, tra verità e leggenda
Prendo spunto dalla notizia del giorno in campo gastronomico: il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, si è attivato per chiedere il riconoscimento di Specialità Tradizionale Garantita al Tiramisù come prodotto tipico di Treviso.
La notizia naturalmente ha generato reazioni diverse, nel mondo degli appassionati e degli addetti ai lavori, compresa la mia nel commentare su alcuni blog il fatto.
Ma non è dell'iniziativa di Zaia in sé che voglio parlare, bensì dell'affascinante fenomeno delle storie e leggende sul cibo, la cui complessità merita grande attenzione e spesso richiede strumenti filologici e storici di grande spessore.
Come espressione diretta del vivere umano, la storia del cibo, come quella delle persone, va soggetta agli stessi rischi di falsificazione e alla necessità di revisioni attente.
Tuttavia, ritenendo il cibo qualcosa di meno serioso di altre faccende, nella storia dei piatti c'è molto più spazio per il leggendario.
A volte, questo leggendario non risale affatto a secoli addietro, bensì viene costruito ad arte per motivi propagandistici.
La notizia naturalmente ha generato reazioni diverse, nel mondo degli appassionati e degli addetti ai lavori, compresa la mia nel commentare su alcuni blog il fatto.
Ma non è dell'iniziativa di Zaia in sé che voglio parlare, bensì dell'affascinante fenomeno delle storie e leggende sul cibo, la cui complessità merita grande attenzione e spesso richiede strumenti filologici e storici di grande spessore.
Come espressione diretta del vivere umano, la storia del cibo, come quella delle persone, va soggetta agli stessi rischi di falsificazione e alla necessità di revisioni attente.
Tuttavia, ritenendo il cibo qualcosa di meno serioso di altre faccende, nella storia dei piatti c'è molto più spazio per il leggendario.
A volte, questo leggendario non risale affatto a secoli addietro, bensì viene costruito ad arte per motivi propagandistici.
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domenica 4 agosto 2013
Dessert mania: lemon curd, ricchezza dei poveri
Tutti a dire che fa tanto british questa storica cremina che esalta gli scones o i muffins e persino il pane accanto al tè del pomeriggio.
Sarà per i limoni di Sorrento eccezionali che mi sono trovato tra le mani ma a me, più che a un salotto in broccato con teiera d'argento, viene da associarla a casette bianche stagliate sull'azzurro mare sotto l'ombra ramificata delle propaggini di una limonaia.
Ce l'ha insegnato Montale che i limoni e il loro odore sono a noi poveri la nostra parte di ricchezza, e il nostro paese per fortuna di questa pianta ne è pieno e può esserne orgoglioso.
Altro che Atlantico, per me il o la lemon curd - che dir si voglia - sa solo di Mediterraneo, e non a caso la crema che i salentini usano per i pasticciotti somiglia moltissimo a questo dessert inglese, quando addirittura non vi coincide.
Non è una crema pasticcera anche se è facile confonderle, ma la mancanza del latte, la bassissima percentuale di amido - e c'è chi non lo mette nemmeno - e la presenza decisa del succo e della buccia del limone marcano una differenza che una volta misurata non si dimentica più.
Si sposa alla grande con basi di pasta frolla o sfoglia - io avevo dei cestini già pronti, infatti - ed esiste una famosa torta anglo-americana, farcita con lemon curd e coperta di meringa - lemon meringue pie - che solo a pensarci mi fa sollevare da terra dal piacere.
Va da sé che senza limoni degni di questo nome è meglio farsi una normale crema e rimandare a quando potrai procurarti gli agrumi giusti.
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venerdì 2 agosto 2013
Pizza Tour: oh, che bel Castello...
Da settimane penso a questo Pizza Tour dedicato alla nuova pizza italiana contemporanea, detta anche pizza-gourmet, e cerco di incastrare i vari impegni per visitare al più presto la pizzeria Al Castello di Cividate al Piano.
Chi è di queste parti lo sa: nel fine settimana non accettano prenotazioni e in genere c'è una fila mostruosa.
E questo non è frutto del successo ulteriore che la pizzeria sta avendo dopo le sue esperienze con le iniziative del Molino Quaglia, come PizzaUp e l'Università della pizza.
Tutti sanno che Al Castello la pizza è tra le migliori della bergamasca.
Una pizza di fattura non napoletana, molto stesa e ampia, che la cottura rende croccante nel bordo ma che ha gusto e fragranza uniche, perché evidentemente si curano dell'impasto come pochi da queste parti.
Almeno questo era il mio ricordo, perché ci mancavo da una decina d'anni.
Sapere che questa pizzeria si era messa in gioco con le farine Petra e tutto il resto mi incuriosiva terribilmente.
Faranno come Luca Mariani che punta tutto sulla pizza gourmet e ne ha fatto proprio il modello pizza-alta-in-teglia-con-ingredienti-pregiati (modello attribuibile a Padoan de I Tigli di San Bonifacio, che insegna anche nella suddetta università), o cercheranno una sintesi tra la loro tradizione e l'innovazione proposta dagli autori del Manifesto della pizza italiana contemporanea, come cerca di fare in modo coraggioso e anche rischioso Nasti a Bergamo?
Al Castello non ha sito internet, per cui devo affidarmi a quanto leggo da recensioni sparse.
Sembra abbiano semplicemente affiancato alla lista di pizze tradizionali una lista di pizze secondo il modello Petra, e questa cosa mi lascia ancor più curioso, perché non capisco se sia una tattica attendista prima di proporre una lista unica o se loro credano fermamente che è il caso di tenere distinte le due cose, sia per ragioni romantiche - conservare comunque la tradizione del locale - sia per ragioni economiche, cioè per non sconvolgere le abitudini della clientela abituale.
Facendo queste riflessioni con la mia metà, mentre da Calcinate andiamo a Cividate tagliando per Mornico, decidiamo salomonicamente che se davvero troveremo due liste distinte ordineremo una pizza della tradizione e una dell'innovazione, per poi suonare il gong del match all'ultimo spicchio.
Una volta nel locale, ovviamente pieno, stabiliamo di bere una Dominus triple e poi ci tuffiamo nella scelta delle pizze.
Infatti, i due elenchi sono separati, le pizze tradizionali nel menù generale del ristorante, quelle gourmet in una lista che cerca di occultare il marchio Petra ma che ne reca lo slogan in copertina - dove la farina diventa arte - e ovviamente ha prezzi più alti in nome della qualità dell'impasto e degli ingredienti di farcitura.
Chi è di queste parti lo sa: nel fine settimana non accettano prenotazioni e in genere c'è una fila mostruosa.
E questo non è frutto del successo ulteriore che la pizzeria sta avendo dopo le sue esperienze con le iniziative del Molino Quaglia, come PizzaUp e l'Università della pizza.
Tutti sanno che Al Castello la pizza è tra le migliori della bergamasca.
Una pizza di fattura non napoletana, molto stesa e ampia, che la cottura rende croccante nel bordo ma che ha gusto e fragranza uniche, perché evidentemente si curano dell'impasto come pochi da queste parti.
Almeno questo era il mio ricordo, perché ci mancavo da una decina d'anni.
Sapere che questa pizzeria si era messa in gioco con le farine Petra e tutto il resto mi incuriosiva terribilmente.
Faranno come Luca Mariani che punta tutto sulla pizza gourmet e ne ha fatto proprio il modello pizza-alta-in-teglia-con-ingredienti-pregiati (modello attribuibile a Padoan de I Tigli di San Bonifacio, che insegna anche nella suddetta università), o cercheranno una sintesi tra la loro tradizione e l'innovazione proposta dagli autori del Manifesto della pizza italiana contemporanea, come cerca di fare in modo coraggioso e anche rischioso Nasti a Bergamo?
Al Castello non ha sito internet, per cui devo affidarmi a quanto leggo da recensioni sparse.
Sembra abbiano semplicemente affiancato alla lista di pizze tradizionali una lista di pizze secondo il modello Petra, e questa cosa mi lascia ancor più curioso, perché non capisco se sia una tattica attendista prima di proporre una lista unica o se loro credano fermamente che è il caso di tenere distinte le due cose, sia per ragioni romantiche - conservare comunque la tradizione del locale - sia per ragioni economiche, cioè per non sconvolgere le abitudini della clientela abituale.
Facendo queste riflessioni con la mia metà, mentre da Calcinate andiamo a Cividate tagliando per Mornico, decidiamo salomonicamente che se davvero troveremo due liste distinte ordineremo una pizza della tradizione e una dell'innovazione, per poi suonare il gong del match all'ultimo spicchio.
Una volta nel locale, ovviamente pieno, stabiliamo di bere una Dominus triple e poi ci tuffiamo nella scelta delle pizze.
Infatti, i due elenchi sono separati, le pizze tradizionali nel menù generale del ristorante, quelle gourmet in una lista che cerca di occultare il marchio Petra ma che ne reca lo slogan in copertina - dove la farina diventa arte - e ovviamente ha prezzi più alti in nome della qualità dell'impasto e degli ingredienti di farcitura.
sabato 27 luglio 2013
Groupon Adventures: Arlecchino lascia il posto a Stenterello
Colline, vigneti: queste due parole non fanno scattare in automatico l'associazione con la Toscana?
E se aggiungo la parola schiacciata?
Non ci sono dubbi, e puoi metterci la mano sul fuoco che stai facendo quattro passi tra Firenze e Siena.
Ma con la serata presso Il Fontanile, tutta all'insegna dei sapori toscani, scopri che non sei in Val di Chiana ma in Val Calepio, e che solo per il piacere di una cena Arlecchino ha lasciato la sua dispensa nelle mani di Stenterello.
Con Groupon, la serata della schiacciata toscana mi permette di tornare nella mastodontica location dei Tallarini, già visitata a marzo, e poterla ammirare d'estate è tutto un'altro discorso, come puoi vedere dal video.
Il programma della serata si basa sulla formula all you can eat, con una sfilza di schiacciate e sapori che esaltano la tipica focaccina toscana che la regione omonima ha indicato come prodotto tipico, nelle versioni di Grosseto e Montiano.
martedì 23 luglio 2013
Il più grande di tutti
Diciamo la verità: questo video sul foodstyling per gli spaghetti al pomodoro in fondo non mostra nulla di disonesto: l'accortezza di lasciare qualche pezzo di pomodoro più grosso - che qui però è preparato a parte solo per l'effetto - e la spennellata di sugo - il pennello per esaltare la bellezza del piatto l'ho visto usare anche da cuochi importanti - di sicuro non peggiorano né adulterano il piatto ma lo innalzano.
Spaghetti al pomodoro: negli ultimi tempi la critica autorevole ne parla come l'unico vero piatto della tradizione non superato e forse insuperabile dalla creatività contemporanea degli chef.
E se Pierangelini lo teneva in carta a cinquantamila lire e inorridiva quando gli veniva chiesto per i bambini, è solo perché - come lui stesso afferma - è un piatto che si prepara amandolo.
Attualmente, tra i grandissimi, Gennaro Esposito ne fa una delle portate inamovibili dalla sua carta, perché dal Vesuvio arrivano forse i migliori pomodorini del mondo.
Però se la stagione è giusta, gli spaghetti al pomodoro vengono bene con i ciliegini, i Pachino, i San Marzano, il piennolo e persino col pomodoro grosso a grappolo.
In fondo, fatta salva la qualità medio-alta delle paste secche italiane, l'unica materia prima di cui curarsi è proprio questo frutto dell'amore: il nome pomo d'oro, infatti, è l'equivalente italiano di love apple, pomme d'amour e Libesapfel.
Un frutto che gli antichi abitanti di Messico e Perù usavano soltanto come pianta ornamentale, e così fu importato in Europa, a mo' dei gerani sul balcone.
Qualcuno dice che l'indigenza indusse qualche meridionale italiano mal messo a provarne la commestibilità e da allora il pomodoro cominciò ad aggraziare carni e pesci.
Perché per la prima menzione degli spaghetti - anzi, vermicelli - al pomodoro bisogna aspettare la metà del XIX secolo a opera di Ippolito Cavalcanti che però ci mette anche la sugna.
Si ritiene erroneamente che ci voglia poco a prepararli, io però ci ho messo in totale quattro ore, non solo per alcuni accorgimenti tecnici, ma soprattutto per la decantazione del desiderio che si trasforma in pensiero immaginativo e infine sfocia in modus operandi.
E non c'è niente da fare: era, è e resterà sempre il più grande di tutti i piatti italiani.
Cucinare secondo le stagioni: cozze e salicornia
Settimana torrida, urgono integratori altamente iodati.
Io credo davvero che la molla istintiva che ci porta a scegliere senza indugio quello che troviamo sul bancone al mercato sia in realtà una spia dell'organismo, il quale sa bene di che cosa ha bisogno.
Perché io al banco pescheria c'ero andato per degli scampi - che ho preso comunque - ma quando sorge a destra un balenìo di cozze, e a sinistra risponde un luccichìo di salicornia, ogni cellula a corto di sali minerali si solleva come in un tumulto, una sommossa, un movimento spontaneo che reclama visibilità.
Sale più sale però rischia l'aggressione al palato - ecco la razionalità che subentra - e inoltre i corpuscoli dei mitili e i rametti di asparago di mare con che cosa li lego?
Così accade che ci si rammenti di quelle ottime falde di peperone già spellate, in una scatola in frigo, per dare dolcezza.
Per non parlare del sacco di patate al buio della cantina, con le quali fare qualcosa che avvolga il tutto.
Quando sai far parlare ogni parte di te, è molto difficile fare una scelta sbagliata.
Così nasce un piatto che fa il giro completo di ogni sapore e ogni consistenza possibile.
sabato 20 luglio 2013
Un gazpacho senza gaffe
A giudicare dalle citazioni sfruttate in film, telefilm e cartoni animati - tra le quali emerge quella di Soul kitchen qui in alto - la gaffe sul gazpacho dev'essere davvero molto diffusa.
Della famosa zuppa spagnola avevo già parlato qui, ma l'estate è il momento migliore per i suoi ingredienti principali - peperone, pomodoro e cetriolo - perciò repetita iuvant.
Il fatto che molte persone equivochino sulla temperatura della zuppa - che si serve fredda freddissima - probabilmente dipende dal suo aspetto capace di innescare preconcetti.
Piatto che non la manda a dire, in fatto di sapore, pare affondi le sue radici nel mondo arabo o addirittura all'antica Roma.
Più probabile che il caldo dell'Andalusia abbia spontaneamente fatto ingegnare chi lavorava la terra sotto il sole, per inventare qualcosa che facesse da nutriente ma anche da integratore.
Il mio gioco, comunque, mette al riparo da qualunque gaffe: gli ingredienti sono assemblati e riconoscibili, conservando la freschezza e il sapore che in questi giorni di calura diventano davvero preziosi.
lunedì 15 luglio 2013
Dessertmania: classicismo e modernità del Tiramisù
Che poi sarebbe stato molto meglio conservare la dizione veneta originale tirame sù, per conferire un vero carattere classico a questo dolce.
Invece si tratta di un'invenzione - geniale, certo - che tutt'al più risale alla seconda metà del secolo scorso.
Almeno così affermano all'antico ristorante Beccherie di Treviso, seppure i gastronomi e i giornalisti non lo registrano prima degli anni ottanta.
Come molte bontà, qualcuno s'è inventato delle origini molto più antiche, addirittura a cavallo tra XVII e XVIII secolo a Siena, parecchio inverosimili data la territorialità del mascarpone e dei savoiardi.
Che cosa può aver innescato la creatività del suo inventore?
I parenti più prossimi sono due: uno tutto italiano, cioè la zuppa inglese emiliano-romagnola, e l'altro la charlotte, nientemeno che sotto la corona britannica.
Il tiramisù - e che lo dico a fare - è il più diffuso e imitato dolce italiano al mondo, e le ragioni sono diverse.
Intanto, dire che è buono non si avvicina neanche minimamente alla realtà.
In secondo luogo, si assembla, non si cucina, per cui lo può fare davvero chiunque.
Terzo, è versatile, perché di fatto è un dolce al cucchiaio, si diffonde come dolce al piatto - da porzionare - ma si presta benissimo a monoporzioni e bicchieri.
Per quanto riguarda le imitazioni e le varianti, io che rifiuto a priori il purismo annovero tra le alternative accettabili l'uso di pan di Spagna, pavesini o amaretti al posto dei savoiardi, e accetto di buon grado panna montata o ricotta invece del mascarpone (ma non illuderti di ottenerne una versione light usando quest'ultima, perché è una baggianata).
Non mi piace l'aggiunta di liquori, punto.
Non posso accettare come tiramisù alternativi quelli alla frutta, perché si tratta di una nemesi storica: quella è la charlotte che, cacciata dalla porta per far posto al tiramisù, rientra dalla finestra, nelle versioni con le pesche o le fragole.
Poiché il savoiardo è imbevuto - poco, mi raccomando - di caffè, e la crema se ben montata sta in piedi da sé, negli ultimi anni non c'è pasticcere che non ne abbia proposto un montaggio diverso e creativo.
Così abbiamo tiramisù con il cioccolato al posto del cacao, con le gelatine di caffè al posto del liquido per imbibire i biscotti, versioni gelate o semifredde, formati che ne cambiano consistenza e modalità di degustazione.
Tra tutte le piccole o grandi innovazioni, io saluto con un'ovazione l'idea diffusa - non so se inventata - da Claudio Pistocchi per pastorizzare le uova.
Non si tratta di una vera e propria pastorizzazione, ma comunque l'introduzione di sciroppo caldo di acqua e zucchero nei composti di tuorlo e albume sicuramente ne allunga la conservazione.
Ciò che nelle mie ricerche non ho visto abbastanza sottolineato è un altro aspetto di questa tecnica: lo zucchero sciolto trasforma il tuorlo in pate à bombe e l'albume in meringa italiana, cioè le due basi del semifreddo.
Questo vuol dire che preparando il tiramisù in siffatta maniera, avendo cura di fare una dose di crema ben più abbondante del necessario, si può tranquillamente congelare l'avanzo e mangiarselo come semifreddo nei giorni a venire, perché esso non solidificherà mai, ma resterà della consistenza di un gelato.
Insomma, con quello che ho fatto sabato sto a posto per due settimane coi dessert...
sabato 13 luglio 2013
Cucinare secondo le stagioni: un riso vi seppellirà
Tra i frutti estivi, considero la pesca un vero dono divino, perché permette abbinamenti con l'universo del salato molto versatili.
Difatti, avevo già unito pesca e olive in questo piatto, e sperimentato il binomio per conto mio, con aggiunta di riso e pesto genovese.
Il risultato è una danza di contrasti e dialoghi, tra il cremoso del riso e l'acidulo della frutta, e tra la loro dolcezza e l'amaro dell'oliva nera, il tutto con la grazia del pesto.
Mi piace usare il riso come schermo neutro sul quale proiettare fantasie: del resto, il riso ha la stessa duttilità, e funziona benissimo come elemento neutrale sia in preparazioni salate che dolci.
Velocissimo e pratico, piatto caldo ma che per i suoi ingredienti va a nozze con la stagione corrente, donando vivacità e colore al pranzo.
Eh sì, non saprei spiegare bene il perché, ma per me è un piatto da pranzo...
sabato 6 luglio 2013
Roof Garden: fisiologia del gusto e della bellezza panoramica
Quando le porte dell'ascensore si aprono all'ottavo piano dell'Excelsior San Marco, la prima cosa del Roof Garden che risucchia lo sguardo è l'immane vetrata, attraversata da citazioni sul mondo dell'enogastronomia, tra le quali spicca questa perla di Anthelme Brillat-Savarin:
Le Créateur, en obligeant l'homme à manger pour vivre, l'y invite par l'appétit, et l'en récompense par la plaisir.
venerdì 28 giugno 2013
Il gioco che vale la candela, anzi, il tortiglione
Se Montanelli sosteneva che la corruzione comincia con un piatto di pasta, non c'è dubbio sulla natura corrotta del nostro paese e dei suoi abitanti, circa il consumo di pasta.
Si parla tanto di territorio, localismo, valorizzazione dei prodotti della zona, eppure la pasta è spesso il grande assente dell'alta ristorazione.
Parlo di pasta secca, quella che compriamo tutti e abbiamo imparato a consumare in modo così pervasivo da farla apparire scontata.
Certo, ogni grande chef ha in carta piatti strepitosi di pasta, ma quasi sempre si tratta di pasta fresca ripiena e in ogni caso sono due prodotti molto diversi in termini di consistenza, gusto e sensazioni.
Viva la pasta secca, allora, e viva la nostra tradizione che ne fa forse l'unico filo rosso capace di unire lo stivale in termini gastronomici, mentre per il resto l'Italia è un mosaico di cucine regionali spesso molto distanti (il che ha i suoi lati positivi).
Se poi la cuoci come suggerisce in questo video Davide Scabin otterrai un risultato stupefacente: pasta perfettamente cotta e soprattutto non scotta, senza l'obbligo di stare lì a controllare, mescolare, assaggiare.
Quando la pasta è buona e ben fatta non ci vogliono grandi manovre per esaltarla.
Ora che l'estate non lascia più dubbi sulla sua presenza, dunque, la puoi anche solo sporcare di burro o olio, limone, basilico e parmigiano, soprattutto se usi gli spaghetti.
Ma non c'è dubbio che l'abbinamento imbattibile resta quello col pomodoro e le sue varianti, e se ci sono i profumi giusti - soprattutto un buon aglio fresco - ti regalerai un momento di bellezza indicibile.
Io sono un patito della melanzana, la mangio persino cruda e marinata, cosa per molti orripilante mentre è solo questione di tempi.
Se il pomodoro è la garanzia della riuscita della pasta, con l'aggiunta del parmigiano diventa per la melanzana una pozione magica, perfetta anche per condire bei formati capaci di abbracciarsi al sugo con passione.
Vuoi farti corrompere anche tu?
mercoledì 26 giugno 2013
Pizza Tour: le pizze infinite di Nasti
Mai capitato di sedersi a tavola per ordinare, e provare un senso di vertigine per una lista sterminata dove più che scegliere si ha la sensazione di perdersi qualcosa, costretti a estrarre solo una portata tra mille?
Dopo la visita a La Fortuna, mi sono messo sulle tracce dei protagonisti della pizza italiana contemporanea qui in zona, tra Bergamo, Brescia e Cremona.
Scopro così che in pieno centro a Bergamo c'è la pizzeria trattoria Capri dei fratelli Nasti che fa al caso mio.
Per sua stessa ammissione, Carmine Nasti ha avuto una svolta nella sua carriera di pizzaiolo emigrante a partire dal 2007, partecipando a tutte le iniziative del Molino Quaglia, dall'Università della pizza al simposio PizzaUp fino all'utilizzo delle incredibili farine Petra.
Origini campane, quindi una tradizione storica alle spalle, circa la pizza, che a volte può anche rivelarsi scomoda, sia perché può precludere la ricerca di nuovi modi di pensare la pizza, sia perché induce nei clienti la tentazione dei confronti.
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martedì 25 giugno 2013
Gourmet in trasferta: a Noli, osteria Bucùn du Preve
Discendesi in Noli, come dice Dante nel Purgatorio, dovrebbe essere l'indicazione da dare a chi cerca una vera e buona osteria.
Perché mangiare al Bucùn du Preve non è solo una buona esperienza per chi ama la cucina, ma anche un atto di partecipazione e di sostegno per chi sceglie di valorizzare il territorio, le tradizioni e le usanze, ma con occhio e mano capaci di guardare all'oggi e al domani.
I presìdi Slow Food e il rapporto con i produttori locali caratterizzano questa osteria, dando un carattere unico alle proposte.
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martedì 18 giugno 2013
Pizza Tour: La Fortuna ha la effe maiuscola
Il titolo si riferisce a una commedia della coppia De Filippo/Curcio nella quale al protagonista Giovanni - disperatamente a digiuno - capita l'occasione per svoltare nella vita.
Sebbene io non mi chiami Giovanni e sabato scorso non fossi a stecchetto, penso davvero che la dea bendata mi abbia dato uno dei suoi preziosi baci, portandomi per puro caso a Campagnola Cremasca, da Luca Mariani nella sua trattoria con forno La Fortuna.
Innanzitutto, consiglio la visione del video, dal quale chiunque può farsi un'idea precisa di chi è Luca Mariani e di quale filosofia lo anima.
Da un inizio piuttosto casuale e avventato nel 1988 a oggi - come lui stesso afferma - il filo rosso che lega tutte le sue esperienze degli ultimi venticinque anni è la voglia di crescere, di crescere, di imparare, di imparare, di imparare...
La cornice del video è quella di PizzaUp, che vuol dire Molino Quaglia e farina Petra, cioè i promotori di una rivoluzione nel mondo della pizza italiana all'insegna della qualità assoluta non solo del prodotto-pizza ma dell'intera gestione imprenditoriale di questa tipologia di locale.
Da napoletano, è ancora più importante che io sottolinei come il lavoro svolto negli ultimi anni da questa struttura - con la geniale istituzione dell'Università della pizza e la redazione del manifesto della pizza italiana contemporanea - abbia permesso finalmente di portare all'eccellenza la pizza nello stivale, e abbia chiuso - si spera per sempre - la delicata questione pizza napoletana e non che ancora suscita tante polemiche.
Oggi pizza vuol dire - tra le altre cose elencate nel manifesto - territorialità, creatività, italianità, digeribilità e rispetto dei tempi.
Così, senza infilarsi nel ginepraio della competizione con il prodotto storico partenopeo, pizzaioli di tutt'Italia, grazie a queste iniziative, stanno proponendo modelli di prodotto di assoluto valore, che non scimmiottano le tradizioni più popolari ma dimostrano un'identità degna del massimo rispetto - soprattutto nel formato-teglia più che in quello steso - e ai miei cari concittadini dico soltanto di uscire dai pregiudizi e soprattutto da casa e venire ad assaggiare il miracolo di queste pizze.
Basta pistolotti, e torniamo a Luca Mariani, a La Fortuna e soprattutto alla pizza vera, quella da mangiare.
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sabato 15 giugno 2013
Sardine miracolose
I ministri ogni tanto ci azzeccano, così le sarde a beccafico fanno ufficialmente parte della lista dei prodotti tradizionali redatta dal dicastero delle politiche agricole.
Geniale combinazione siciliana, di paternità quasi certamente palermitana, l'accoppiata tra sarde - ma anche sardine, alici, sgombri, aringa, spatola - e una farcia che contrasta con la mineralità del pesce, grazie soprattutto all'uvetta.
Poi pinoli o mandorle, finocchietto o aglio, prezzemolo o basilico, la cosa importante è l'elemento dolciastro, determinante a equilibrare il gusto, soprattutto se il pesce è di taglia più grossa e quindi dal sapore più marcato.
Oltre questa ragione alchemica, la sarda a beccafico ha anche una storia, ma di quelle leggendarie, come tutti i grandi piatti meritano, in cui l'importante non è la veridicità ma l'appropriatezza: poiché mangiare i beccafichi ripieni delle loro interiora non era una cosa alla portata di tutte le tasche, la popolazione meno agiata avrebbe reinventato il piatto nobile con gli ingredienti poveri che aveva a disposizione.
Va da sé che la mollica di pane si può sostituire con un altro grande pilastro della Sicilia mediterranea, cioè il cous cous, e che per fare un viaggio col gusto nella terra del mito, si può profumare il tutto con degli agrumi.
Si fanno avvolgendole attorno al ripieno, o stese - i catanesi ci mettono anche il caciocavallo - o a spiedini.
Io ne ho fatto un tortino...
Piatto del corpo e della mente...
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