domenica 1 dicembre 2013

Shiva Bergamo: l'India arriva da Milano


Tra i milioni di divinità che affollano il mondo soprannaturale degli indiani, Shiva  - nella sua forma Naṭarāja, di Re della danza - esercita un fascino particolare sugli occidentali.

In questa celebre scultura conservata a Parigi, ha appena sconfitto i veggenti della foresta che volevano ucciderlo, usando la loro stessa energia, schiacciando l'ignoranza sotto il piede - rappresentata dal nano - e generando il mondo col suono del damaru, il tamburello a clessidra nella mano destra (ehm, quella superiore).

La ricchezza e la profondità del mito legato a questa divinità è vertiginosa, perciò scegliere di intitolare a Shiva un ristorante indiano è un impegno non da poco, sia nei confronti di altri indiani che vivono in Italia, sia degli italiani che ne conoscono lo spessore.

Eppure, dato che a Milano lo Shiva Restaurant esiste con successo da quasi vent'anni, i fondatori hanno pensato bene di creare un altro angolo di India nella vicina Bergamo, proprio dove fino a qualche mese fa c'era il Maharaja di cui parlai in questo post.

Così, da poco più di un mese, l'onda sonora del damaru che mai ha smesso di generare ha creato il ristorante indiano Shiva Bergamo, che si propone come autentico avamposto di una cucina frutto di mille influenze.

Il panorama religioso indiano, infatti, è notoriamente caleidoscopico, con parecchie e differenti restrizioni circa gli alimenti.

Con l'influenza musulmana, le spezie e i sapori dolci portano una nuova risorsa alle possibili combinazioni gastronomiche.

Infine, il gusto degli inglesi dominatori - che mal sopportavano l'eccesso di sapori originario - spinse gli indiani a sperimentare e inventare i curry che oggi li contraddistinguono.

Da un punto di vista alimentare, gli indiani stessi sono molto diversi gli uni dagli altri, così anche nei menù proposti dallo Shiva - dai 18 ai 25 € senza bevande - si spazia dal vegetariano puro, a quello di carne o pesce, fino allo speciale Shiva.




Ma non c'è tavola indiana che possa aprirsi senza le salse e i chutney, che anche solo sui pani sono in grado di offrire sensazioni mitiche.

Menta con yogurt per la delicatezza, tamarindo per uno sprint dolce-acido, e chutney ultra-piccante di verdure che ogni volta mi riprometto di imparare a preparare a casa perché è fantastico.


E per cominciare, la danza di Shiva fa i suoi primi passi in forma di samosa, pakora e pappadam avvolto a cono, che si prestano a meraviglia per accogliere le salse.

Ma è solo il primo movimento, perché poi, come le braccia di certe divinità, i piatti e i tegami si moltiplicano, affastellando il tavolo e accendendo la serata.


Le preparazioni tandoori arrivano in teglie calde, pollo da una parte e pesce dall'altra, per spaziare in tutta la gamma.

Soprattutto il pesce ne emerge sorprendente, con la sua divina scioglievolezza, e ingioiellato da un gamberone grigliato, semplice e divino nello stesso tempo.

Il pollo è una garanzia, te lo aspetti che sia buono, ma la conferma non dispiace, anzi.


Dei curry si può dire senz'altro che non ci si stancherebbe mai di gustarli.

Prima si pescano i pezzi di pollo o i gamberi, poi si mescola la salsa al riso, infine - mai paghi - si pulisce tutto con il naan.


Ed eccoli qua, i fidi accompagnatori.

Il naan si cuoce appiccicandolo alle pareti o al coperchio del forno, finché gli si formano quelle belle bolle che lo rendono capace di essere aperto e farcito.

Il riso basmati - profumato di suo - racconta i viaggi e gli scambi con la cultura araba, che viaggia sull'onda dello zafferano, riecheggia nell'uvetta e si insedia con le mandorle.

Un pane e un riso che è un piacere mangiare anche senza tutto il resto, puoi immaginare che cosa diventino accoppiati o raggruppati alle altre leccornie, per non parlare delle salse.

L'intera cena si può associare a una cantina tutta italiana, sia nelle proposte in bottiglia che nel cosiddetto della casa, che viene da Ca' del borgo.


Il dessert è più un'abitudine italiana che un'occasione per gustare qualcosa di tipico, così questo mango kulfi, dolce e acido, fa da sorbetto coadiuvante della digestione.


Più curioso l'altro dessert, gulab jamun, che per gli indiani sarebbero bacche di rose ma che nel menù sono definite polpette al latte, semplicemente perché sono un impasto di latte in polvere e farina, fritto e messo a bagno in sciroppo, spesso aromatizzato alla rosa.

Ora che la danza del gusto è finita, lo Shiva della danza può lasciare il posto a quello di signore del sonno: il suo nome, infatti, avrebbe la stessa origine della radice śīn, il sonno della mente.

Ma per chiunque voglia andarlo a trovare, Shiva sarà sempre pronto a riprendere la sua danza creatrice.

Shiva Bergamo
via Palazzolo 44
24126 Bergamo
tel. 035 5291880
Chiuso Lun a pranzo

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