lunedì 21 luglio 2014
Gourmet in trasferta: Magorabin incanta Torino
Se il nome - che si rifà a una sorta di uomo nero di epoche antiche - è conseguenza dei fatti, sui fatti portentosi di Marcello Trentini - il Magorabin dell'esoterica Torino - si è detto e ridetto, dai vistosi dreadlocks all'ardore/ardire nel rifare la tradizione, dalle provocazioni sui prodotti fuori stagione a chilometro sterminato al tirare fino al limite l'equilibrio delle portate, giusto per citare alcuni dei suoi incantesimi più gettonati tra le penne e le tastiere che raccontano la gastronomia.
Dev'essere emozionante per uno chef festeggiare i dieci anni del proprio ristorante e ricevere in regalo la prima stella Michelin.
A Marcello Trentini è successo nel 2013, anno del decennale e quindi dell'idea di presentare tra i menù degustazione un percorso I Classici, con sette portate rappresentative di questo incantesimo destinato a perdurare.
Certo, a Torino la magia è più che di casa, e quindi - sotto l'aura di una Mole che sbuca e svetta a guardia di Corso San Maurizio - i prodigi prendono vita.
giovedì 17 luglio 2014
Paratico: Salvatore Iermano porta la pizza sull'Olimpo
Comincia con una improvvisata ma efficace lezione sulla pizza, la serata organizzata all'Olimpo Cafè di Paratico, che vede alla postazione di pizzaiolo Salvatore Iermano e la sua pizza napoletana.
Prima di ammaccare, conciare e infornare, Salvatore ci tiene a puntualizzare agli ospiti alcuni dettagli fondamentali.
Abituati a una pizza bassa e croccante ai limiti della friabilità, i lombardi hanno un'immagine della pizza napoletana come qualcosa di più alto e panoso.
Salvatore invece precisa che la pizza napoletana è sottile, benché contornata dal naturale rigonfiamento del cornicione, ma che la sua caratteristica distintiva è la sofficità.
La pizza napoletana, com'è noto, nasce da strada, e per mangiarla era necessario piegarla in quattro - o a portafoglio - cosa impossibile con quella croccantezza di certe pizze del nord imparentate coi crackers.
Salvatore si appassiona alla sua orazione in omaggio alla pizza, e approfondisce: l'impasto non ha lievito ma criscito naturale, una variante di quello che oggi chiamiamo lievito madre ma che a Napoli e dintorni da sempre si utilizza.
Come se non bastasse, la lievitazione è durata ventiquattr'ore, per cui non c'è pericolo né che la pizza gravi sullo stomaco, né che induca a bere per tutta la notte, a causa degli enzimi che hanno bisogno di completare la maturazione della pasta.
Sono tutti bravi a fare la pizza oggi, commenta Salvatore, poi con la crisi molti si improvvisano, ma tu non puoi fare l'impasto tre ore prima, mettere 100 g. di lievito per farla lievitare, e dopo fare la pizza, perché continuerà a crescere nella pancia di chi l'ha mangiata.
Il siparietto non è solo di circostanza, non si tratta soltanto di presentare l'ospite: Salvatore Iermano è il docente della Autentica Pizza Napoletana, che si occupa di tutta la filiera della pizza, dalla formazione dei pizzaioli alla produzione della farina, fino all'affiliazione di professionisti certificati.
Autentica Pizza Napoletana è il ramo partenopeo di Pizza Italiana Academy - che ha tra i docenti Omar Patussi, il pizzaiolo dell'Olimpo Cafè - a sua volta parte di un network con sedi internazionali, per la formazione professionale in campo gastronomico.
Il programma della serata/dimostrazione - 18 € - prevede quattro assaggi da pizze differenti, abbinate a quattro birre artigianali, in una panoramica sul più classico degli abbinamenti pizza/birra, in una sera dal clima dolce, immersi nelle colline a ridosso del lago d'Iseo.
Il forno, con i suoi 400 e passa gradi è pronto, e la degustazione può cominciare.
martedì 8 luglio 2014
Cucinare secondo le stagioni: peperoncini verdi
Curiosa coincidenza, per un partenopeo in terra lombarda, ritrovare il peperoncino verde - diffusamente denominato friggitello - anche nella pianura Padana e addirittura protagonista di una ricetta a Denominazione Comunale.
Se infatti in Campania 'e puparulille sono consueti in estate, fritti e ripassati col pomodoro, a Trescore Cremasco trovano addirittura la loro patria in una ricetta semplice e potente come le tighe col Salva Cremasco, fatta riconoscere De. Co. da Antonio Bonetti del Bistek.
La tiga, nell'idioma locale, è una botta, una sberla, e poiché i peperoncini acquistano potenza grazie all'aceto nel quale vengono conservati, ecco il curioso nomignolo che più appropriato non si può.
In cerca di gemellaggi felici, dunque, mi piace usare questi peperoncini arrivati da un orto che più lombardo non si può in una perla della mia tradizione originaria.
domenica 6 luglio 2014
A Romano, il Portichetto ti sorprende...
In una Romano di Lombardia euforica per la notte bianca, quando il fiume di gente si fa impetuoso e gironzolare in bicicletta è peggio che affrontare le rapide.
Le sere che cambiano pelle da un momento all'altro sono le migliori, ed è un sollievo ritrovarmi al ristorante il Portichetto dopo un pedalare vago e inefficace, tentato dal tornare a casa e tuttavia convinto di trovare il giusto ristoro, sotto il portico di Fabio Marchini e sua moglie.
Ma prima di approdarci, guardo in alto, la mezza luna nel blu stellato non ha dubbi, è dalla parte dei romanesi e della notte che si sono dedicati, però la gimkana tra i tavoloni sui quali si strafocano pane e salamelle, patatine e birre e che entrano persino dentro la camera della banca per il bancomat è un vero safari.
Io però voglio festeggiare comodo e, incatenata la bici che del resto non fa gola a nessuno, cerco io qualcosa che mi faccia gola.
C'è troppa gente a Romano stasera, i ristoratori non vogliono farsi scappare l'occasione, chi è questo avventore solitario che pretende col suo sedere di occupare un tavolo e magari mangiare un piatto e mezzo, quando al suo posto potrei farne sedere quattro presi a caso da questa calca che tracima dalla strada fin dentro i ristoranti e incassare qualche euro in più?
Così per tre volte mi sono sentito dire, tra il titubante e la cattiva improvvisazione, non c'è posto o è prenotato o un generico e insostenibile mi dispiace ma non è possibile.
E ora, ciclista gourmet fai da te, come te la sbrighi, se anche spostandoti al confine del paese quell'estremo ristorante ha chiuso per trasformarsi in una sera in improvvisata griglieria da fiera?
Per fortuna il mio senso civico mi fa seguire i sensi di marcia giusti, nonostante la bici, e approdo nei pressi di via dell'Armonia, ma qui c'è il Portichetto, quante volte mi ha tentato, nei miei ritorni dal lavoro a pranzo e ho sempre rimandato in vista di una ipotetica cena?
Ed eccola qui, la cena, che da ipotesi si trasforma in fatto compiuto, eccolo qui, il Portichetto di Fabio e Angela, che coniuga nido d'amore e dispensa di delizie.
La buona mano e l'attenzione alle materie di lui, la premura e la competenza enologica di lei, in una conduzione familiare che è buona senza essere alla buona, fanno di questo piccolo ristorante un gioiello che una parte di me vorrebbe in piena luce, pronto ad accogliere frotte di avventori, ma l'altra parte - quella che prevale stasera - benedice la sua location ombrosa e tranquilla, proprio sotto il portico delle nuove costruzioni a ridosso del centro.
Ho letto in giro una sottolineatura sul fatto che non abbiano una carta scritta, il che è vero, ma questo, oltre a essere indice di una freschezza reale delle materie, non vuol dire che non si possa verificare il costo, visto che il menù fornito dalla padrona di casa serve proprio informare che antipasti e primi viaggiano sui 9 €, i secondi di pesce 13, e la carne ha prezzi al chilo nettamente sotto la media.
Falso invece che non ci sia la carta dei vini, anzi, è ben calibrata e minuziosamente messa a punto da Angela stessa, persino nella scelta del vino da servire al calice.
Ispirazioni liguri e toscane danno il la alla creatività e alla sapienza di Fabio, e così si può cominciare.
Le sere che cambiano pelle da un momento all'altro sono le migliori, ed è un sollievo ritrovarmi al ristorante il Portichetto dopo un pedalare vago e inefficace, tentato dal tornare a casa e tuttavia convinto di trovare il giusto ristoro, sotto il portico di Fabio Marchini e sua moglie.
Ma prima di approdarci, guardo in alto, la mezza luna nel blu stellato non ha dubbi, è dalla parte dei romanesi e della notte che si sono dedicati, però la gimkana tra i tavoloni sui quali si strafocano pane e salamelle, patatine e birre e che entrano persino dentro la camera della banca per il bancomat è un vero safari.
Io però voglio festeggiare comodo e, incatenata la bici che del resto non fa gola a nessuno, cerco io qualcosa che mi faccia gola.
C'è troppa gente a Romano stasera, i ristoratori non vogliono farsi scappare l'occasione, chi è questo avventore solitario che pretende col suo sedere di occupare un tavolo e magari mangiare un piatto e mezzo, quando al suo posto potrei farne sedere quattro presi a caso da questa calca che tracima dalla strada fin dentro i ristoranti e incassare qualche euro in più?
Così per tre volte mi sono sentito dire, tra il titubante e la cattiva improvvisazione, non c'è posto o è prenotato o un generico e insostenibile mi dispiace ma non è possibile.
E ora, ciclista gourmet fai da te, come te la sbrighi, se anche spostandoti al confine del paese quell'estremo ristorante ha chiuso per trasformarsi in una sera in improvvisata griglieria da fiera?
Per fortuna il mio senso civico mi fa seguire i sensi di marcia giusti, nonostante la bici, e approdo nei pressi di via dell'Armonia, ma qui c'è il Portichetto, quante volte mi ha tentato, nei miei ritorni dal lavoro a pranzo e ho sempre rimandato in vista di una ipotetica cena?
Ed eccola qui, la cena, che da ipotesi si trasforma in fatto compiuto, eccolo qui, il Portichetto di Fabio e Angela, che coniuga nido d'amore e dispensa di delizie.
La buona mano e l'attenzione alle materie di lui, la premura e la competenza enologica di lei, in una conduzione familiare che è buona senza essere alla buona, fanno di questo piccolo ristorante un gioiello che una parte di me vorrebbe in piena luce, pronto ad accogliere frotte di avventori, ma l'altra parte - quella che prevale stasera - benedice la sua location ombrosa e tranquilla, proprio sotto il portico delle nuove costruzioni a ridosso del centro.
Ho letto in giro una sottolineatura sul fatto che non abbiano una carta scritta, il che è vero, ma questo, oltre a essere indice di una freschezza reale delle materie, non vuol dire che non si possa verificare il costo, visto che il menù fornito dalla padrona di casa serve proprio informare che antipasti e primi viaggiano sui 9 €, i secondi di pesce 13, e la carne ha prezzi al chilo nettamente sotto la media.
Falso invece che non ci sia la carta dei vini, anzi, è ben calibrata e minuziosamente messa a punto da Angela stessa, persino nella scelta del vino da servire al calice.
Ispirazioni liguri e toscane danno il la alla creatività e alla sapienza di Fabio, e così si può cominciare.
venerdì 4 luglio 2014
Burro&Alici: un Torrente in Franciacorta
Se la saggezza del padre è il più grande ammaestramento per i figli, qui a Erbusco l'avventura di Burro&Alici - Locanda di mare comincia con buoni auspici.
Quest'anno infatti Pasquale Torrente si è regalato per i suoi primi cinquant'anni un 2014 trionfale.
Dopo la testa di ponte della cuopperia da Eataly Smeraldo, piazza un altro fondamentale avamposto in Lombardia, e fa aprire Burro&Alici - Locanda di mare a suo figlio Gaetano, che è molto più bravo di me, dice nel discorso inaugurale, lui ha studiato e qui potrà crescere bene.
L'idea stessa di portare la cucina rapida ed essenziale di Cetara in Franciacorta ha a sua volta un padre notevole, padre della Franciacorta stessa, cioè Vittorio Moretti - l'imprenditore che dal 1977 ha impresso uno slancio verso l'eccellenza a tutta l'area vitivinicola - bravo a individuare in Pasquale Torrente l'uomo giusto per incarnare il suo desiderio di trasformare il bel cascinale seicentesco, incorniciato di filari, - già Mongolfiera dei Sodi - in un varco bidimensionale per trasportare i commensali nelle atmosfere amalfitane.
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