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mercoledì 25 giugno 2014
Cucinare secondo le stagioni: parmigiana di zucchine
Premessa l'intoccabilità della parmigiana di melanzane, semel in anno licet coquinare quella con le zucchine, anche soltanto perché l'estate porta al loro meglio questi ortaggi.
In realtà, ne avevamo già parlato qui, le fonti attestano come parmigiana originaria, la ur-parmigiana, proprio quella di zucchine, antecedente alla diffusione del pomodoro, e insaporita con un intingolo di uova e formaggio che si identifica come condimento alla parmigiana.
La diffusione della variante con melanzane e pomodoro ha fatto sì che anche la versione con le zucchine alla fine si prepari quasi come la sua sorella più famosa.
Ed è un quasi di non poca importanza: infatti, nella parmigiana di melanzane napoletana le melanzane subiscono una frittura diretta, mentre già allargandosi alla provincia si diffonde sempre di più l'uso di passare le fette di ortaggio nella farina e nell'uovo.
Questa discrepanza, invece, non esiste per la parmigiana di zucchine, che anche a Napoli si fa ufficialmente friggendo le zucchine solo dopo averle infarinate e immerse nelle uova sbattute.
La zucchina però non è la melanzana: non puoi lasciarla spessa, altrimenti assorbirà l'olio di cottura; se la tagli a dovere ti troverai una montagna di fettine di zucchina da dorare e friggere, e quindi un lavorone anche più grosso dell'altra; il suo sapore non è intenso come quello della melanzana, e laddove nell'altra prevalgono acidità e amaro, la più tenue zucchina rischia di sparire accanto al saporito formaggio e al dolce pomodoro, motivo per cui bisogna farne una quantità industriale e stratificare molto di più la preparazione.
Tuttavia, il risultato è così sorprendente che vale veramente la pena affrontare il cimento e regalarsi questa delizia, omaggio alla bellezza del mondo nella calda stagione.
domenica 15 giugno 2014
Gli spaghetti come Dio comanda: omaggio a Frank Rizzuti
Ogni tanto viene voglia di fare le cose come Dio comanda.
E in questa estate bergamasca che si scopre temporalesca, mi viene in mente che anche Dio, per fare gli spaghetti al pomodoro come lui stesso dovrebbe comandare, ha voluto chiamare accanto a sé Frank Rizzuti per insegnargli come si fa.
Questa è la domenica nella quale penso a come sarebbe stato bello andare a conoscerlo, indipendentemente dal riconoscimento della Michelin avuto pochissimo tempo prima di lasciare questo mondo.
Basilicata - come la mia Campania e tutto il Sud - vuol dire terra di sincerità, nella quale è più bravo a cucinare chi si sporca le mani con la storia della gastronomia locale, anche con le pagine più scure.
Penso alla prima sua ricetta incrociata sul web, che fece da Galeotto per me nei suoi confronti, addirittura un'acquasale, roba che i contadini del secolo scorso sfruttati e sotto - ma proprio sotto - pagati mangiavano per non sbattere a terra dalla fatica, intingendo il pane nero - e quando dico nero, intendo dire proprio black - in approssimate brodaglie per tirare a campare ancora un altro giorno.
Poi, un suo commento in cui rivela che lui lo spaghetto al pomodoro lo fa senza l'aglio soffritto di partenza, ma facendo asciugare - non del tutto, si raccomanda - i San Marzano e completando la cottura della pasta in padella.
Dev'essere stato lì che Dio, come tutti noi che leggemmo quella sua idea, così semplice, pulita e precisa come una stoccata, capì che neanche Lui avrebbe potuto fare uno spaghetto al pomodoro di divina fattura, anche leggendo e rileggendo la ricetta.
Come può essere, si sarà domandato, che una trovata così geniale non è venuta a me che so già tutto?
E come può essere, si sono detti tutti quelli che in un modo o nell'altro hanno sentito l'unico sentimento possibile verso quest'uomo, l'amore, che si debba subire una simile prova dell'ingiustizia di questa vita?
E come può essere, indegnamente chiudo io, che abbia aspettato così tanto, da quando ne ho letto, a fare questi inarrivabili spaghetti, così come ha insegnato Frank Rizzuti?
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