Pane e vino, archetipi del nutrimento, frutti del lavoro umano, simboli mistici.
Per un'osteria è già un grosso onere, oggi, definirsi tale.
Se poi si sceglie anche di chiamarsi Pane e vino - sito costruito con Wix che linko giusto per i dati - , come l'osteria di via S. Bernardino a Bergamo, l'impegno si fa ancora più gravoso.
Perché le osterie sono praticamente estinte, non so se lo sai, anche se Slow Food si ostina a farne una guida ogni anno.
Osteria, dunque, non nel senso antico del termine, cioè lo spaccio di vini con eventuale cucina, né luogo d'ospitalità per viandanti, spesso fornito di vettovaglie.
Certo, fino alla metà del secolo scorso le osterie di quel tipo in fondo c'erano ancora, son sopravvissute ben oltre, a dire il vero, anche se i viandanti da rifocillare non ci sono più da tempo.
Nel pensiero comune però il concetto di osteria è rimasto legato al significato di luogo dove si può mangiare cibo semplice, bere vino spesso locale e discreto, a buon mercato.
Questo anche se alcuni dei migliori stellati Michelin si definiscono osteria e tanto a buon mercato non sono.
In questa Babele di ristoranti che si chiamano osterie, e di osterie che si autopromuovono ristoranti, dove si colloca il nostro Pane e vino?
Be', almeno per quanto riguarda il vino, avere in novero il Colli Tortonesi DOC Barbera Superiore Cascina La Zerba di Volpedo 2009 delle Cantine Volpi è già un bel punto a favore, e tra i salumi, il riso e la carne che ci aspettano questo vino, giustamente strutturato ma non tannico perché affinato in acciaio, è sicuramente un ottimo punto d'incontro.
Il pane invece è una nota dolente, che però non voglio far risuonare troppo a lungo, certo che di questo ne sia consapevole anche il titolare.
L'osteria si promuove al sabato con menù dall'antipasto al dessert che non alleggeriscono troppo la tasca - 20 € - , come un'osteria dovrebbe cercare di fare, senza però abbassare anche l'asticella della qualità, che è impresa non da poco e di incerto esito.
L'antipasto-tagliere in un'osteria ci sta alla grande, anche perché salame, coppa e lardo non si fanno dispiacere.
Dal lato affettati stride un po' il cotto, che trasforma la prima portata in un quasi-stuzzichino da aperitivo, mentre dal lato crostini il pane continua a dolere.
Risotto ai funghi porcini, anche questa una scelta sulla carta molto azzeccata per un progetto-osteria.
Un riso cotto benissimo, al punto che così giusto non te lo danno neanche certi chef blasonati.
Il risotto però, è risaputo, sa di quello che ci metti, ed è chiaro che la regola del buon mercato un pochetto grava sui sentori del brodo e dei funghi stessi.
Tagliata con rucola e grana e patate, non solo sono in linea perfetta con gli standard dell'osteria, ma sono forse il secondo più diffuso della media ristorazione italica.
Sotto un grana giovanissimo e sopra una rucola che io di solito scavalco a pié pari ma non perché non sia buona, le strisce di carne sono giustamente succulente, merito di chi le ha cotte prima di tagliarle, e di una più che apprezzabile tenerezza, inalterata anche quando si fredda, pregio dell'animale e del frollatore, evidentemente.
Sul mistero profondo delle patate non proprio naturali mi comporto come un buon cristiano fa con il mistero del pane e del vino: silenzio.
Approdo a una torta cioccolato e gianduia che mi rievoca tantissimo la caprese della mia terra, e che si fa divorare con grande gusto.
Onore al merito del crème caramel impreciso, imperfetto, genuino e molto da osteria, forse più di tutto il resto, assieme al quadratino di torta.
Un percorso in crescendo, qui da Pane e vino, a ogni portata successiva i più si fanno significativi e i meno perdonabili, anche se qualcuno potrebbe obiettare sia l'effetto congiunto della Barbera che intanto va giù.
Perché il vino rende stolto il saggio e saggio lo stolto...
Osteria Pane e vino
via S. Bernardino 51
24122 Bergamo
tel. 035 247419
Chiuso Mer/Dom
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