lunedì 21 aprile 2014

Osteréa dè la Anetì: ol bu ‘l piâs a töć

La cucina bergamasca è una cucina buona, nel senso più ampio del termine.

È buona perché animata dalla necessità: il mangiare semplice, ricorrendo prevalentemente a ingredienti e prodotti in purezza o col minimo di elaborazione, testimonia di una tradizione formatasi all'insegna della sopravvivenza, una sopravvivenza che si fa addirittura arcaica, se pensiamo che le polente sono state tra i primi cibi dell'uomo stanziale e coltivatore.

È buona perché votata alla qualità: il bergamasco è fortemente legato ai prodotti della sua terra, a volte in modo ostinato e chiuso nei confronti delle altre culture e tradizioni, ma perché si fida di chi alleva e lavora i prodotti di origine animale trasformandoli in carni succulente, insaccati e salumi pregevoli e soprattutto formaggi di incredibile varietà e raffinatezza.

Infine, è buona perché orientata alla convivialità: una convivialità amichevole o familiare, che anima tavole attorno alle quali non si fanno tanti complimenti, si parla senza fronzoli, si fanno affari e si regolano rapporti, come se l'atto del mangiare rivelasse ai commensali la caratura di una persona.

Una cucina simile al di fuori delle case era possibile trovarla solo presso un oste, ma è pur vero che l'osteria è senza dubbio la grande scomparsa dalle città italiane, proprio perché oggi le caratteristiche di sopravvivenza, località e convivialità sono sempre più lontane dall'esperienza del mangiare a pagamento, che oscilla schizofrenicamente tra il mangiare frettoloso a bassissimo costo e qualità dei famigerati pranzi di lavoro, alle raffinate avventure gourmet a due zeri fissi che si situano al polo opposto.

Con questo spirito, all'Osteréa dè la Anetì a Bergamo i quater ostèr portano avanti l'importante missione di tenere in vita la loro tradizione, consapevoli che una cultura che non si tramanda è destinata a dissolversi, e loro non hanno alcuna intenzione di assistere passivamente al dissolvimento della storia gastronomica orobica.

In bergamasco si dice che l'è 'l vi che l' fa l'ostaréa, e a Bergamo il vino è Valcalepio, in questo caso Locatelli Caffi, che ha calore a sufficienza per accompagnare piatti che non la mandano a dire.

Il menù, anzi i menù da Anetì permettono di esplorare la tradizione bergamasca, soprattutto delle paste ripiene, la selvaggina e il mondo agricolo, i piatti di assemblaggio di salumi e formaggi, con la polenta sempre pronta a fare da sostegno quando è il caso.



Gli affettati bergamaschi, con polenta e strinù si stuzzicano senza complimenti e sono perfetti per una tavola da condividere.


Tuffo in un passato mitizzato, polenta e pica sö - te ne parlo dettagliatamente qui -  è piatto deciso nel gusto e preciso nell'intento di soddisfare appetito e voglia di sapore.


Davvero di buona fattura le paste ripiene, a partire da questi ravioli polenta e taleggio che il burro versato ammanta senza paura di apparire invadente, per un piatto molto più delicato di quanto si possa credere.


Non da meno gli scarpinòcc burro e salvia, casoncelli con ripieno di pane, spezie e formaggio, poveri e perciò buoni, è il caso di sottolineare.


Tra i sostanziosi piatti di selvaggina, le influenze alpine si manifestano in questo capriolo alla contadina con polenta taragna, succulento e soddisfacente.


Le ultime chiacchiere vengono bene piluccando questo salame di cioccolato e noci, aromatico e intrigante.

L'osteria mantiene le aspettative anche nel conto, tra i 25 e i 30 € a testa, ma ci sono anche parecchie proposte a menù fisso, tra le quali spicca per originalità e rarità quello a base di lumache.

Senza mai dimenticare il segreto che ogni bergamasco conosce per alzarsi sempre contento da tavola, e cioè che l'apetét l'è öna gran pitansa.

Osteréa dè la Anetì
via Pinamonte da Brembate 10
24121 Bergamo
tel. 035 214015
chiuso Lun/Mar

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