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domenica 1 giugno 2014

A caccia di osterie: da Giuliana D'Ambrosio


A via Broseta, una sera di fine primavera, di quelle che ti pungolano a camminare per trovare un ristoro, è proprio il caso di dirlo.

Cielo incerto, arietta addosso, ci vorrebbe uno spazio aperto ma riparato, che so?, una bella veranda, dove magari assaggiare qualcosa di semplice ma soddisfacente.

Questa è la serata in cui la veranda di Giuliana D'Ambrosio può acquistare ancor più fascino, se mai ne abbia bisogno.

Quando vai alla trattoria D'Ambrosio, con i suoi tavoloni dove a volte siedono persone che non sanno ancora quanto sarà bello conoscersi di lì a poco, hai la sensazione di un'orgia della degustazione, tutti provano un immenso piacere gustativo e un meraviglioso benessere in quest'ovattata isola in cui Giuliana e la sua squadrona fanno sempre gol, come la sua amata Atalanta che la porta a chiudere il locale quando c'è da andare allo stadio.

I numeri fanno effetto: non c'è un buco libero eppure i commensali si susseguono, davanti alla cassa è un andirivieni di chi sta per sedersi a mangiare e di chi si congeda pagando quei 18, 20, massimo 25 € - per i golosi da tris di primi - e soprattutto ringrazia la Giuliana per il semplice fatto di esistere e di resistere, lei che qualche anno fa, dopo una serie di traversie private, aveva rischiato la chiusura.

Donna forte, di radici meridionali, papà che scommette sul caffè con bocciofila in un punto di Bergamo bassa oltre il quale c'erano solo campi, e che le vicende e le sfortune hanno portato sin da ragazzina a dedicarsi alla cucina e alla trattoria, diventando poi non tanto la sua fortuna, quanto la testimonianza di una dignità.