giovedì 16 marzo 2017
Sapore e stupore all'Hostaria del San Lorenzo
Tra il passato che ti risucchia vertiginoso e il gusto dei piatti che ti eleva raffinato si distende l'esperienza di entrare, sedersi ed esplorare l'Hostaria del Relais San Lorenzo.
In piena Bergamo Alta, ma sarebbe più corretto dire Berg-heim, il toponimo celtico-germanico col quale da quasi tre millenni si appella la zona, l'altezza non è solo quella dei colli sui quali l'uomo scelse di risiedere, ma diventa oggi la qualità di una cucina che coniuga ricerca e sostanza, tecnica e solidità, inventiva e gusto.
La storia della location è suggestiva e stupefacente: nel bel mezzo dei lavori di costruzione del Relais San Lorenzo, a partire dal 2009, cominciarono a riaffiorare dal pendio incredibili vestigia di un passato che, col proseguire dello scavo, si rivelava sempre più antico e ineludibile.
Inglobare gli scavi nel Relais e nel ristorante gourmet che lo caratterizza, lungi dall'essere una furbata attira clienti, è in realtà l'unica mossa possibile per un'imprenditoria accorta e consapevole che oggi, se proprio decidi di muovere una pietra, devi farlo con grande responsabilità, valorizzando il territorio come patrimonio di tutti.
Così, piuttosto che cancellare le pietre del passato, si è scelto in modo sacrosanto di rendere invece visibile il sommerso, la stratificazione di mura, il disegno urbano, le soluzioni architettoniche che in un arco ampissimo, dal VI secolo a.C. al XVIII d.C. hanno modellato più volte i dintorni di Piazza Mascheroni.
E in questa scenografia che ha il pregio impagabile di essere vera e non costruita, si distribuiscono il lounge bar, la terrazza e soprattutto il ristorante, per gli ospiti del relais come per chiunque voglia coniugare la conoscenza di una delle città più antiche d'Europa con la degustazione di una cucina di pari livello.
Ovviamente anche la cantina - dalla quale arriva il Gewurtztraminer Colterenzio 2015 - è stata ricavata in un antro compreso nello scavo, perfettamente visibile e visitabile, con una lista speciale di etichette di champagne di piccoli produttori innovativi.
Il programma dello chef Antonio Cuomo si orchestra attorno ad alcuni capisaldi di garanzia, come sin dai primi passi a tavola si può notare: se l'amuse bouche che sposa zucca e formaggio tipicamente lombardi è tutto giocato sulla valorizzazione dei prodotti del territorio, il benvenuto mette in evidenza e quasi in purezza le materie prime, con il salmone e il cavolfiore che brillano di freschezza.
Dunque il rispetto delle tradizioni e l'attenzione a non alterare gli ingredienti diventano per Cuomo i binari sui quali far scorrere la piacevolezza dei suoi piatti, senza rinunciare comunque ad azzardi di inventiva tutti giocati con coraggio e qualche volta con ardire.
In questo starter, il filetto di sgombro fluttua con la zucca mantovana e le gocce di crodino, mentre qualche pop corn aggiunge divertimento.
L'accostamento fa bilanciare il salmastro con il vellutato, e i tre ingredienti si situano a diversi gradi di consistenza, per un piatto che pur facendo leva su materie non particolarmente ricche appare molto studiato.
Luce e buio si uniscono in questi fazzoletti al nero di seppia, che avvolgono baccalà mantecato intanto che si lasciano ammantare da una vellutata di cavolfiore, il più minerale degli ortaggi, mentre la punteggiatura di funghi riporta dal mare a sensazioni di terra come in un riapprodo.
Ancora il nero e il gioco del contrasto col bianco negli spaghettoni al pesto di melanzane e spuma di provolone, sapori con i quali lo chef cita le sue ascendenze campane, perché il rispetto delle tradizioni è anche consapevolezza delle proprie origini.
Nella sua ricerca, Antonio Cuomo ha intrecciato i suoi fili con il progetto della LAV che dal 2014 ha presentato un marchio, Veg+, con il quale contrassegnare piatti realizzati esclusivamente con ingredienti vegetali.
Nelle polpette di patate batte dunque un cuore di spinaci, mentre il bianco del ragù di tofu crea un gioco al rialzo con il verde della crema di lattuga, in un piatto buono, bello e cosciente.
Il trancio di branzino pescato all'amo è contornato da un gioco di patate camuffate da pasta e ceci di Spello, per una portata di contrasti tra l'assoluta e pura bontà del pesce e un filo di vanità nella presentazione delle patate, buone al di là della forma.
Il dialogo dello chef con la tradizione lo porta ad assemblare un gioco di rivisitazioni in cui galletto nostrano, polenta e funghi si spogliano delle loro vesti consuete, cambiano forme e consistenze, ma conservano lo stesso sapore sincero del piatto archetipo.
Con i dessert, la creatività diventa il parametro dominante, e si lancia libera, come lo sguardo di chi arriva fin quassù e si affaccia dalle mura sovrastando la pianura.
Il più dolce dei dolci è senz'altro il dulcey, con il plum cake al limone guarnito di cioccolato e affiancato da un gelato di zucca e camomilla, per un dessert che soddisfa la voglia di zuccheri senza banalità.
Lo chef ci porta laggiù nel paese dei tropici, nascondendo, sotto un biscottone integrale, una zuppa di cocco, che il mango e il cioccolato armonizzano, mimetizzati tra i frutti.
Think pink sembra un invito a osare, il gioco è ancor più essenziale quanto efficace, con la barbabietola, la madre dello zucchero, che per affinità cromatica si allea con i lamponi, mentre l'uso del caprino, oltre che un'ottima soluzione gustativa, è pura valorizzazione del territorio, in questo che forse è il meglio riuscito dei dessert.
Contrasto è il nome di battesimo di questo dessert sorprendente che porta direttamente in Giappone, tra wasabi e yuzu, aromi pungenti che le arachidi salate intensificano, per una performance all'insegna della freschezza.
Tra un piatto e l'altro, lo sguardo si nutre di suggestioni, ogni pietra del complesso archeologico che ingloba i tavoli suscita meraviglia, in questo incontro tra antico e contemporaneo che dimostra l'eternità della bellezza e della grandezza umana, grandezza di chi eresse queste mura e grandezza di chi le ha salvaguardate.
Dalla colazione alla cena, passando per brunch all'internazionale o per aperitivi e degustazioni, l'Hostaria si incastona nella storia, per scrivere la propria, fatta di attenzione nella preparazione dei piatti, e cura dei commensali, anche queste qualità che non diventano mai passato.
Quassù, a Berg-heim, si torna alle origini per guardare avanti, con gusto e raffinatezza.
Hostaria del Relais San Lorenzo
Piazza Mascheroni 9/A
24129 Bergamo
tel. 035 237383
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