martedì 7 aprile 2015
Gricia's anatomy
Ti decidi a fare una ricetta semplice, col minimo degli ingredienti, più che classica atavica, come la gricia, pensando che almeno su questa e sul modo di prepararla non incapperai in alcuna diatriba o divergenza, e invece?
Non mi riferisco certo agli inciampi di Cracco alle prese con aglio,cipolla e panna, parlando dei grandi primi piatti laziali, no.
La questione è più datata, e io che sono pignolo, oltre che filologo, sono rimasto incastrato in un groviglio di varianti della ricetta, tutte ovviamente pretendenti al ruolo di versione originale.
I punti in esame sono diversi, a cominciare dal piatto in sé.
L'attribuzione dei natali a Grisciano - da cui il nome - , frazione di Accumoli, non vuol dire niente, perché l'area di produzione e utilizzo del guanciale, del pecorino e del pepe è sterminata, propagandosi in tutte le regioni toccate dall'Appennino centrale.
La prima vera domanda è in che rapporto sta con la cacio e pepe, l'amatriciana e la carbonara?
Per alcuni sarebbe una variante dell'amatriciana senza pomodoro, il che renderebbe entrambe le ricetto pressoché coeve, con una leggerissima precedenza per quella di Amatrice.
Ma se guardiamo agli ingredienti e a come in certe versioni degli stessi piatti vengono assemblati, l'evoluzione naturale, che va dal meno al più, dal semplice al complesso, dovrebbe vedere come più antica la cacio e pepe, quindi la gricia, e poi l'amatriciana e la carbonara (e stabilire quale di queste due sia precedente all'altra non è semplice, perché le fonti e il buon senso non collimano).
Sugli ingredienti c'è un altro piccolo nodo da districare, tra chi esige il pecorino di Amatrice, più umido, e chi quello romano classico, più duro e salato, ed è strano che tale pretesa compaia più spesso nelle ricette di gricia che in quelle di amatriciana, dove invece è più che tollerato il normale pecorino romano.
Anche il guanciale non è esente da polemiche, non in sé - impensabile sostituirlo con qualsiasi forma di pancetta, e tollerabile che possa essere di una qualsiasi regione centrale - ma nel modo in cui viene trattato sul fuoco: a parte l'idea - che io trovo eccessiva - di aggiungere altro grasso in padella, persino nomi importanti della cucina tipica romana non mancano di sfumarlo col vino bianco una volta reso croccante, cosa che invece nei paesini reatini non esiste proprio.
Sulla pasta e sul pepe non ho riscontrato restrizioni, e questo è comprensibile, perché rispetto alle altre paste laziali la gricia è tutta giocata sul grasso prodotto dal guanciale, che finirà comunque per fasciare qualsiasi formato.
Alla fine la gricia te la fai, un po' come ti gira, un po' scegliendo di pendere ora di qua e ora di là, e quando sei lì lì per metterla nel piatto, col pecorino che amalgama e le listarelle lucide di guanciale, dentro di te la versione originale è l'ultimo dei pensieri.
La gricia
Ingredienti:
100 g. di pasta (io ho usato le penne a candela di Gragnano)
50 g. di guanciale
30 g. di pecorino romano
2 l. d'acqua
sale
pepe
Innanzitutto, grattugia il pecorino in modo da averlo pronto e farlo amalgamare nel tempo giusto.
Taglia poi a listarelle il guanciale, mettilo in padella senza alcun grasso e dimenticatelo sul fuoco più piccolo che hai al minimo: sarà il profumo ad avvisarti che ci siamo.
Noterai che il grasso si sarà sciolto e nella padella ne avrai a sufficienza per condire la tua pasta.
A proposito di pasta, solita procedura passiva: 2 litri d'acqua per ogni etto di pasta, con 1 cucchiaino e mezzo di sale grosso, il 20 % del tempo sul fuoco, il restante con la pentola incoperchiata ma a fuoco spento, così la cottura verrà perfetta.
Preleva una tazzina d'acqua, che potrà servirti a mantecare, poi scola la pasta e mescola al guanciale in padella.
Aggiungi quasi tutto il pecorino grattugiato e qualche grattata di pepe, e mescola aiutando il pecorino ad avvolgere pasta e guanciale (se è il caso, usa l'acqua messa da parte).
Nel piatto, completa con il guanciale avanzato il padella, il restante pecorino e altro pepe, prima di godere.
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