venerdì 11 gennaio 2013

Noter de Berghem: i margottini


Quando le goccioline di nebbia prendono il sopravvento e un grigio lattiginoso fa da tema predominante alla tua giornata, capisci meglio, in modo più viscerale di quanto tu possa fare razionalmente, perché e come si sviluppa una cultura gastronomica.

In una giornata così, come quella presentatami stamattina, il mio terzo occhio - quello che punta a tavola - vede comparire istintivamente fusioni di formaggi, fumi di caldi intingoli, odori dolci e avvolgenti che si plasmano in sentori grassi sulle papille gustative immaginarie.

Non ti verrà mai in mente la mozzarella, le melanzane, il basilico, ed è ovvio che il discorso vale al contrario per chi risiede in luoghi più miti, come me in passato.

Il motivo per cui è il caso di fare territorio anche quando cucini a casa tua è che difficilmente stonerai col tuo piatto rispetto al clima e all'ambiente circostante.

La cucina bergamasca, poi, è un tesoro nascosto, se solo si ha il coraggio e la curiosità di andarlo a scovare.

Ogni valle ha il suo modo di fare la polenta, le sue verdure tipiche, i suoi stufati e arrosti tradizionali, insieme a tante altre delizie trasversali, dai monti alla bassa pianura, che con pochi ingredienti originari, come le farine, le carni, gli ortaggi da fiore e da fusto e soprattutto gli innumerevoli formaggi, formano un ricettario di tutto rispetto che merita di essere onorato.

Così, per chi si aspetta piatti tendenzialmente grevi, ecco spuntare un gioiellino come i margottini, piccoli sformati - il nome deriva da margot, ossia lo stampo simile a quello per panna cotta e tortini - di semolino con un cuore di tuorlo d'uovo, impreziositi da formaggi sapidi e stagionati.

Trovo curioso l'uso del semolino nella terra del mais, ma i bergamaschi non sono nuovi a queste sorprese: anche la cosiddetta polentina, che in realtà si chiama bolfadei, viene fatta con l'ottanta per cento di farina di frumento e solo uno spruzzo di mais, prima di essere versata bollente nel latte, che invece dev'essere freddo.

Il mio margottino perciò si butta decisamente sul territorio, visto che ho della buonissima farina di mais Quarantino, e pazienza se invece di un buon Branzi mi arrangerò con Roquefort o Tomme de Savoie, qualcosa mi dice che la mia giornata invernale ne sarà confortata ampiamente, soprattutto se l'accompagno con un rapido ragù di cotechino (ma quando finiscono 'sti avanzi?!).


Margottino di polenta con ragù di cotechino


Ingredienti:
50 g. di farina di mais
250 ml. di acqua
1 tuorlo d'uovo
30 g. di burro
20 g. di Roquefort
30 g. di Tomme de Savoie
sale
30 g. di cotechino cotto
1 cucchiaio di soffritto di sedano, carota e cipolla
1 tazzina di vino rosso

Prepara una polenta versando poco per volta la farina nell'acqua bollente salata, rimestando e lasciando cuocere per trenta minuti.

A cottura ultimata e fuoco spento, aggiungi burro e Roquefort alla polenta, amalgamando bene, poi lascia raffreddare qualche minuto, per renderla lavorabile.

Imburra lo stampo e rivestilo con la stessa farina - perché usare il pan grattato? - poi versa un paio di cucchiai di polenta e scava formando un incavo, facendo aderire la polenta sui bordi dello stampo.

Copri il fondo con metà formaggio - la toma - appoggia delicatamente un tuorlo d'uovo e ricopri con restante formaggio.

Fai un disco con la polenta restante, in modo da tappare il tortino e passalo in forno per dieci minuti a 180-200 gradi.

Mentre cuoce, fai un rapidissimo soffritto di sedano, carota e cipolla e aggiungi il cotechino a cubettini, sfuma con del vino rosso e fai cuocere per cinque-sette minuti, controllando che il grasso del cotechino crei la giusta densità, e alla fine puoi anche frullare se lo preferisci, in modo da avere una crema.

Appoggia il tortino cotto e sformato sulla salsa a specchio, e l'inverno nebbioso ti sembrerà cosa buona e giusta.

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