lunedì 24 dicembre 2012

Se no che Natale è? 'A pizza 'e scarole


Dieci anni fa, con mio enorme stupore, scoprii che qui in provincia di Bergamo della vigilia di Natale, intesa come occasione per festeggiare, non importa niente a nessuno o quasi.

Ricordo addirittura un mitico 24 dicembre a cena in un ristorante cinese, e tutti gli anni sento gli stessi odori di minestrine a partire dalle 18 dalle finestre dei vicini, come se il giorno in questione non avesse nulla di particolare.

Per fortuna, il pranzo del 25 è più che lauto e quindi accettare questo cambiamento non è stato poi così difficile.

Tuttavia, il napoletano che è in me ogni anno cerca di tener viva la memoria del 24 dicembre alla napoletana.

Quest'anno ho affidato il compito di memorandum alla pizza di scarole.

La mia tradizione vuole che si consumi durante il pranzo del 24 per tenersi leggeri in vista del cenone.

Concetto di leggerezza relativo, che mi fa capire come i tempi siano cambiati, visto che la pizza di scarole può anche essere tutt'altro che leggera e soprattutto una fetta tira l'altra, per cui finisci per spazzolare tutta la teglia e addio leggerezza.

La scarola è una variante dell'indivia, anche se a Napoli l'indivia è solo l'anagramma del quasi omonimo peccato capitale, e ha gli stessi sentori amarognoli di tutte le cicorie, ma molto più tenui.

Si fa stufare con una serie d'ingredienti che vogliono quasi esorcizzare il rischio della mancanza di sapore: c'è la componente salina delle acciughe-olive-capperi, e quella dolce dell'uvetta-pinoli.

Io ci metto anche il peperoncino e chiudo tutto nella pasta del mio pane, con l'aggiunta di una generosa oliatura.

Se no che Natale è...


'A pizza 'e scarole


Ingredienti:
500 g. di pasta di pane (qui trovi come prepararla)
2 cespi di scarola
100 g. di olive nere
20 g. di capperi salati
5 acciughe sotto sale
1 peperoncino
1 spicchio d'aglio
50 g. di uvetta
20 g. di pinoli
olio evo

Per la pasta di pane, dosi e preparazione le trovi nel post sul mio pane: non aggiungo olio durante la lavorazione, perché sarà la teglia a essere ben ingrassata e anche sulla superficie daremo la giusta mano di grasso.

Unica differenza con il pane è la lievitazione unica, perché non c'è bisogno di mettere in forma la pasta e farla ricrescere, quindi anche i tempi sono ridotti, in due o tre ore l'impasto dovrebbe avere già il volume e l'elasticità giusti.

Metti a bagno l'uvetta in acqua calda per una mezz'ora, e lava e riduci in pezzi la scarola, per poi metterla a scolare.

Fai sciogliere in padella con una dose generosa d'olio le acciughe, insaporendo con l'aglio - che toglierai poi - e il peperoncino.

Denocciola le olive e tagliale a pezzi, sciacqua appena appena i capperi, e aggiungi tutto in padella.

Dopo qualche minuto, unisci l'uvetta e i pinoli, rigirando il tutto, per poi aggiungere la scarola.

All'inizio, il volume della verdura ti sembrerà spropositato, ma in capo a tre o quattro minuti le foglie appassiranno e si ridurrà.

Nel frattempo, inizia comunque a mescolare con un cucchiaio o una paletta, dal basso, cercando di rivoltare la massa di foglie, visto che quelle alla base cuociono subito.

Quando tutte le foglie appariranno ammosciate, non è affatto finita: ti accorgerai che sul fondo della pentola c'è tutta l'acqua scaricata dalla scarola.

Quell'acqua deve asciugare, altrimenti la pasta della pizza si bagnerà e si rovinerà, perciò continua a rimestare su fuoco forte, finché tutta l'acqua non sarà sparita e, prima di spegnere e di dare un'ultima mescolata, aggiungi sale.

Il panetto di pasta va diviso in parti disuguali, perché la copertura richiede meno pasta della base.

Stendi la base direttamente nella teglia ben oliata, semplicemente schiacciando con le mani finché i bordi non raggiungono le estremità della teglia.

Distribuisci la scarola cotta e condita fino a un centimetro dal bordo della pasta.

Stendi l'altra metà della pasta su una superficie infarinata fino a raggiungere le dimensioni necessarie, copri la scarola e rimbocca i bordi della base creando un cordoncino di chiusura, altrimenti i succhi della scarola fuoriusciranno.

Fai qualche buco di sicurezza sulla falda di pasta in superficie, così l'aria potrà sfiatare, dai un'ultima passata d'olio spalmandolo con le mani, e inforna in forno già caldo al massimo.

Come tutte le pizze in casa, il problema è cuocere bene il fondo prima che la sommità si scurisca.

Per questo io faccio quindici-venti minuti di cottura a 200 gradi tenendo la teglia bassa, poi porto la temperatura ai canonici 180 gradi e, se la superficie non è ancora colorata, alzo la teglia ai piani alti, altrimenti la lascio sul fondo.

A trenta minuti di cottura la pizza sarebbe anche già cotta, ma io non voglio mai correre il rischio della pizza troppo umida, così abbasso ulteriormente la temperatura e la faccio asciugare ancora altri dieci minuti, ma qui entriamo nel campo del gusto personale.

In ogni caso, la pizza di scarole - come moltissime preparazioni di casa mia - si mangia meglio tiepida o addirittura a temperatura ambiente, per questo dopo la cottura e prima del taglio se ne passano altri quindici o venti minuti.

Ne è avanzata metà, casomai stasera - che qui è una sera come le altre, ripeto - mi venisse un attacco di nostalgia...

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