Nel 2012, Ken Loach ha fatto sapere al mondo che più o meno ogni dieci anni, dal 18 al 25 % del whisky scozzese messo a invecchiare riesce a sfuggire tra le doghe per raggiungere i cieli dove ad attenderlo ci sono schiere di angeli, evidentemente beati non per grazia divina ma per gradazione profana.
Stiamo parlando quindi di circa 20 milioni di galloni annui, e dà veramente le vertigini immaginare l'equivalente di centinaia di migliaia di bottiglie di scotch whisky aleggiare beato tra i beati sulle nostre teste di peccatori terreni.
Lo stesso si potrebbe fantasticare che accada nelle sfere sovrastanti le grandi distillerie di grappa italiana, cosicché anche gli abitanti dello Stivale possano vantarsi di contribuire all'allegria delle creature alate.
La citazione l'ha fatta Claudio Riva, del Whisky Club Italia, l'altra sera a Ponteranica, alla trattoria Falconi - sede dell'Associazione Degustatori Italiani di Distillati e grappe - dove Marco e famiglia hanno ospitato una sfida dal sapore mitico tra il distillato angelico d'oltre Manica e le grappe del Nord italico, tutto all'insegna del torbato.
Proprio la torba fa da gene comune delle due grandi scuole di distillazione, perché le immani glaciazioni del Quaternario produssero pressoché lo stesso effetto sia a ridosso del Polo Nord che ai piedi della catena alpina, con distese di ghiaccio che, ritirandosi nei periodi più caldi, trasportavano grandi quantità di detriti erbosi, accumulando depositi di torba, in una terra che, ora brulla come in Scozia e ora paludosa come nella parte bassa del Sebino, offriva poco pascolo e quasi nessuna legna, inducendo gli abitanti a usare torba a tutto spiano.
La cifra gustativa che accomuna certi whisky - soprattutto delle Ebridi - e alcune grappe, quell'aggettivo definitorio, torbato, che rischia a volte di diventare uno sterile estetismo, non è infatti il frutto di una creatività dei distillatori, consapevoli di generare un certo effetto in chi assaggia, ma è in realtà un accidente dovuto alle condizioni di vita e ai costumi dettati giocoforza da ciò che la natura dava come unica e valida fonte combustibile.
Il fumo della torba bruciata - che neanche le lavanderie del Paradiso riuscirebbero a togliere dalle tuniche degli angeli - non ci finiva apposta nel processo di maltificazione dell'orzo, né in quello di conservazione e lavorazione delle vinacce, né tantomeno il forte sentore affumicava di proposito le doghe delle botti piegate dal bottaio col calore, ma tutto ciò accadeva per pura necessità, e se il legno si scuriva troppo fin quasi a carbonizzare non era certo per fargli svolgere la sua funzione di carbone attivo purificatorio, ma semplicemente perché il lavoro dell'artigiano poteva comportare delle oscillazioni nella qualità esecutiva.
Oggi, tutte queste caratteristiche, che finiscono dritte per trasformare i grandi distillati in un crogiolo di aromi da capogiro, sono provocate ad arte, finanche a raggiungere estremizzazioni che alterano persino la bevibilità dei distillati, in nome di una volontà di stupire fine a sé stessa.
L'intento di ADID e di Whisky Club Italia, con l'evento La grappa contro il resto del mondo, è invece quello di accorciare la distanza tra il pubblico e questi prodotti di grande tradizione, tessendo fili che da Islay al Veneto, dal Mare delle Ebridi al lago d'Iseo, possano far recuperare il senso storico e culturale della distillazione, come processo produttivo antropologicamente legato alla storia dei popoli che la realizzano.
Con un calore degno delle importanti gradazioni dei distillati della serata, Marco Falconi ha dunque aperto le porte dell'omonima trattoria come sede provinciale ADID, confortato dall'autorevole presenza del presidente nazionale Cristiano Comotti a orchestrare la degustazione delle grappe, corroborata dalla presenza di Carlo Volpe a rappresentare le Distillerie Franciacorta, prima di lasciare il campo a Claudio Riva per la sua affabulatoria passeggiata nel mondo dei whisky di Islay.
A tavola, un sostanzioso training preparatorio alla degustazione prende il via dai ravioli di magro impreziositi dalla pancetta affumicata al torbato, giusto per stare sul pezzo con fermezza.
Accompagnati dal Valcalepio Sant'Alessandro dell'azienda Falconi, la scena la rubano questi splendidi bocconcini di fassona stufati nientemeno che al Laphroaig, creando un ponte con l'assaggio conclusivo della sfida.
Prima di passare a ciò che anche gli angeli agognano, non lascia indifferenti il dessert composto da torta Paradiso - rieccoli, gli angeli! - al whisky, con un gelato di fattura magistrale.
Si entra subito nel vivo della questione torba, con la grappa Le Torbiere delle Distillerie Franciacorta, che con garbo Carlo Volpe presenta e racconta.
Il distillato è un blend di grappe solovitigno, invecchiato in rovere e ciliegio sottoposti ad affumicatura con la torba.
Essendo il legno a subire il trattamento, il distillato conserva apparentemente le sue caratteristiche originarie, e il naso iniziale non lascia presagire gli aromi torbati e affumicati che invece si sprigionano subito dopo la deglutizione.
Sorprendente e semplice, Le Torbiere conserva lo stesso garbo del suo presentatore, e non inclina mai verso eccessi di dolcezza, conservando invece le note più sapide che il contrasto con l'affumicatura mette in risalto.
A ruota, la Torba Nera Castagner, dal trevigiano, frutto di un processo di affumicatura diretta alle vinacce, è nello stesso tempo ammorbidita dai 10 anni in barrique che ne accentuano tendenze agrumate e dolci più tipiche del legno, a ritardare le sensazioni peculiari della torbatura, per un assaggio più canonico e un effetto più studiato.
Dal Nord Italia a Islay, Claudio Riva del Whisky Club Italia ci fa approdare prima sulla costa nordorientale dell'isola, con il Caol Ila 10 Aged Years 2006-2016, fresco d'imbottigliamento, prendendosi cura di ogni singolo millilitro che finisce sulle nostre papille gustative.
Il perfetto bilanciamento si evince già dal chiarore, nonché dalla finezza che si prende il suo tempo per evolvere facendo emergere note affumicate mai aggressive e sottilmente tendenti al salmastro, che le gocce d'acqua stillate poco alla volta nel bicchiere aiutano a emergere, facendoci tutti un po' più angelici.
Con il Laphroaig 10 Original Cask Strength si va nel profondo della tecnica degustativa, e qui gli angeli restano a guardarci dall'alto, mentre Claudio ci invita a miscelare direttamente in bocca acqua e whisky in sorsi consecutivi e in quantità inversamente proporzionali, partendo da acqua con poco whisky, per poi ridurre la prima e aumentare la seconda.
In questo modo, un whisky che esce dalla botte al 59 % - misura che viene ridotta di pochissimo prima dell'imbottigliamento - può familiarizzare col palato senza shock, e in due o tre sorsi di miscela il Laphroaig è capace di raccontare tutta la sua celestiale complessità, persino spogliandosi di quella grossolana fama di torbato "cazzuto" che si porta cucita addosso nella vulgata di chi ne è o crede di esserne appassionato.
Ed è al termine della degustazione che si capisce il senso di eventi come questo, quando i relatori sono capaci di rivelarti, grazie alla loro esperienza e alla loro passione, i lati nascosti, i pregi inattesi, le note caratteriali di ciò che ti fanno assaggiare, costruendo una relazione tra il bicchiere e chi assaggia, a favore della consapevolezza, e quindi della responsabilità, non solo verso un bere ossequioso e mai smodato, ma soprattutto verso il lavoro che generazioni di uomini prima di noi hanno saputo realizzare, lasciandoci in eredità una sapienza da tutelare e far proliferare.
Da adesso in poi, cherubini, serafini, troni, e tutte le altre entità alate che svettano nei cieli delle distillerie sanno di dover ringraziare anche ADID e Whisky Club Italia, Marco Falconi e Claudio Riva, per aver saputo prenderci per mano e portarci tutti dalla parte degli angeli.
Delegazione ADID Bergamo
Via Valbona 81
24010 Ponteranica (BG)
tel. 035 572236
sms Marco 3494131424
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