Francesco Salvo si racconta con la disinvoltura e la sincerità dell'artigiano consapevole delle sue capacità e nello stesso tempo attento a tenere i piedi ben piantati per terra.
Con suo fratello Salvatore sono protagonisti, qui alla Cantalupa a Brusaporto, di un'alleanza strepitosa tra la loro pizzeria, Salvo, e il ristorante Da Vittorio: così per una sera assistiamo a una travolgente jam session tra i Cerea, i fratelli stellati, e i Salvo, i fratelli dalla pizza stellare.
Eppure, vista la cornice e il prestigio dell'occasione, ci sarebbe da perdere la testa e ringalluzzirsi, ma dalle parole di Francesco emerge innanzitutto il grandissimo rispetto per la famiglia bergamasca che li ospita, tanto da dichiarare scherzosamente che qui a Brusaporto ce fosse venuto pure a ppere.

La curiosità è grande, riusciranno i due fratelli pizzaioli - con l'aiuto del forno di Stefano Ferrara che rimarrà alla Cantalupa per prossimi eventi a base di pizza - a ricreare l'habitat che è loro proprio, a 800 km di distanza, alzandosi di buon mattino a preparare l'impasto in condizioni climatiche differenti, senza far perdere al prodotto finale le caratteristiche che rendono celebre la loro pizza?

Tutto questo non per fare marketing e commerciare una farina con sopra stampato il proprio cognome, ma esclusivamente per amore del proprio mestiere, serietà professionale, voglia di migliorarsi giorno dopo giorno.
Un lavoro silenzioso, spesso sconosciuto alla maggioranza dei clienti ma anche degli addetti ai lavori, troppe volte presi a guardare la propria eccitazione nello scrivere di classifiche improbabili, di contrapposizioni immaginate, di faide laceranti.
Se c'è qualcosa che a volte Francesco si sente di imputare a chi parla del fenomeno-pizza è questa morbosa attenzione ad apporre etichette come il re dell'impasto, il principe della lievitazione, il boss della bocca-di-forno, definizioni che una volta affibbiate, invece di valorizzare finiscono per ridurre in modo semplicistico il lavoro svolto.
Un lavoro che ha portato Francesco e Salvatore due anni fa a rinnovare il loro locale e dar vita a un concept di pizzeria innovativo, che parte sì dalla consolidata qualità della pizza, ma che pone anche la massima attenzione al servizio, al personale, all'accoglienza, alla varietà delle carte, vini compresi, sui quali i due fratelli hanno da pochi mesi intrapreso un percorso altrettanto innovativo: portare i grandi vini in pizzeria, cercando di adottare una politica dei prezzi quanto più possibile democratica, per offrire qualità al maggior numero di clienti, con rincari di gran lunga inferiori a quelli che si riscontrano in locali dal balsone - vero o presunto - più elevato.
Proprio sui costi, ci confrontiamo in maniera serrata e costruttiva, convenendo sul fatto che a Napoli la pizza forse costa ancora troppo poco, vuoi per consuetudine, vuoi perché realmente il mercato locale non permette grandissimi aggiustamenti, e se un aumento dei prezzi è pensabile, va inquadrato nel valore dell'artigianalità e della quantità di impegno e pensiero che il pizzaiolo mette dietro le sue creazioni, altrettanto degne dei piatti da ristorante.
I preparativi fervono, ma la serata è partita con il marchio del successo annunciato: neanche dopo ventiquattr'ore dalla mail che avvisava dell'evento si erano raggiunte le 200 prenotazioni e altrettante in lista d'attesa, tanto che Chicco Cerea non ha esitato a chiedere ai Salvo di bissare il giorno dopo, e rinunciare, per i due fratelli campani, dev'essere stato come darsi una martellata (non dico dove).
Salvo-Cerea, dunque: quale origine ha il connubio?


Sul tavolone del buffet allettano il polpo, la braciola d'annecchia, la scarola, le alici, e poi la profusione di mozzarella, pettola, provola, in questo tripudio bufalino che più tardi verrà spazzolato con vera incredulità dai commensali.

Mentre le fritture - pesce da una parte e fiori di zucca con ricotta dall'altra - contribuiscono a immergere la Cantalupa nelle acque antistanti al Vesuvio, Salvatore ammacca i dischi di pasta e intanto si preparano le prime pizze.
Giustamente l'esordio è della margherita del Vesuvio, con pomodori del piennolo, mozzarella di bufala campana DOP, olio extravergine vesuviano.

L'esaltazione dei commensali è palpabile, così dopo la margherita arriva l'uno-due della cosacca e della marinara, e in questa prima tranche la tradizione della pizza napoletana è servita dai Salvo e riverita dai bergamaschi che hanno voluto onorarli.
Da napoletano, che la marinara lasci stesi tutti non mi stupisce, ma mi fa ancora più piacere che riscuota il dovuto successo una delle pizze che contraddistingue i fratelli Salvo, cioè la cosacca che - come giustamente sottolinea Francesco - è un inno alla semplicità, con il pomodorino di Corbara e il pecorino bagnolese.
La seconda tornata di pizze prende l'avvio da una base di mozzarella DOP sulla quale si esaltano il cipollotto nocerino e le alici fresche, intensificate dal caciocavallo podolico.
Una pizza di carattere che dimostra l'enorme duttilità della pizza, l'attenzione ai prodotti pregiati del territorio, senza tuttavia eccedere ma cercando piuttosto un equilibrio per contrasto, tra la dolcezza del cipollotto e la salinità delle alici.


Due giri di schiumarola e la pizza, opportunamente tamponata dal grasso in eccesso, vola dritta ai tavoli, facendo venire a tutti la voglia di un trasferimento immediato a San Giorgio a Cremano.
La chiusura, insomma, lascia il pubblico bergamasco nella più totale incapacità di trovare le parole adatte per descrivere un simile crescendo di bontà.
E il successo stratosferico si amplia dai fratelli Salvo alla napoletanità tout court, grazie all'allucinante buffet di dolci napoletani approntato dai Cerea.
Dal tavolone strapieno di delizie al limone, sfogliatelle frolle, caprese, babà, struffoli e zeppole di San Giuseppe, spicca soprattutto questa splendida pastiera che piange, nel senso che trasuda la giusta umidità, e fa piangere di commozione perché la sua bontà è oltre ogni facoltà descrittiva.
Felice la casa che ospita un amico, disse una volta Ralph Waldo Emerson.
Felice la famiglia Cerea nell'ospitare i fratelli Salvo che a loro volta hanno dispensato felicità a noi, oltre ogni divisione tra nord e sud.
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