giovedì 20 marzo 2014

La pizza in casa? Morbida, alveolata, digeribilissima


Per un napoletano - cioè per un italiano che ha mangiato in media un numero ragionevolmente più alto di buone pizze rispetto ai suoi connazionali - la pizza in casa è quasi una tragedia.

La pizza casalinga tende sempre a essere troppo croccante, se non biscottata o addirittura secca, e se stai indietro con la cottura per evitare questo inconveniente finisci per lasciarla cruda.

Niente a che vedere con quelle belle pizze dotate di giusta elasticità, con il bordo gonfio, che sa di pane, e l'impasto che si scioglie in bocca.

La pizza in casa fa cric croc.

Ed è solo colpa nostra.

Ho sentito dire che accade lo stesso anche ai genovesi con la focaccia, anzi, che a nessun genovese vero verrebbe mai in mente di farsela a casa, data la superiorità di quella del fornaio.

Lì vicino, a Recco, stessa storia con la famosa focaccia al formaggio.

Ora ci sentiamo meno soli in questa triste impossibilità di rifare a casa dette leccornie, ma il problema resta.

Tornando allo specifico della pizza, la differenza fondamentale tra la pizzeria e la casa sta nel forno, e non tanto per la legna - sebbene abbia la sua importanza - quanto per la temperatura, che supera quella del miglior forno di casa di almeno 200 gradi centigradi.

Con questo gap, puoi fare tutte le diavolerie che vuoi, ma non riuscirai mai a ottenere quel risultato.

Nessun altro piatto pone questo problema ai buongustai, a casa puoi replicare qualsiasi cosa  - fatta eccezione per la cucina eseguita con strumenti tecnologici spaziali tipo sonicatori o ultrasuoni - e con un po' d'ingegno puoi persino riprodurre la cottura sottovuoto, ma la pizza della pizzeria te la puoi scordare.

Ed è un vero problema, soprattutto per i partenopei.


La pizza napoletana, infatti, ha due caratteristiche tattili che la firmano, per così dire: il cornicione alto e la pasta morbida.

Sebbene oggi ci sia una profonda rivalutazione dei metodi di preparazione della pizza, grazie all'egregio lavoro dei pizzaioli più in vista, la ricetta base di una pizza da pizzeria tradizionale prevede in genere un'idratazione che si aggira intorno al 60 %, magari con qualche puntata verso l'alto, ma difficilmente si arriverà a percentuali significativamente maggiori.

Questa ricetta è diffusa dai pizzaioli stessi e divulgata anche a chi vorrebbe gustarla a casa, ma non funziona mai, o meglio, il risultato finale ha quelle sgradevoli caratteristiche nella consistenza di cui parlavo all'inizio.

Delle ricette contenute in molti libri e oggi in parecchie pagine web poi non ne parliamo.

Ed è colpa del forno, si dice.

Anche della ricetta, aggiungerei.

Che cosa succede al disco di pasta una volta infornato?

Il calore ha due effetti: gonfia le bolle d'aria interne e fa caramellare gli zuccheri, tendendo a cristallizzarli.

Questi due effetti però hanno velocità diverse in rapporto alla temperatura.

Nel forno della pizzeria - più di 400 gradi - l'effetto di rigonfiamento avviene più rapidamente della solidificazione degli zuccheri: per questo la pizza della pizzeria - quella napoletana buona - avrà il cornicione con dei buchi all'interno a renderlo somigliante alla mollica del pane e appena un principio di cristallizzazione, giusto quel minimo di solidità affinché non si afflosci, con l'aggiunta delle caratteristiche macchie scure, principi di bruciatura, dovute allo shock termico.

Nel forno di casa, anche nel migliore che arriva a 250 gradi certi, l'azione di rigonfiamento è più lenta, di conseguenza quella di cristallizzazione riesce a rimontare sulla prima, e alla fine della cottura, quand'anche si sia riusciti a far formare delle bolle interessanti, tenderà a essere sempre più croccante di quanto ci sarebbe piaciuto, e mai e poi mai la pizza risulterà maculata come un leopardo, ma si abbronzerà.

Ora che ti ho dato tutti gli indizi, trovare la soluzione è semplice, sebbene eseguirla non lo sia altrettanto.

Parentesi digestiva
Nonostante il grande passo avanti nella divulgazione, grazie ai mezzi di comunicazione che hanno dato modo ai grandi artigiani della pizza di spiegare come farla, leggo ancora in giro ricette con quantità immani di lieviti e tempi di maturazione assurdi.

Mettere un panetto di lievito di birra - dai 12 ai 15 g. - in mezzo chilo di farina è come preparare una bomba.

Far lievitare fino a un generico raddoppiamento del volume - a volte basta anche un'ora per un risultato simile, che però è buono solo all'apparenza - non vuol dire che sia avvenuta la necessaria trasformazione chimica.

In questa piccola parentesi, allora, riassumo con uno slogan l'unico e vero segreto - che segreto non è - per una pizza perfettamente digeribile.

E quando dico perfettamente digeribile intendo dire che già solo dieci minuti dopo averla mangiata ti sembrerà di non sentire alcun peso, oltre a garantirti una perfetta notte di sonno e alcun segno di sete allarmante.

La cattiva digestione e il bisogno di bere, infatti, oltre alla pesantezza, derivano direttamente dall'eccesso di lievito e dal poco tempo di lievitazione.

Perciò, lo slogan è: meno lievito, più maturazione.

Meno lievito significa meno di quanto tu riesca a immaginare.

Più maturazione vuol dire essere disposti ad aspettare parecchio, ma proprio tanto, prima di stendere e infornare.

Te la senti?

E ora torniamo alla soluzione per ottenere una pizza dal cornicione gonfio e morbida.

Una questione di acqua
Luogo comune vorrebbe che la bontà di alcune preparazioni napoletane dipenderebbe dall'acqua.

Il caffè, per esempio, e ovviamente la pizza, sarebbero così buoni e non riproducibili perché l'acqua di Napoli avrebbe poteri magici.

Una bufala, per fortuna oggi nessuno più ci crede ed è stato ampiamente dimostrata l'assurdità di quest'idea.

Però l'acqua c'entra e come, col nostro discorso.

Sì, le farine hanno il loro peso: più è alto il loro tenore proteico e più sono grezze, maggiore sarà la tendenza alla tenacia dell'impasto.

Il lievito può influire?

Senz'altro sul profumo e sul sapore, ma per una pizza in casa non ci sono differenze significative tra lievito di birra fresco o secco e lievito madre fresco o secco.

Olio?

Non guasta, ma nemmeno determina.

Sale?

Il minimo necessario, ma ovviamente non c'entra nulla con la morbidezza e l'alveolatura.

Infatti, la soluzione per ottenere una pizza morbida e col cornicione gonfio col forno di casa è idratare al massimo l'impasto.

Acqua, acqua, tanta, tantissima acqua.

Settanta per cento?

Macché!

Ottanta?

Cominciamo a ragionare.

Ma la verità è che se si vuole andare sul sicuro, bisogna puntare al cento per cento d'acqua.

Non so se ti rendi conto: l'impasto in questo modo è ai limiti del lavorabile e per realizzarlo hai bisogno di qualche accorgimento.

Ma con un po' d'attenzione e dei passi precisi, potrai farti a casa una pizza che, oltre a gonfiare sul bordo restando però bassa al centro, avrà la giusta alveolatura e soprattutto non avrà la consistenza di un biscotto, bensì una gustosa scioglievolezza e - last but not least - massima digeribilità, che si ottiene avendo cura di far maturare l'impasto per tempi molto slow.

Perciò, se proprio ti vuoi cimentare, pensaci una settimana prima perché ti servirà almeno un giorno e mezzo tra il decidere di farla  e il poterla gustare.

La pizza al 100 %


Non ti do delle dosi, ma delle proporzioni, basate sull'esempio per due pizze (sì, io ne faccio anche solo due per volta).

Una buona bilancia digitale fa senz'altro al caso tuo.

100 % farina (per due pizze 300 g.)
lievito:
  • di birra
    • fresco 1% (3-4 g.)
    • secco 1 % (3-4 g.)
  • madre
    • fresco 20-25 % (70 g. circa)
    • secco 7 % (20 g.)
acqua 100 % (300 g.)
sale 2 % (6 g.)
eventuale olio o strutto 4 % (10-12 g.)
semola di grano duro

La procedura d'impasto
Se usi lievito di birra fresco, scioglilo nell'acqua schiacciandolo tra le dita finché tutte le briciole sono disciolte.

Il lievito madre fresco conviene aggiungerlo quando hai già cominciato a unire acqua e farina.

I lieviti secchi puoi mescolarli sin dall'inizio alla farina, prima ancora di aggiungere l'acqua.

Perciò, quando dirò di unire acqua e farina vorrà dire che il lievito di birra l'avrai già unito all'acqua mentre quello secco sarà già mischiato alla farina e quello madre fresco invece lo unirai a impasto avviato.

La storia del sale che non va messo a contatto con il lievito - qualsiasi lievito - è vera solo se i due elementi entrano in contatto diretto, ma per esempio il pizzaiolo napoletano in genere scioglie sia il lievito di birra che il sale - uno per volta - direttamente nell'acqua.

Se però temi reazioni indesiderate e vuoi usare il lievito di birra, puoi anche aggiungere il sale alla farina e poi procedere.

Se invece usi quello secco è meglio che aggiungi il sale all'ultimo momento.

L'eventuale grasso ti converrà metterlo alla fine, eventualmente prima del sale, se usi lieviti secchi (ma io il grasso non ce lo metto proprio: esso infatti avrebbe la funzione di ammorbidire, ma la procedura che ti sto illustrando ti garantisce già  la morbidezza).

Unisci acqua e farina in un'unica soluzione usando una ciotola e mescola, meglio se con un cucchiaio o una spatola di legno, amalgamando bene il tutto, finché sulle pareti non restino residui.

Copri la ciotola e lascia riposare l'impasto per 30/60 minuti coperto possibilmente con la pellicola.

Le pieghe
Io uso un grosso tagliere, ma va bene anche il marmo o il metallo.

Aiutandoti con la semola per infarinare, rovescia l'impasto sul piano di lavoro e piegalo su sé stesso, ruotandolo in modo da effettuare pieghe che vadano in direzione diversa da quelle precedenti.

Puoi piegare l'impasto semplicemente come piegheresti un tovagliolo, prendendone un lembo e portandolo sull'altro, poi girare ed effettuare un'altra piegatura.

Oppure puoi dare alla pasta una vaga forma quadrangolare e piegare gli angoli al centro.

O ancora, puoi afferrare un lembo e arrotolare l'impasto formando un cilindro, poi prenderne le estremità e piegarle sotto.

Credimi, non fa alcuna differenza, l'importante è che l'impasto sia piegato e che nel frattempo si asciughi anche grazie alla semola, della cui presenza dovrai sempre assicurarti.

Nel giro di un'ora cerca di fare almeno tre piegature, riponendo ogni volta l'impasto ripiegato nella ciotola di partenza ricoprendolo: la prima piegatura ti sembrerà piuttosto ardua e dovrai usare parecchia semola, ma già dalla seconda in poi ti accorgerai che l'impasto è molto più asciutto e lavorabile.

Dopo tre, quattro, anche cinque piegature, spalma un filo d'olio in una ciotola abbastanza capiente e pulita, e appoggiaci l'impasto.

Copri la ciotola e mettiti l'anima in pace: dovrà riposare dalle 18 alle 24 ore.

Con frigo o senza?
Il riposo dell'impasto può avvenire in frigorifero, e quindi a temperatura controllata, o a temperatura ambiente, con maggiori oscillazioni, a meno che tu non abbia una cantina.

Se hai usato farine più deboli o il farro, ti accorgerai che l'impasto lieviterà in meno tempo.

Se fa molto caldo, la lievitazione - che in pratica è una fermentazione - sarà più intensa e tenderà a essere più rapida.

Qualora decidessi di usare il frigorifero, metti l'impasto nella parte bassa, quella meno soggetta a sbalzi, e calcola che da quando lo estrarrai dal frigorifero avrai bisogno di almeno un'ora di ambientazione alla temperatura esterna.

Le proporzioni indicate ti faranno ottenere un impasto dal peso equivalente a circa il doppio della farina di partenza (nel mio esempio, ottengo sempre una quantità che oscilla tra i 580  e i 640 g).

Con una spatola, taglia l'impasto nelle parti corrispondenti al numero di pizze (tra i 250 e i 300 g. di pasta per ogni pizza), e su ognuna di esse effettua una piegatura come quella già fatta a tutta la massa, in modo da ottenere una pallina d'impasto, che lascerai riposare su una superficie infarinata per almeno un'altra ora (e siamo a ventisette-ventott'ore, eh?).

L'arte di stendere
Usare il matterello sarebbe a questo punto un sacrilegio.

L'impasto va steso a mano e cercherò di spiegarti come fa il pizzaiolo napoletano a stendere il disco di pasta.

Per prima cosa, passa rapidamente in un velo di farina la palla d'impasto che nel frattempo si sarà parecchio rilassata.

Dopo il lungo tempo di maturazione ti sarà possibile sentire che dentro la pasta c'è l'aria che si sposta in base alla tua pressione.

Cerca di pressare delicatamente con le dita partendo dal centro e andando verso i bordi: fallo su entrambe le superfici della pasta per un paio di volte.

Quando l'impasto matura bene, la sua reazione alla pressione è notevole, si stenderà subito.

Ora viene il bello: hai presente quando il pizzaiolo batte il disco di pasta rigirandolo tra le mani e il piano di lavoro?

Non è difficile, si tratta solo di fare i movimenti giusti e ripeterli fino a prenderne dimestichezza.

Con una mano, tra il pollice e le altre dita, tieni il bordo del disco, con le dita dell'altra mano schiaccia delicatamente muovendoti nella direzione opposta alla mano che tiene fermo il disco.

Una volta che l'altra mano ha schiacciato e si è distanziata, sposta il lembo di pasta che tieni con l'altra fino a coprire la mano che ha schiacciato, appoggia la mano che ora è libera sul piano di lavoro aperta verso l'alto, solleva l'altra mano coperta dalla pasta e ribaltala su quella distesa, cercando di far andare di nuovo il bordo del disco nell'incavo del pollice.

A questo punto, riafferra il bordo e ripeti la sequenza.

Raccontata alla moviola sembra tremenda, ma in realtà tutta 'sta tiritera dura un secondo e mezzo, per cui in dieci secondi avrai abbondantemente battuto e steso la tua pizza.

La cottura
Il forno va al massimo: ci sono forni che arrivano a 220, altri a 250 o persino 270 gradi.

Al massimo possibile.

Che non è quando si spegne la lucina, no.

Dopo che la spia si è spenta, meglio aspettare che si riaccenda e poi si rispenga, per essere certi di dare alla pizza una considerevole botta di calore.

Qualsiasi tipo di teglia oliata va bene.

Funzionano anche i retini di alluminio o la pietra refrattaria, ma qui siamo già ai trucchetti.

Il punto è un altro: devi mettere la pizza direttamente sulla base del forno, in modo da farla solidificare a sufficienza sotto, per poi spostarla sulla griglia e continuare a tenerla in basso, per completare il processo.

Quando ti sembra cotta, falla colorare anche in superficie spostandola più in alto che puoi, vicino alla resistenza superiore.

Tutto questo dura una decina di minuti, con delle oscillazioni a seconda di quanto tempo ci metti a togliere la pizza dalla teglia per metterla sulla griglia e poi a spostarla verso l'alto, dato che aprendo il forno il calore si disperderà.

Ma al massimo in un quarto d'ora la tua pizza sarà perfetta: morbida, alveolata, digeribilissima.

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