sabato 7 novembre 2015
Agri della Fonte, o dell'arte dell'accoglienza
Spunta dal nulla, nel buio di queste prime sere a ora solare, anche se in questa foto la vedi benedetta dal sole.
Tornando da Gallignano, l'idea è arrivare a Torre Pallavicina e mangiare qualcosa lungo l'Oglio, così per puro spirito d'avventura si passa per la strada bassa da Fontanella a Pumenengo, si entra in un nero pesto e fagocitante, che però è anche una benedizione, segno di un'area vasta di terra ancora buona per coltivare e allevare, qui, alla punta estrema della provincia bergamasca.
Poi, una freccia bianca, a destra, ippoturismo, e cartelli fatti a mano che ti fanno salivare con le parole gnocco fritto e salumi.
In lontananza si vede il pezzo di strada di campagna che sta per trasformarsi in percorso più ampio e luminoso, mentre qui, nella direzione della freccia e dello gnocco fritto vagheggiato, la strada diventa stradina sempre più ina, si torce, si incunea, poi si affila facendo il pelo a un campo di granoturco a destra e a una macchia indistinta a sinistra, ché il buio non permette di decifrare.
Così approdi a Cascina Lanzanova, nel silenzio pieno, e non sai se magari quello gnocco fritto era una vestigia di un tempo che fu e ti tocca tornare indietro o se magari addentrandoti...
E allora volti a destra, passi tra due pilastri di mattoni, e finalmente scorgi luminarie dietro vetri, aspetta che scendo a chiedere, apri la porta, fate da mangiare? Siete aperti? e incassi risposte cordiali che ti scaldano come patate appena tolte dalla cenere, tu che già ti vedevi ripartire mogio verso Pumenengo in cerca di un desco per rifocillarti.
Agri della Fonte, questo il nome dell'agriturismo con maneggio che si incastona qui dove il paesaggio è quello fertile sulle rive del fiume, dove campi, orto e bestie sono ancora sentite come presenze irrinunciabili e paritarie agli esseri umani, più che come risorse commerciali.
E poi i cavalli, c'è poco da scherzare, quando ti imbatti in persone che allevano animali non destinati per forza di cose alla macellazione, ma vocati ad avere un ruolo nella sfera relazionale degli esseri umani, a diventarne compagni e amici, allora ecco che vai oltre la passione per la terra, la natura, l'agricoltura genuina e l'allevamento rispettoso, sfoci direttamente nell'amore per lo stare al mondo, da condividere nel dare ospitalità e cibo a chi arriva come i viandanti nei secoli passati.
Questa l'aria che si respira, nonostante il buio, nonostante Agri della Fonte, passate le 20.30, non possa rivelarsi in tutta la sua potenzialità di luogo umano per eccellenza, dove ogni foglia e ogni zolla sanno dirti che cosa sei veramente su questo pianeta, eppure l'eco di questo potenziale si sente anche se l'ora tarda ti fa rimpiangere di non esserci capitato altrettanto per caso a maggio o a giugno, cosa che immediatamente ti riprometti di far capitare, sempre per caso, l'anno successivo.
Se dicessi che Alessandra, o la sorella, o tutto il personale sono cordiali non renderei giustizia.
Qui si tratta di un prendersi cura, della sensazione di essere accolto a casa, non perché il locale scimmiotti le quattro mura di una dimora, anzi, la sala è grande e adatta a banchetti, ma perché ogni gesto, sguardo, attenzione da parte loro è colma di accoglienza, quella di cui sono capaci i sinceri, gli schietti, i calorosi.
E tutto questo, senza fronzoli, ti arriva soprattutto dai piatti.
Provincia di Bergamo, Brescia e Cremona qui si annodano, e si sa che una buona cosa, quando è condivisa, si moltiplica.
I salumi sono declinati secondo le migliori usanze - neanche tradizioni, perché a volte la tradizione è troppo bacchettona e lontana dalla realtà - nei quattro formati più consueti, prosciutto, pancetta, salame e coppa.
L'influenza orientale - nel senso che a oriente da qui siamo nel bresciano - zampilla dalla ciotola con la giardiniera, non di quelle leccate di agrodolce ma con una sferzata addirittura minerale data dal tocco di tonno che si abbraccia al cavolfiore.
Non si sottolinea mai abbastanza il ruolo, anzi, il peso degli spinaci nella cucina di queste zone: li si ritrova nel ripieno di magro dei ravioli, nella farcia degli arrosti, negli intingoli arrangiati per la polenta domenicale, e in varie declinazioni di sformati, tortini, flan, versione nella quale ci arrivano a tavola, naturalmente sposati al formaggio, giusto per andare a colpo sicuro.
Questo invece è, secondo il mio modesto parere, il piatto dell'occasione.
Non so se sia il più buono della serata, perché anche le tagliatelle e il secondo hanno toccato vertici alti, ma senza dubbio è il più significativo.
Te lo porta appellandolo verza ripiena, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
In realtà, la ricetta è storica ed è più nota come capù, soprattutto nella bergamasca, laddove viene - o veniva? - realizzata con un ripieno di carne, mentre qui abbiamo senza dubbio una versione originaria, povera in senso storico, di una storia nella quale la carne magari la si produceva ma non la si poteva mangiare sempre perché era troppo costosa, e così la farcia è di pane e formaggio.
Ma ogni rondella fa veramente da varco spazio-temporale, per risentirsi decenni addietro al riparo di un cascinale, quando si è sbattuta la porta in faccia al buio e a tutte le paure che poteva contenere.
Arrivano i primi da un ventaglio di scelte che ha per fattore comune l'attinenza al territorio, come ti aspetteresti in un posto simile.
Il risotto ha il pregio di essere vivacizzato dalle erbe aromatiche della stessa azienda, pur restando un piatto estemporaneo, ma sono soprattutto le tagliatelle con il ragù d'anatra a darti la conferma che, nonostante tutte le bellissime ed estreme esperienze d'avanguardia nelle quali potrai imbatterti, è qui che ritroverai i tuoi punti di riferimento per giudicare se un piatto è o non è buono, dopodiché lo farai fuori forchettata dopo forchettata come quando tornavi affamato da una partita di calcio tra ragazzini.
Tra un piatto da ritirare e uno da appoggiare a tavola, a poco a poco dalla voce di Alessandra viene fuori la storia di questo posto, che inizialmente vedeva il ristorante affidato in gestione, finché i proprietari non si sono decisi a proporsi a tutto campo, con grandi soddisfazioni, offrendo piatti basati su prodotti interamente autoctoni, e come in un passato neanche lontanissimo, quello che Agri della Fonte non riesce a produrre se lo procura dalle centinaia di realtà agricole circostanti che stanno ridando senso al risiedere in questa terra.
Arrosto di maiale, polenta, di che cos'altro hai bisogno per apprezzare il cibo, quando la polenta è soda come si usa da queste parti e il maiale ha quella gentile cedevolezza delle cotture attente, fatte da chi sa stare davanti a un fornello?
I piatti più riusciti sono quelli che, una volta assaporati, cancellano del tutto il concetto di prezzo, e lasciano spazio esclusivamente al valore, e questo maiale con polenta è uno di quei piatti.
Dopo ciò che ti arriva dall'antipasto al secondo, dai giustamente per scontato che tutti i dolci siano completamente casalinghi, e la conferma nel vederli è persino superflua.
Torte che spaziano dalle mele alla ricotta o al cioccolato, la crostata e addirittura la panna cotta, per assicurarsi di aver detto qualcosa a tutte, ma proprio tutte, le papille gustative di chi è a tavola, con una generosità altrettanto dolce e appagante.
Conti leggeri entro i 30 € a persona a cena, piatto più piatto meno, compresi vini semplici dell'Oltrepò, Agri della Fonte in realtà è una soluzione benedetta per chi avesse la fortuna di essere in pausa a pranzo da quelle parti con menù pensati apposta.
Magari in una giornata in cui la luce saprà completare tutta questa bellezza che comunque il buio non è riuscito ad attenuare.
Agri-Ippoturismo Agri della Fonte
Pagina Facebook
Cascina Lanzanova
Via Fontanella
24050 Pumenengo (BG)
tel. Alessandra 3394521367
Giulio 3395474645
Chiuso Lun/Mar sera
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Da come descrivi la tua esperienza, come si fa a non fermarsi se si dovesse "capitare" da quelle parti?? SLURP!!
RispondiEliminaBeato te!
E la facciamo capitare ancora, Donna Elena, appena ti decidi!
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