domenica 24 giugno 2012

Panem nostrum cotidianum


Come una buona casa ha bisogno di fondamenta solide, a tavola tutto parte dalla base, e la base - anche per gli originali - è e resta il pane.

Si fa presto a dire pane, ché ce n'è - per fortuna - centinaia di tipi diversi, sui quali è già stato detto e scritto tutto il dici-scrivibile per cui non mi aggiungo al coro.

Se ognuno, a seconda della latitudine, può vantarsi di appartenere al popolo creatore del miglior pane esistente, bisogna aggiungere che non tutti i pani del mondo sono uguali, cambiando le coordinate.

Mentre la rosetta lombarda - tanto per dirne una - resiste a fabbricazioni ben lontane dal nord, il pane del sud, la pagnotta, il "palatone", quello con la crosta grossa e croccante e i buchi larghi da infilarci un dito lo si trova buono solo entro il confine borbonico che vide l'incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II.

Qui in provincia di Bergamo qualcuno vanta di vendere pane arrivato direttamente dalla Campania, ma io l'ho provato e non nego che forse all'origine fosse buono, ma evidentemente il trasporto lo danneggia più di quanto immaginassero gli spacciatori.

Il pane delle panetterie - quello dei supermercati non lo calcolo neanche - è come certe farfalle, dura qualche ora, illudendoti di essere fragrante e friabile, per poi rivelarsi quasi sempre un cracker geneticamente modificato.

Conclusione?

Mi sono dovuto arrangiare, ma con grande gioia ho trovato la ricetta giusta e ho imparato a farmi il pane che piace a me, a tutti gli esseri umani meridionali, e anche a quelli settentrionali che hanno avuto la buona ventura di assaggiarlo.

Poiché farlo è di una semplicità allucinante, ancora mi chiedo come mai le persone vadano a comprarlo, pagando 3 € al kg per quella roba insulsa.

Il video linkato che trovi su YouTube - per la cui esistenza io ringrazierò sempre il padre nostro - ovviamente è molto più utile delle mie righe, comunque ripeto anche in forma scritta la procedura, con qualche lieve modifica.


  • 500 g. farina (nessuno rompa le scatole con il tipo di farina: oggi va di moda questa iper-attenzione all'ingrediente, pregiato e introvabile; io l'ho fatto con qualsiasi farina, con la semola e - udite udite - con una miscela contenente mais, e viene sempre ugualmente meraviglioso; quindi, da una parte usiamo la ricetta giusta, dall'altra non ci dimentichiamo che sempre pane è, mica tartufo)
  • 350 ml. di acqua "molto" tiepida
  • 2 cucchiaini di sale fino
  • dai 10 ai 15 g. di lievito di birra (i soci dei rompiscatole delle farine, che amano il lievito madre, vadano a cercare qualche fanatica/o di questa nuova forma di tamagochi; persino il neo-re della pizza e degli impasti, Gabriele Bonci, a Culinaria 2012 ha sfatato il mito del lievito antico)


Metti il lievito a bagno nell'acqua, e intanto miscela il sale con la farina.

Sciogli il lievito schiacciandolo bene con le dita, versa l'acqua e impasta rapidamente, lasciando la massa grossolana, senza arrivare a un impasto liscio, ma conservandolo granuloso.

Ricopri ermeticamente (io uso la pellicola trasparente e ci piazzo sopra un pesante coperchio di vetro) e lascia fare la prima lievitazione dalle 5 alle 25 ore (non sto scherzando).

Versa l'impasto - che sarà lievitato da paura, fino a sbordare - su una tavola infarinata, con le mani dagli una forma quadrangolare, poi ripiega gli angoli al centro e capovolgi la massa formando un panetto tondeggiante, che infarinerai e coprirai con un canovaccio, per altre 2 o 3 ore di lievitazione (te ne accorgerai, perché gonfierà a dismisura).

Mezz'ora prima dello scadere della seconda lievitazione, accendi il forno al massimo - questa indicazione vale sempre, sia che il tuo forno arrivi a 200 sia che arrivi a 270 - e infilaci dentro una pentola d'acciaio con coperchio, anche se ha i manici di plastica, ti basterà rivestirli di carta d'alluminio.

Passata la mezz'ora, metti il panetto nella pentola e inforna alla stessa temperatura, mezz'ora coperto e mezz'ora - anche meno, guarda la superficie e quando è caramellata spegni pure - scoperto.

Togli il pane dalla pentola ma lascialo raffreddare un po' in forno, appoggiato a una gratella.

Quando lo taglierai, assisterai al miracolo dell'alveolatura magica.

Si può tranquillamente congelare e poi riprendere con il microonde, per un paio di minuti a 160 watt (defrost).

P.S. La traduzione della CEI del Padre Nostro dalla Vulgata ha trasformato il pane soprasostanziale - quindi un pane metaforico, spirituale - nel pane quotidiano, a dimostrazione della vocazione materialista della Chiesa Cattolica.

E che ce vuo' fa'.

2 commenti:

  1. Interessante ricetta!! Non ho capito bene il commento alla Chiesa cattolica...come se il pane soprasostanziale, a cui comunque si riferisce il Padre Nostro, non possa essere quotidiano!

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  2. Lei può dargli il significato che preferisce, mentre la CEI ha intenzionalmente sostituito una parola con un'altra che si riferisce esclusivamente al pane da mangiare. Comunque sia, buon pane a lei e a tutti coloro che lo assaggeranno!

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