giovedì 29 dicembre 2016

Noter de Berghem: codeghì co' i verz


Il cotechino, la verza, e la farina di mais.

Con questi soli tre ingredienti, la schiettezza della cucina bergamasca riluce in pieno, soprattutto all'inizio dell'inverno.

Il cotechino è un protagonista eroico della cucina orobica, perché con la sua finta povertà condensa l'inventiva e la necessità che nei secoli passati hanno portato alla sua creazione.

Carne, pochissima, tutta andata ovviamente nei tagli più importanti, e il resto a costituire macinato e pasta per salami.

Grasso, anch'esso meno di quanto si creda, perché oltre ai salami, sono soprattutto lardo e pancetta a richiederne.

Che cos'altro metterci dentro, se non le cotenne, che sale e spezie trasformeranno in una sorta di magia, se solo si avrà la pazienza di compiere l'incantesimo della lunga cottura?

L'importanza del maiale, la ritualità con la quale l'allevamento e la macellazione di questo animale avvenivano e tuttora avvengono, sebbene sempre più di rado e di nascosto, sono un marchio importante di questa terra.

Basti pensare che nel medioevo chi sapeva macellare e cucinare il porco poteva addirittura essere insignito di titoli, e che uno dei maggiori segni di sfregio che un conquistatore poteva infliggere al suo rivale era dar fuoco al suo allevamento di suini, cosa che impressionava molto i sudditi che passavano da un vassallo all'altro.

Oggi, dopo un cinquantennio di cotechini precotti c'è proprio bisogno di venire quassù in Pianura Padana per capire che cos'è realmente un codeghì e quanto può essere buono, e in ogni paesino troverete il giusto maceler che li insacca uno a uno, e la giusta sciura che vi consiglierà di buttare via la prima acqua di lessatura, perché l'è trop grasa.

Il suo sposarsi con le verze e la polenta ha ovviamente una stretta parentela con la storia della cassoeula, piatto storico del milanese, che erroneamente i bergamaschi credono di fare più povera dei meneghini, pur utilizzando cotechini e costine, quando invece all'ombra della Madunina si ricorre a piedi, muso e orecchie.

Nei gelidi inverni, l'unico ortaggio capace di resistere si accoppia al caldo conforto della polenta, mentre i grassi delle carni di maiale vanno a corroborare l'organismo di chi abitualmente si spacca la schiena tra campi e cascine.

Allora, questa versione con il solo cudeghì addirittura rimestato con la polenta e le verze, così tanto per non far capire le quantità, testimonia un'origine ancor più povera e un ingegno nello sfruttare il poco a disposizione, per ricavarne un piatto energico e saporito.

mercoledì 28 dicembre 2016

Anche a Bergamo è Bella Napoli


Dev'essere abbastanza curioso per il turista che in questi giorni passeggia per Bergamo addentrarsi nel centro storico, cominciando da piazza Pontida e risalendo via Sant'Alessandro per puntare alle strade verso Città Alta e imbattersi all'improvviso in un angolo di Napoli, al civico 28a, dove da pochissimo ha aperto Bella Napoli, pizzeria e ristorante.

Va infatti sottolineato che in questi giorni di festa le nostre città d'arte - e Bergamo col suo centro antico lo è a pieno titolo - sono zeppe di turisti, ed è ovvio che i ristoratori cerchino di accogliere con prontezza le frotte di gente a passeggio, allettandoli con le più disparate offerte.

La curiosità principale che mi riferiscono Mario Viscardi, Enzo Di Tavi ed Emilio Preda - che hanno dato vita al Bella Napoli - è il fatto che in questi primissimi giorni sono proprio i turisti stranieri a sedersi volentieri ai loro tavoli, e ben si capisce, perché se è vero che una delle principali "calamite" italiane è la cucina, è altrettanto vero che nel panorama nostrano quella napoletana ha qualche freccia in più al suo arco, vuoi perché basata su ingredienti che fanno centro, vuoi perché confortevole e tendente all'abbondanza, vuoi soprattutto perché ci si può giocare la carta della pizza che per un avventore a passeggio vuol dire un piatto veloce ma nello stesso tempo sostanzioso, facile da mangiare ma nello stesso tempo appagante nel sapore.

Bella Napoli non è un tentativo di clonazione bergamasca di un locale napoletano, ma un vero e proprio avamposto partenopeo in terra orobica, perché l'intero staff viene dal Vesuvio, dal quale ha portato il concept e la sapienza artigiana, l'inventiva e la capacità di adattamento.

Forti di altre esperienze e start up felici, i ragazzi del Bella Napoli sono pronti a rappresentare in piena Bergamo un rifugio ameno per i napoletani emigrati come il sottoscritto, ma soprattutto sapranno accogliere - nella sala graziosa e accogliente di cui si prende cura Mariano Messina - i tanti bergamaschi ormai infatuati dai sapori campani - orchestrati con sapienza da chef Ciro De Martino - dalla freschezza di mozzarelle e ortaggi, dalla succulenza di ragù e parmigiane di melanzane, dalla brezza marina dei frutti di mare che si sposano ai legumi, e soprattutto da una pizza egregiamente eseguita, grazie alla forte scuola di provenienza del pizzaiolo Foyzz, che dal Bangladesh è venuto a rimboccarsi le maniche, imparando a dar forma a un impasto magistrale.

sabato 29 ottobre 2016

Alla trattoria Falconi si sta dalla parte degli angeli



Nel 2012, Ken Loach ha fatto sapere al mondo che più o meno ogni dieci anni, dal 18 al 25 % del whisky scozzese messo a invecchiare riesce a sfuggire tra le doghe per raggiungere i cieli dove ad attenderlo ci sono schiere di angeli, evidentemente beati non per grazia divina ma per gradazione profana.

Stiamo parlando quindi di circa 20 milioni di galloni annui, e dà veramente le vertigini immaginare l'equivalente di centinaia di migliaia di bottiglie di scotch whisky aleggiare beato tra i beati sulle nostre teste di peccatori terreni.

Lo stesso si potrebbe fantasticare che accada nelle sfere sovrastanti le grandi distillerie di grappa italiana, cosicché anche gli abitanti dello Stivale possano vantarsi di contribuire all'allegria delle creature alate.

La citazione l'ha fatta Claudio Riva, del Whisky Club Italia, l'altra sera a Ponteranica, alla trattoria Falconi - sede dell'Associazione Degustatori Italiani di Distillati e grappe - dove Marco e famiglia hanno ospitato una sfida dal sapore mitico tra il distillato angelico d'oltre Manica e le grappe del Nord italico, tutto all'insegna del torbato.

martedì 25 ottobre 2016

Sant'Orsola a Ciserano: l'identità napoletana dei fratelli Moccia


Per un napoletano al nord, trovare un po' di Vesuvio ai piedi delle Orobie risveglia una gioia dal sapore primordiale.

Non si tratta di facile sentimentalismo, ma di un sentimento vero di riconoscenza, non solo nel senso del ringraziare chi è capace di portarmi un pezzetto di Napoli quassù, ma anche di riconoscere l'autenticità della cucina e di chi la fa.

Trapianto riuscitissimo, quello dei fratelli Francesco e Marco Moccia a Ciserano, con il loro Sant'Orsola Pizzeria & Trattoria, che non si limita a ricreare atmosfere partenopee ma costituisce una vera e propria trattoria e pizzeria di origine più che controllata, con la semplice differenza di collocarsi nella bassa bergamasca invece che a Napoli e dintorni.

Perché alla base di questo progetto non c'è la semplice idea imprenditoriale di proporre una cucina targettizzata che va a incontrare il vasto pubblico di emigranti napoletani in Lombardia, nonché di appassionati di quei sapori.

Infatti, quasi tutti i locali che vantano di riprodurre i piatti e i gusti partenopei sono poi nei fatti ben lontani dal raggiungere a volte la benché minima somiglianza nei risultati, e finisci per trovarci sempre la nota stonata, l'adattamento, il deficit che viene sempre giustificato con gli 800 km di distanza a impedire di replicare in toto l'identità  culinaria napoletana.

Qui a Ciserano, invece, siamo davanti a una vera e propria garanzia sull'identità, perché Francesco e Marco Moccia hanno le mani in pasta e i piedi in cucina da tre generazioni, e il locale di famiglia a Napoli viaggia ancora a pieno ritmo ai Colli Aminei.

Ben consapevoli del peso ma anche della forza della tradizione che portano sulle spalle, Francesco in sala, Marco al bancone e al forno, e tutto lo staff importato direttamente dal golfo della sirena Partenope danno vita non solo a una trattoria e pizzeria dall'inconfondibile profilo napoletano - nei sapori, nel menù e soprattutto nella cordialità e nel calore che in sala Mariano e gli altri sapranno regalarvi - ma a un luogo che per un napoletano sa di nostalgia buona, che rimette in contatto con l'anima profonda di un popolo sicuramente ancora martoriato ma che continua a costituire un unicum in fatto di esaltazione della gioia di vivere.

Gioia che suscita risate scaramantiche fin dai tavoli, i cui numeri sono associati ai significati della smorfia napoletana che campeggia sulla parete, assieme alla foto del nonno paterno e di quello materno, che diedero l'imprinting a una famiglia di ristoratori di cui i due fratelli sono fertile progenie.

Col piacere floreale procurato dall'accompagnamento del Coda di Volpe Janare de La Guardiense, Francesco e Marco fanno partire il fuoco di fila delle loro gustose attenzioni.

martedì 18 ottobre 2016

Da Falconi, la disfida dei distillati


Si preannuncia un periodo di sfide all'ultima goccia, alla trattoria Falconi di Ponteranica.

L'ADID - l'associazione dei degustatori di grappe e distillati, che in provincia di Bergamo ha sede proprio nella storica trattoria - ha deciso infatti di cimentarsi in una serie di goderecci "duelli" con i rappresentanti dei distillati di tutto il mondo, non certo allo scopo di decretare il bicchierino più veloce, bensì di tessere un dialogo tra gusti e culture apparentemente lontane ma pronte a mostrare inaspettati ponti di collegamento.

Tra i pittoreschi tavoli del locale di Marco Falconi e famiglia, infatti, l'ADID dà appuntamento per l'ultimo mercoledì di ogni mese ai primi 30 iscritti all'iniziativa per assaggiare le due grappe italiane e i due distillati di altri paesi che di volta in volta saranno selezionati dai delegati delle associazioni nate attorno al culto dei distillati.

mercoledì 12 ottobre 2016

Al Carroponte, l'accoglienza è da Oscar


Ha da poco festeggiato i due anni di attività, con il successo che merita chi lavora con competenza.

Oscar Mazzoleni, anche nell’orario più spento come le tre del pomeriggio, è impeccabile nell’aspetto e ancor di più nella determinazione, e mi accoglie per una piacevole chiacchierata – e un fantastico Krug GrandCuvée – mettendosi a mia completa disposizione, mentre gli chiedo di raccontarmi che cosa è successo in questi ventiquattro mesi di Carroponte, lo splendido progetto di enobistrò che ha preso vita a Bergamo, negli spazi della vecchia Ciceri, grazie al coraggio e all’entusiasmo del giovane sommelier, e del fondamentale supporto di Silvia Mazzoni sempre al suo fianco.

Idea ambiziosa, quella di Oscar, nel rendere al massimo grado accessibile l’eleganza enogastronomica, un apparente ossimoro che in realtà si realizza dando la priorità all’accoglienza e alla cordialità, considerando prioritario il benessere di chi varca la soglia del Carroponte.

mercoledì 24 agosto 2016

Peccati carnali: le quattro dita di Marco Falconi


Scherza e si compiace con ragione, Marco Falconi, quando dice che per fare bene il selfie della costata c'è bisogno che io inquadri il lato dal quale ha appoggiato le sue quattro dita, a mo' di unità di misura per la vertiginosa altezza del pezzo di carne pronto per il camino.

Prima di portarlo via, conclude il racconto della procedura di cottura spiegando l'importanza dei minuti in verticale, appoggiando la costata in piedi sul tagliere, dopodiché questa meraviglia di carne sarà pulita e tagliata direttamente al tavolo, con l'aggiunta di una piastra affinché ogni commensale completi la cottura a piacere.

Dal 1963 qui a Ponteranica si celebra il matrimonio tra la tradizione gastronomica toscana e quella bergamasca, in una trattoria che ha il suo massimo pregio nell'aver preservato lo spirito da trattoria con il valore aggiunto dell'assoluta eccellenza delle materie prime.

Alla Trattoria Falconi quindi si mangia ancora e con gran piacere sulle tovaglie a quadri, ma soprattutto si gode di salumi, formaggi, vini, ricette e in particolare carni di limpida qualità.

domenica 31 luglio 2016

Pizzeria Sant'Orsola: Marco Moccia sbanca Bergamo


Neanche trent'anni sulle spalle, un viso fresco e volitivo e l'energia giusta per un progetto che è già piena realtà: far conoscere e apprezzare in maniera definitiva la vera pizza napoletana a Bergamo.

Questo, e tanto altro, è Marco Moccia che ogni giorno, senza interruzioni, è al banco della pizzeria Sant'Orsola in pieno centro a Bergamo, e la sua presenza si fa sentire, con il locale che straborda di gente e un successo tra social e rete, interamente basato sul passaparola, che - come afferma lui stesso, così giovane ma anche così forte in esperienza e convinzione - resta sempre il miglior sistema di marketing.

Non è nuovo di queste parti, Marco, anche se lui rappresenta la terza generazione di una famiglia che ha visto il suo esordio nella ristorazione e nel mondo della pizza a Napoli, per poi intraprendere cammini anche lunghi e tortuosi.

Ma qui nel profondo nord e nella città orobica Marco si era già fatto conoscere come pizzaiolo di richiamo lavorando presso alcune pizzerie gettonate che in alcuni casi hanno anche accusato il colpo della sua assenza, quando da semplice pizzaiolo Marco ha fatto il salto verso l'imprenditoria in prima persona.

Oggi la pizzeria Sant'Orsola di Bergamo è indiscutibilmente riconosciuta come l'unica vera pizzeria in grado di fare due cose importantissime: innanzitutto realizzare una pizza che si può finalmente definire napoletana senza se e senza ma, anche se a ottocento chilometri dal Vesuvio, e soprattutto far sentire veramente a casa un napoletano come me o come i tanti che vivono nella provincia lombarda.

Se poi consideriamo che suo fratello è al timone della pizzeria gemella di Ciserano, e che la bravura e la sapienza artigianale di Marco non solo gli fanno guadagnare apprezzamenti ma anche molte proposte di nuove aperture, possiamo comprendere come questo ragazzo - che sta letteralmente sbancando Bergamo - il suo successo se lo meriti tutto, e chiunque vada oltre il semplice assaggiare la pizza e si fermi a farci quattro chiacchiere potrà capire perché.

Il segreto di Marco è un po' un segreto di Pulcinella, giusto per restare in tema, un evergreen del riuscire nella vita, e si chiama umiltà, senso del lavoro e del sacrificio, consapevolezza nel dare priorità a ciò che veramente conta, ovvero il cliente, e lasciare invidia e montature di testa agli altri.

martedì 5 luglio 2016

Al Monte Cura con Andi Fausto, il signore del tempo


È piuttosto strano per un produttore di vino cominciare a presentare i suoi vini parlandone male.

Andi Fausto sceglie di cominciare il racconto della sua esperienza di vignaiolo da questa considerazione che, proprio per il suo carattere insolito e disorientante, sintetizza in realtà lo spessore della persona, l’atteggiamento del professionista, la visione esistenziale dell’uomo Andi Fausto.

Per chi ha potuto, il 29 giugno scorso, udire le sue parole all’Agriturismo Monte Cura di Cristiano Cumini, l’esordio del suo discorso dev’essere stato spiazzante quanto salutare, di quelli che radono al suolo i preconcetti con i quali spesso inquiniamo l’ascolto degli altri, per lasciare un campo libero nel quale le parole di Fausto – portato lì ad Albino da Alfredo Leoni della Top-Wine – hanno potuto radicarsi e sviluppare con la giusta armonia.

domenica 3 luglio 2016

Peccati carnali: ai Tre Noci, da Camillo


Tra un paio d’anni, a Spirano si festeggerà un anniversario importante: mezzo secolo di carne al fuoco e ristorazione tradizionale bergamasca per il ristorante Tre Noci, fondato da Camillo Cristini nel 1968.

E in un’epoca di grandi cambiamenti che spesso comportano la scomparsa di usi, tradizioni, gusti, per far posto alla caccia alla tendenza, al buon mercato un po’ troppo buono per essere di qualità, o per converso allo scimmiottare l’alta ristorazione ricorrendo solo all’estetica dell’impiattamento, il Tre Noci di Spirano, le figlie di Camillo, e il nipote che si propone come traghettatore verso il futuro, rappresentano al meglio un modo di fare ristorazione saldamente radicato nel territorio e vocato del tutto alla qualità e alla tipicità.

Dalla giardiniera e i caprini, alle paste ripiene tradizionali, fino alla carne alla brace di cui il Tre Noci è considerato un vero e proprio tempio, il tutto proposto ed eseguito a partire da materie prime egregie approntate con garbo, pulizia e padronanza, la capacità di questa famiglia di ristoratori nel tenere fede alla propria attitudine territoriale, senza tentare inutili stravolgimenti per inseguire chissà quale pubblico, oggi li ripaga facendoli riconoscere non solo come ristorante rappresentativo di una cultura, ma persino come modello imprenditoriale capace di creare un rapporto di fiducia e continuità con la clientela.

lunedì 13 giugno 2016

Al Monte Cura arriva Andi Fausto


Se non sei solo un gourmand a caccia di abbuffate, se non sei solo un bevitore della domenica che si atteggia a improvvisato degustatore, se il tuo interesse per il cibo e il vino non è solo bisogno di apparire e dire io c’ero, se credi che stare attenti a ciò che mandiamo nello stomaco sia prima di tutto un atto di responsabilità verso noi stessi, verso gli altri e verso la Terra che abitiamo, tieni libera la data del 29 giugno nella tua fittissima agenda.

All’agriturismo Monte Cura di Albino, quella sera, arriveranno i vini di Andi Fausto accompagnati di persona dal loro geniale creatore.

E come faccio io adesso a dirti in poche righe chi è Andi Fausto?

Non basta rinchiuderlo nel novero del biodinamico, poiché persino davanti ai rigidi procedimenti steineriani Fausto non si ferma, se crede che la sua idea possa portare un miglioramento verso quei concetti di equilibrio e di impatto zero che lo animano da sempre.

Non basta raccontare come da serio studioso abbia ricostruito un metodo di spumantizzazione risalente al XIII secolo ricavando uno stupefacente Pinot rosée che fa mangiare polvere a tante etichette blasonate.

Non basta riportare la sua intenzione di estirpare tutto il pinot dal suo pezzetto a Montù Beccaria in quanto vitigno non autoctono e quindi non in armonia con l’andamento naturale.

Non basta elencare le sue collaborazioni con gli accademici, non ultima il recupero di uno dei più antichi vitigni a bacca bianca del vecchio continente, a lui affidato per riprendere vita e diffusione.

Non basta nemmeno sottolineare il suo impegno quotidiano con i ragazzi svantaggiati ai quali affida la decorazione a mano delle bottiglie, una a una, per non parlare del laboratorio permanente Fuori dalla Mischia, gestito da sua moglie, un modo diverso di fare buone pratiche di comunità sociale, nella convinzione che il rapporto tra l’uomo e i prodotti della terra si basa sulla cura e non sul profitto, perché il vero scopo non è arricchirsi con la terra ma arricchirla.

Da questo sincero interesse per chi come Fausto fa sul serio e non cerca solo effimeri riflettori, l’idea ha visto la luce grazie alla Top-Wine di Alfredo Leoni e all’agriturismo Monte Cura di Cristiano Cumini, per diventare uno di quegli eventi che cambiano chi vi prende parte.

mercoledì 20 aprile 2016

Osteria Villa Anna: benvenuti nel sogno


Là dove la Valcalepio comincia a scivolare nel lago d’Iseo, in questo inizio di 2016 sta prendendo forma il sogno di una donna e della sua famiglia, fatto di accoglienza e gusto, di familiarità ed eleganza, di cibo vero e ospitalità calorosa.

Un sogno chiamato Osteria Villa Anna, a Gandosso, e che pare seriamente intenzionato ad allietare non solo chi questo sogno lo ha realizzato, ovvero Anna Fortini e suo marito Umberto Bortolotti, ma anche coloro che vorranno venire a condividerlo e viverlo.

lunedì 11 aprile 2016

A Montello, il maestro e margherita sono ancora insieme


Se è come dice Mogol con la voce di Battisti, che il ricordo, come sai, non consola, allora il mio rispettoso ricordo di Luigi Iorio Esposito e delle sue pizze rischia di fare la fine dello scoglio che non può arginare il mare.

Molto meglio, dunque, andare direttamente là dove quelle pizze continuano a essere sfornate, per vedere se l’eco della passione e della bravura di don Luigi ancora si sente.

Al Galletto d'Oro, pizzeria storica qui nella bergamasca, perché tra le prime e più importanti a offrire una pizza che si potesse dire napoletana, ha avuto in questi quasi trent’anni una storia non sempre a regola d’arte come le pizze che invece ha saputo far gustare agli avventori.

lunedì 21 marzo 2016

A Capriolo, l'uovo e la colomba sono veri Peccati di Gola

A Capriolo, proprio quando ti viene voglia di incamminarti nel pieno della Franciacorta, c’è un giovanissimo pasticciere che sembra messo lì per indurre in tentazione.

Nicola Cadei è giovane ma dalla solida formazione, perciò nella sua pasticceria Peccati di Gola sa coniugare le basi e la tecnica della pasticceria tradizionale italiana con uno sguardo alle tendenze contemporanee.

Non si tratta solo di misurarsi con il cake design o i macaron, né di stupire innanzitutto la vista divertendosi a riprodurre forme insolite soprattutto con le creazioni di cioccolato.

Alla raffinatezza estetica infatti si accompagnano procedure scientifiche basate su conoscenze fisico-chimiche molto avanzate, che gli permettono di ottenere risultati singolari e appaganti.

Proprio in prossimità della Pasqua il giovane pasticciere infonde ai due grandi capisaldi di questa tradizione festiva tutto il suo background e la sua creatività, creando colombe arricchite da ingredienti preziosi non solo per il gusto ma anche per la performance realizzativa, oppure forgiando uova di Pasqua che gareggiano con la scultura grazie a processi produttivi in cui arte e tecnologia si fondono in un tutt’uno virtuoso e soprattutto gustoso.

venerdì 18 marzo 2016

Ad Ambivere, quattro passi tra i Lieux-Dits

Metti insieme una serie di champagne dalla concezione rivoluzionaria, un ristorante che conserva da tempo con merito il suo posto nel firmamento dell’alta cucina bergamasca e un esperto conoscitore del mondo del vino a tirare le fila e a tessere il dialogo tra i bicchieri e i piatti.

È quello che è accaduto ad Ambivere giovedì 10 marzo, in occasione di Nel più totale degli Extra Brut, la serata dedicata da Alfredo Leoni della Top-Wine alla serie di champagne dei Lieux-Dits di Selosse, nell’elegante cornice dell’Antica Osteria dei Camelì, saldamente tenuta da Camillo Rota.

Champagne monoparcellari prodotti in quantità così esigue da far sentire chiunque li assaggi una persona molto fortunata e realizzati con uno scrupolosissimo studio del dosaggio, un processo nel quale Selosse ha le idee ben più che chiare.

Se il vino deve avere un sapore, allora lo zucchero deve fare da esaltatore e non andare a coprire e soffocare i gusti riconoscibili al palato.

Con questa posizione ferma, le pochissime bottiglie dei sei tipi di champagne – si va da circa 600 a un massimo di 2600 a seconda della tipologia – hanno un dosaggio che va da 0 a poco più di 2g/l, e così il vero extra brut è servito.

mercoledì 24 febbraio 2016

Un Angelo in trattoria, a Torre Pallavicina


Sulla riva destra dell'Oglio, là dove si incuneano terra bresciana, bergamasca e cremonese, Torre Pallavicina conserva la sua bellezza tra le doti naturali di una campagna arricchita da un corso d'acqua importante e una capacità di dialogare con il moderno e di fare proposte culturali.

Il parco dell'Oglio dà il suo contributo a sviluppare un'oasi ambientale preziosa, e un'oculata amministrazione locale sfrutta le risorse locali e lo splendido palazzo Barbò per esposizioni ed eventi di spessore.

E in un luogo che ha quindi il classico piede nella terra e il dito puntato al cielo, anche l'enogastronomia ha qualcosa da dire.

Anzi, Torre Pallavicina per quanto piccola sia offre in realtà ristorazione di ogni ordine e grado, proprio per questa sua multipla vocazione.

Ovviamente la matrice di base, quella più naturale, storica, originaria, si basa sulla campagna, sul territorio e su ciò che il fiume può offrire.

Dai salumi della bassa padana - affatto diversi da tutti gli altri - alle paste ripiene diffuse a macchia nelle province lombarde, dai piatti di carne a lunga cottura ai pesci d'acqua dolce, le opzioni raccontano il legame con il territorio e una dimensione di vita ancora strettamente commisurata ai cicli naturali e alle circostanze ambientali.

L'espressione forse più tipica di questa cucina e di questo rapporto con il cibo a Torre Pallavicina è la Trattoria dell'Angelo, significativamente piazzata lungo il naviglio, dove la via che lo sormonta e il portico che vi accoglie - e che finché il sole è tiepido vi può regalare ore liete - diventano tutt'uno.

venerdì 12 febbraio 2016

I Lieux-Dits di Selosse all'Antica Osteria dei Camelì

Allo scoccare del terzo millennio, Anselme Selosse cominciò a covare un'idea di quelle destinate a lasciare un segno incancellabile, acquisendo e isolando alcuni vigneti e parcelle con i quali tentare un'impresa che di solito si contemplava solo per il vino tout-court: fare degli champagne capaci di esprimere al massimo grado le caratteristiche del territorio.

La sua estrema attenzione alla vigna - quasi un suo marchio di fabbrica - che gli fece dire allegoricamente di sentirsi come un ostetrico che si limita a creare le migliori condizioni di nascita per i suoi champagne, andò così a coniugarsi in tutta felicità con le peculiarità di ognuno dei sei vigneti in questione, che diedero vita, a partire dal 2010, alla collezione dei Lieux-Dits.

Per chi già normalmente apprezza Selosse e le sue bollicine - prestigiose al pari dei giganti chiamati Krug o Dom Pérignon pur con il notevole divario nelle dimensioni aziendali - l'occasione che si presenta il 10 marzo è di quelle difficili da lasciar correre a cuor leggero.